mercoledì , Ottobre 9 2024

Q – ENNA: IL SINDACO USA E GETTA

Enna. Prima di cominciare a scrivere, visto che mi rivolgo bene o male a quelli del PD, è meglio chiarire che scrivo, anche se inspiegabilmente, a favore dell’attuale sindaco e non contro. Inspiegabilmente, perché il buon Rino non ha fatto nulla, finora, per difendersi o per rendersi protagonista di questa stagione agonistica durata cinque anni.

Perché ce l’hanno tanto con lui? Intanto perché era stato scelto proprio per gestire una stagione di interregno (che non è evidentemente il regno dell’Inter a cui mi dicono sia così affezionato). Si era all’indomani del gesto di “grandeur” di Rino Ardica e alla vigilia di un inevitabile dissesto e conseguente tracollo economico del Comune. Allora non c’erano ancora le primarie e gli altri possibili candidati furono ben lieti di farsi da parte. Lo stesso Centro-destra presentò una candidatura senza troppa convinzione e una squadra senza pretese. L’accoppiata DS-Margherita si presentò proprio con Agnello sindaco e per vicesindaco l’avv. Mastroianni, che era l’uomo emergente in quel momento perché in odore di essere una specie di catto-comunista (il futuro che avanza).

I primi anni della giunta Agnello sono state un calvario: l’assessore Girasole ha lottato come un leone per venire fuori dal dissesto; l’assessore Colaleo non è stato da meno per portare avanti un minimo di manutenzione “in economia” nel senso stretto del termine; l’assessore Di Gangi e soprattutto la sua collega Tirrito dichiaravano e presenziavano a tutto spiano non potendo fare altro (oltre l’ordinario) col poco che rimaneva in cassa; gli assessori all’urbanistica, prima l’esperto Garofalo e poi il neofita Dello Spedale presentavano piani regolatori a tutto spiano. Barbarino latitava senza palestre e piscine e senza campetti. Fumo e caffè quanto ce n’è; e se fumo non c’è, avanti a caffè. In sostanza una giunta di transizione che si arrabattava con quel che c’era, cantando la litania del borsellino vuoto. Una giunta che è sopravvissuta all’indigenza con dignità per oltre due anni con quel che passava il convento e che ha dovuto subire pure le ingenerose prese in giro della gente e della stampa di colore.

Quando, infine, le cose sembravano essersi rimesse al meglio, ecco l’aut-aut, il diktat: o ti dai una mossa o sei fuori pure tu. E il buon Agnello, dopo qualche dichiarazione di circostanza, abdicò completamente al partito, nel frattempo divenuto PD, azzerò la giunta (e la azzerò davvero non come avrebbe fatto di lì a poco il suo collega della provincia), mandò a casa i malcapitati della prima ora e si fece cucire addosso una giunta nuova di zecca, almeno rispetto alle ultime tre o quattro legislature. Della squadra attuale sapete praticamente tutto perché è cronaca quotidiana del loro fare e in qualche caso strafare, entusiasti della improvvisa ricchezza trovata sotto il mattone. In tutto questo fervore d’attivismo da fine legislatura tutto feste e generosità natalizia, Agnello è stato in ombra come è suo costume e sua indole, ha dato l’impressione anche questa volta di lasciar fare al partito ed ai suoi rappresentanti in giunta.

E allora? Allora Agnello è stato spremuto ed è pronto per essere gettato via. Ci sono le primarie che incombono, ci sono le correnti che vogliono mostrare i muscoli, c’è bisogno di democrazia interna, c’è bisogno di un uomo nuovo, quasi nuovo, appena usato, ma scattante e veloce non un diesel par suo. L’elenco dei potenziali successori è lungo e lo apprendiamo dalla stampa locale, più o meno on line, per evitare che qualcuno se la prenda con noi: Mario Alloro, Lorenzo Colaleo, Angelo Girasole, Salvatore Sanfilippo, Roberto Pregadio, Tonino Palma, Mario Sgrò, Paolo Gargaglione e Giuseppe La Porta, ma non è detto che siano solo loro o che siano proprio loro. Agnello in quest’elenco non c’è e lo ha detto a chiare lettere (per una volta), assieme all’on.le Galvagno che sembra essere il suo unico sponsor politico.

Qualcuno in sede PD, per scoraggiare questa sfilza di pretendenti, evoca l’uomo nero, il babalù.
Per coerenza e giustizia, secondo me che vengo da lontano, il sindaco uscente dovrebbe avere una chance di ricandidatura, perché in fondo, almeno di fronte al suo partito, non ha demeritato e ha sempre obbedito. Tutti gli altri, più o meno sono stati suoi complici o suoi carnefici, perciò non capisco la differenza.
Alla fine, se dovessi scegliere io il candidato PD, e per fortuna non devo farlo, sceglierei Agnello o il Babalù.

Q – Giorgio L. Borghese



Q è la quindicesima lettera dell’alfabeto italiano e la diciassettesima di quello latino ed è l’unica lettera che nella nostra lingua non si può leggere da sola, se non accompagnata dalla “u”.
In questa ottica Q è una lettera “singolare”, nel senso di particolare, unica, e “plurale” nel senso che non può stare da sola.
Q è pure il titolo di un romanzo scritto da quattro autori sotto lo pseudonimo multiplo di Luther Blisset, e che si definiscono “nucleo di destabilizzatori del senso comune”.
Q è dunque “plurale” anche in un senso più ampio. Lascerà di volta in volta a voi lettori informatici il compito di completare ed interpretare, secondo la vostra libera scelta o inclinazione politica, le provocazioni che vi verranno proposte dall’autore, un ennese che da lontano ma puntualmente segue, attraverso internet, gli eventi che travagliano questa terra.

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