Vi parlerò della neonata giunta Garofalo. Ne ho parlato bene una decina di giorni fa (Vamos a matar compañeros) ma dopo il primo consiglio comunale il mio giudizio (basato sulla fiducia) tentenna.
Intanto della nuova giunta non sappiamo ancora niente di più di quello che ci è stato detto. Da un campione della comunicazione ci saremmo già aspettati qualcosa. Peggio. Si è cominciato parlando “anche” di Piano Regolatore. Proprio una novità. E subito certa stampa ha ricordato che Garofalo ha esperienza di queste cose perché è stato assessore all’urbanistica. Avrebbero potuto scrivere, i tapini, che anche suo padre lo è stato e tanto sarebbe bastato. E l’assessore? il tecnico?
È solo un ex funzionario del Genio Civile. Questo che vuol dire? Almeno per quel tipo di stampa vuol dire che il vero assessore all’urbanistica è lui, il Paolo, ed eventualmente il suo “dante causa”. Non è un bel principio.
Vi ho parlato senza entrare nel merito dei due giovani. Uno è già bello che macinato, avendogli affibbiato il bilancio, un bilancio che mi dicono ancora lontano da un equilibrio stabile. Capisco la gioventù e l’entusiasmo (veramente il manifesto appiccicato ancora sui muri non sprizza tutta questa energia) ma assegnare una delega così a un neofita mi pare crudeltà vera e propria. Visto poi che gli assessori sono diminuiti di due unità rispetto al passato, si è pensato bene di dividere la cultura dalla pubblica istruzione (da quando c’è la Gelmini questa separazione è d’obbligo). Mi sarei aspettato un po’ di fantasia al potere, ma evidentemente alla “cultura” la sinistra ennese all’amministrazione comunale vuole per forza una donna, meglio ancora se carina (siamo alla quarta consecutiva se non sbaglio). Io non sono contrario per principio, anzi le femminucce mi sembrano proprio pochine, ma se non è cultura berlusconiana questa…
Ma senza fare lo spiritoso perché nel nostro panorama giornalistico locale c’è chi lo fa molto meglio di me (meglio, non molto meglio, tanto che ci scambiano con malignità, visto che io non esisto, come il dio dei marxisti), mi aspettavo di vedere un po’ di innovazione e invece niente. Mi aspettavo di vedere Di Dio o La Rocca all’assessorato bilancio e programmazione. Oggi un dirigente pubblico, di esperienza per giunta, è costretto ad essere praticamente un manager, e invece “nisba”, avanti il giovane e gli altri ai loro posti secondo uno schema scontato.
I rapporti con il Consiglio, poi, iniziano alla stessa maniera della passata legislatura. Se qualcosa è cambiato, questo è all’opposizione, quella vera di centro-destra, che mi è sembrata più gagliarda e preparata. Quella di centro-sinistra è una fotocopia di una parte della maggioranza dei cinque anni passati (in effetti è proprio la stessa). Sono cambiate le posizioni in campo, l’opposizione interna del PD che prima si chiamava area Lumia ora è area Galvagno-Franceschini. È diventata più grossa ma il risultato è lo stesso. Poi ci sono i battitori liberi, alla Fiammetta per intenderci, che una scusa per differenziarsi la trovano sempre (questa volta mi pare che il motivo sia l’esclusione di Girasole). C’è poi Messina, un’istituzione, che prima era indipendente di sinistra e ora è di destra ma sempre indipendente è, da quindici anni. Ci mancano i killer di professione, a cui eravamo abituati, ma credetemi, qualcuno scoprirà la vocazione molto presto. Per ora la guerra è aperta e non c’è spazio per i tiratori scelti.
La nuova situazione non mi sembra, ripeto, diversa dalla precedente. È solo più chiara. Prima c’era una maggioranza litigiosa, ora nemmeno questa. Prima era come nelle famiglie per bene, dove i coniugi si fanno le corna ma con discrezione; litigano ma senza schiamazzi eccessivi; cercano di mantenere le apparenze. Adesso invece i tradimenti sono pubblici e i litigi rumorosi, come nelle famiglie popolari. Qui le liti finiscono per coinvolgere il quartiere e i mariti picchiano le mogli.
Se proprio sono costretto a chiudere con una battuta, direi che la nuova situazione mi sembra proprio una giunta “Agnello tre”.
Q – Giorgio L. Borghese
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Q è la quindicesima lettera dell’alfabeto italiano e la diciassettesima di quello latino ed è l’unica lettera che nella nostra lingua non si può leggere da sola, se non accompagnata dalla “u”.
In questa ottica Q è una lettera “singolare”, nel senso di particolare, unica, e “plurale” nel senso che non può stare da sola.
Q è pure il titolo di un romanzo scritto da quattro autori sotto lo pseudonimo multiplo di Luther Blisset, e che si definiscono “nucleo di destabilizzatori del senso comune”.
Q è dunque “plurale” anche in un senso più ampio. Lascerà di volta in volta a voi lettori informatici il compito di completare ed interpretare, secondo la vostra libera scelta o inclinazione politica, le provocazioni che vi verranno proposte dall’autore, un ennese che da lontano ma puntualmente segue, attraverso internet, gli eventi che travagliano questa terra.