Un impegno pubblico – Volume I
L’agire politico è per definizione un agire a servizio della collettività. E’ difficile pensare di fare politica senza sapere che gli scopi da perseguire sono tutti riconducibili all’interesse pubblico, cioè all’interesse generale.
Ci si può occupare d’interesse pubblico anche attraverso strumenti associazionistici, animati dal senso civico prima ancora che da quello politico, ma tutto questo non costituirebbe un obbligo per il cittadino. Diventa obbligatorio perseguire l’interesse pubblico quando il cittadino veste i panni del Legislatore o dell’Amministratore o dell’Operatore della Pubblica Amministrazione. In questo caso il cittadino entra a far parte di un “patto” tra consociati e classe governante, in forza del quale i primi cedono a questi ultimi quote di libertà individuali a condizione di avere garantiti una sfera diritti e di pretenderne il rispetto da parte di tutti. Colui che decide di stare dalla parte dello Stato assume individualmente questo “patto” con i cittadini che lo hanno democraticamente eletto, nel caso di carica elettiva, o che lo mantengono nell’apparato burocratico, nel caso di dipendente della Pubblica Amministrazione.
Sul piano teorico ritroviamo le fondamenta di tale impostazione nella nascita degli Stati-Nazione e le odierne democrazie sono proprio il frutto di tali accordi che la storia ci ha consegnato non senza sacrifici umani. Tuttavia il “patto” funziona nella misura in cui viene costantemente alimentato il rapporto di fiducia sottostante.
Non tutti i “patti” sono uguali per il semplice motivo che sono diverse le società, ma anche in presenza di società appartenenti alla stessa fascia continentale (ad esempio l’Europa) cambiano le modalità di concepire la propria prestazione, soprattutto per quanto riguarda lo Stato. Ecco perché ogni Stato ha una sua Costituzione, un suo modello istituzionale ed un proprio modo di concepire il rapporto tra diritto e legge.
Ma, al di là di come viene attrezzata la forma dello Stato, il risultato non può che essere quello di partenza e cioè di perseguire, nel migliore dei modi, l’interesse pubblico. Facile a dirsi e difficile a realizzarsi, ma non per questo impossibile parlarne. La raccolta di opinioni ed articoli contenuti in questa pubblicazione mirano proprio a riflettere su come sia difficile tracciare la rotta di un impegno pubblico perfetto ma anche sulla necessità di non arrendersi alle difficoltà fisiologiche che tale impegno impone.
Un impegno pubblico – Volume II
Quest’ultimo è il testo aggiornato delle sue esperienze e riflessioni sulla realtà della politica e della sua gestione a livello locale (Enna e la sua provincia, regionale ( la Regione Sicilia ) e nazionale. Un biennio (2005/2006) passato al setaccio di una critica politica che non indulge al “partito preso” ma che si pone, come direbbe il famoso sociologo Teodoro Adorno, come “costante adeguamento del concetto (della concezione) al dato (alla realtà)”.
Può apparire, questo, un esercizio di tipo didattico e metodologico. Di fatto, ogni riflessione politica, ogni analisi fa emergere un atteggiamento che potremmo definire “istruttivo”, sia nel senso di insegnare qualcosa che di porre in essere una possibilità molto ben interpretata dal titolo del lavoro: un impegno pubblico.
L’ “impegno pubblico”, oggi, dove tutto tende a essere privatizzato, è una proiezione del soggetto che incontra la realtà, incontra gli altri e con gli altri intende responsabilmente portare avanti progetti per il bene comune.
“Un impegno pubblico” di Massimo Greco, più che un “diario di bordo” può essere, allora, considerato un “portolano”, una guida sicura per “andare in porto”, per operare, per superare gli ostacoli che l’intrapresa umana pone a l’intrapresa umana stessa.
Massimo Greco è attore politico che non nasconde la sua collocazione. Le sue affermazioni non sono, comunque, mai usate in modo strumentale, per convincere della loro validità, quanto per dare visibilità alle reali possibilità dell’azione politica contro la sua riduzione (da pubblico a privato), lo snaturamento dei suoi strumenti, con in testa la realtà dei partiti, la inadeguatezza delle sue procedure scambiate per democrazia.
Afferma. “E’ compito della politica occuparsi…attraverso azioni quotidiane pedagogiche finalizzate a valorizzare la sussidiarietà orizzontale, ad incentivare la partecipazione tra e nei corpi intermedi, abituando il cittadino fin dall’età scolare ad autogovernarsi e autocontrollarsi”.
La partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica è fondamentale per molteplici ragioni.
Innanzitutto perché alimenta l’informazione diretta costituendo regola ed elemento fondante di ogni forma di convivenza democratica.
In secondo luogo, in ragione del fatto che gli interventi previsti incidono profondamente sulla realtà sociale, oltreché ambientale, per cui solo la trasparenza e la partecipazione dei diretti interessati alla definizione delle scelte e delle priorità d’intervento può contribuire alla formazione di un clima di fiducia reciproca, trasformando gli stessi abitanti nei principali sostenitori delle azioni e delle opere progettate (il “diritto di cittadinanza”).
Un terzo aspetto è quello relativo alla manutenzione e conservazione nel tempo degli interventi e dei servizi realizzati. La progettazione partecipata degli interventi costituisce, da questo punto di vista, premessa e condizione essenziale per far sì che gli stessi abitanti, percependo le opere realizzate come effettiva espressione dei propri bisogni, si sentano in una qualche misura responsabili anche della loro gestione e salvaguardia.
Ne deriva che la partecipazione deve essere organizzata e deve garantire un colloquio duraturo nel tempo tra cittadini, amministratori, tecnici, associazioni, imprenditori e forze economiche. In linea di principio le iniziative partecipative dovranno seguire i seguenti criteri:
Definire con chiarezza gli obiettivi che si intendono perseguire e comunicarli chiaramente a tutte le persone coinvolte,
Istituire un rapporto di fiducia, rispettando gli impegni presi e dando attuazione ai progetti concordati nei tempi previsti,
Aggregare le persone sui problemi comuni più fortemente sentiti (la partecipazione difficilmente si attiva sulle esigenze dell’istituzione: la prima fase del processo partecipativo deve consistere nel far esprimere direttamente alle persone le proprie esigenze),
Partire da obiettivi concreti, commisurati alle risorse attivabili, per generare fiducia nella possibilità di cambiare,
Sostenere i gruppi e le associazioni esistenti e favorire la nascita di nuove forme di aggregazione sociale con la messa a disposizione di spazi, attrezzature, piccoli incentivi economici,
Premiare i risultati del lavoro collettivo, gratificando ed evidenziando l’importanza dell’apporto di tutti i singoli partecipanti,
Essere “presenti sul campo”, stare in costante contatto con la gente e prestare estrema attenzione alla costruzione di nuove relazioni tra le persone.
Massimo Greco non può, quindi, nel suo dire e nel suo fare politico, esimersi dall’entrare nel merito di quella che, oramai in modo diffuso, è considerata la “crisi della politica” e del “sempre più accentuato distacco tra cittadino e la politica”.
Il suo lavoro ci accompagna alla necessità, quindi, di riflettere su quelle che possiamo definire le patologie della democrazia e dei sistemi politici contemporanei.
La più evidente è quella che Luhmann ha definito “inflazione del potere”. Con questo si intende designare il fatto che le singole istanze istituzionali coinvolte nel processo di formazione della volontà politica si trovano a disporre formalmente di più chances decisionali di quanto siano in grado, di fatto, di utilizzare. In presenza di possibilità quasi illimitate di mutamento le capacità effettive di autoriforma del sistema politico appaiono in realtà sproporzionatamente irrilevanti.
L’autoreferenzialità del sistema dei partiti e la neutralizzazione del consenso sono, poi, le altre patologie che portano a una radicale dispersione della sfera pubblica fino al limite della cancellazione dell’orizzonte stesso della “città politica” come luogo delle cittadinanze.
I partiti da libere associazioni della società civile, costituite per articolare la sovranità popolare aggregando e trasmettendo la domanda politica, si sono trasformati, nei fatti, in poteri intermedi svincolati dalle cittadinanze e dominati da una logica di autoconservazione. Attraverso l’autoreferenzialità il sistema politico diventa in grado di sviluppare un potenziale di autolegittimazione che prescinde sempre più largamente dal controllo che i cittadini potrebbero esercitare se mercato e media non li espropriassero dallo spazio pubblico della comunicazione politica. Si arriva, così, alla neutralizzazione del consenso e alla manipolazione multimediale delle cittadinanze. Come afferma Danilo Zolo “nelle società complesse l’assunzione di neutralità dei terzi svolge un ruolo di legittimazione politica di carattere generale e può essere considerata un vero e proprio surrogato funzionale della legittimazione in base a un consenso effettivo”.
Massimo Greco affronta, comunque, un percorso di risignificazione della politica e delle sue istituzioni. Vale citare, per questo, la riaffermazione del “principio di sussidiarietà” per cui “le funzioni amministrative devono essere dislocate e livello di governo più prossimo agli amministrati”. Corollario di questo essenziale principio è quello di “territorialità” cioè dell’adeguatezza degli ambiti territoriali di riferimento per favorire l’efficace svolgimento delle funzioni amministrative. Ancora, il problema della rappresentatività negli organi di governo, sia di tipo quantitativo (pari opportunità) che di tipo qualitativo (allontanandosi sempre più da una concezione della politica come professione). Da ultimo, ma abbiamo già detto, l’uscita dei partiti dalla autoreferenzialità e la ricostituzione di reali processi di partecipazione dei cittadini alla gestione della cosa pubblica.
Un impegno politico, quindi, che rimetta in gioco responsabilmente i cittadini, verso la condivisione e la co-gestione di progetti politici espressione, sempre più, di una comunità di bisogni sociali, culturali, capaci di ospitare istanze personali non più in competizioni con le esigenze collettive.
Ivano Spano Università di Padova
Massimo Greco è nato nel ‘68 e vive ad Enna. Ha percorso l’ultimo decennio della propria vita dividendo le ore della giornata tra lo studio, l’impegno politico e quello professionale. Si è laureato in Scienze Politiche presso l’Università di Palermo conseguendo la laurea con 110 e lode.
Ha frequentato successivamente corsi di perfezionamento in Polizia Giudiziaria ed in Diritto Amministrativo acquisendo altresì il titolo di Giornalista Pubblicista a seguito delle periodiche e costanti pubblicazioni di articoli ed opinioni in varie testate giornalistiche. Professionalmente ha lavorato presso la Polizia di Stato per quattro anni.
Successivamente è stato assunto come Funzionario Tecnico presso la Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Enna in cui ha operato per 10 anni. Ha fatto parte dell’Ufficio di Gabinetto dell’Assessore Regionale al Lavoro e presso l’Ufficio di Gabinetto dell’Assessore Regionale alle Politiche Sociali.
Politicamente ha ricoperto la carica di Vice Presidente dell’Unione delle Province Siciliane, componente del Consiglio Regionale dei Beni Culturali, componente del nucleo di valutazione regionale dei piani di zona ex legge 328/2000, Vice Presidente della Commissione provinciale per l’emersione del lavoro irregolare, componente della Commissione provinciale di Conciliazione e Commissario dell’Azienda di Soggiorno e Turismo di Enna. E’ Consigliere Provinciale al terzo mandato, Presidente del Consiglio provinciale di Enna al IV mandato.