Nino Savarese con il “Capopopolo”, punto culminante della sua vasta produzione, ultimo della trilogia iniziata con “Rossomanno, storia di una terra” e proseguita con “I fatti di Petra, storia di una città” Savarese narra il sorgere del tumulto di Palermo del 1647 ed il suo inevitabile fallimento con la tristissima fine del battioro Giuseppe D’Alesi, dove si individua l’altro filone, quello realistico – storico – sociologico tutto intessuto di umane passioni e sorretto da un intenso moralismo di stampo quasi Manzoniano.
Per una serie di circostanze sfavorevoli non occupa nella narrativa Italiana del ‘900 il posto che gli compete, anzi la sua presenza non viene che raramente registrata dalla cultura ufficiale.
Eppure egli è uno dei più significativi autori contemporanei ed oggi in una verifica di valori può offrire pagine di freschezza tali da far maturare un giudizio critico positivo sul suo ingegno artistico e conquistargli una rinomanza più larga e precisa.
Nino Savarese. Nato ad Enna, allora Castrogiovanni, l’11 settembre 1882, Nino Savarese narratore e saggista fu influenzato da un clima culturale che mirava a rinnovare la cultura italiana, reagendo al positivismo in filosofia e al dannunzianesimo in letteratura.
Visse la sua fanciullezza tra il podere di San Benedetto e la città di Enna Tra il 1905 e il 1908 si trasferì a Palermo e scrisse il suo primo dramma in dialetto siciliano “Massaru riccu”,
Nel 1909 decise di trasferirsi a Roma assecondando la sua sete di cultura, il riacutizzarsi delle sua ambizioni di scrittore ed il bisogno sempre più pressante di vivere lontano dalla famiglia da cui non si era mai sentito compreso.
Tra il 1909 e il 1915 Savarese visse la sua prima esperienza romana, interrotta da continui ritorni ad Enna, dovuti a problemi finanziari.
Durante uno di questi viaggi incontra Maria Savoca, discendente da una delle famiglie più ricche della borghesia commerciale siciliana sua futura moglie.
Nel 1927 fonda il periodico “Lunario Siciliano” a cui collaborarono autorevoli firme dell’epoca quali Aurelio Navarria, Arcangelo Blandini, Emilio Cecchi, Telesio Interlandi.
Nonostante l’ottimo avvio la sede del periodico venne trasferita a Roma nel 1928 e vide la collaborazione dei più grandi nomi della letteratura italiana dell’epoca, quali quelli di Giuseppe Ungaretti, Vitaliano Brancati, Elio Vittorini, Silvio D’Amico.
Il suo contributo al cinema risale al 1940.
Egli intendeva realizzare un film sull’opera di frazionamento del latifondo, l’appoderamento e la creazione di borghi o centri rurali di servizi pubblici che il regime aveva avviato in tutta l’isola.
Il testo intitolato “Motivi per un film sulla Sicilia di ieri e di oggi” costituisce la testimonianza del lavoro svolto da Savarese in cui sono evidenti i primi segni della sua posizione nettamente antifascista, che si evince dalla descrizione della povertà e del dramma sociale dei contadini siciliani e della loro diffidenza innata nei confronti dello stato.
Il soggetto “Giornate di Lavoro” trovò la disapprovazione dei dirigenti fascisti, rimasti delusi nelle loro aspettative di leggere nel testo una sorta di propaganda del regime.
Le sue migliori sperimentazioni in ambito teatrale risalgono al 1943, spicca tra tutti “Il Figlio della Pace”, dove espresse il suo amore per la campagna, qui insito nel suo rimpianto di una vita sana di un mondo naturale, semplice, di una comunione ideale tra uomo, terra, animale e cielo in cui al valore del ritorno alla natura e di un distacco dalla vita di città e dalla scienza, si coniuga la rappresentazione idealistica di una società senza servitù né povertà e che sconosce parole quali «avarizia, invidia o furto» .
Morì a Roma l’8 Gennaio del 1945 a soli 63 anni.