Enna. Da qualche tempo una nuova realtà, fuori dalle nostre tradizioni, sta per diventare un appuntamento annuale sempre più invadente: la notte di Halloween con il suo “dolcetto o scherzetto”. Nelle scuole e nei locali pubblici e privati questa ricorrenza, importata dall’America, ma d’origine irlandese, è festeggiata nelle città grandi e piccole. Partecipano al “rito”, con zucche, maschere, abiti di stregoni e di streghe, giovani e giovanissimi che si danno appuntamento nelle pizzerie e nei ristoranti dove vengono preparati succulenti menù, accompagnati da bibite e dolci. Fino a qualche decennio fa i bambini vivevano la Commemorazione dei defunti come una “festa”, un giorno gioioso e non una ricorrenza triste e cupa. Otto, dieci giorni prima del due novembre le vetrine di tanti negozi, come quello di Angelo Restivo & Figlio, storico negozio in Via Roma (dal 1970 con la nuova insegna Silver Gold), si riempivano di giocattoli. I ragazzi, col naso appiccicato ai vetri, dai più piccoli ai più grandi, ammiravano tutti quei balocchi. Le bambine volgevano la loro attenzione alla vetrina centrale, stracolma di bambole di porcellana o cartapesta vestite con abitini di seta, broccato e pizzi, mentre i maschietti guardavano quelle laterali piene di altri giocattoli (fucili, carriole, trottole, trenini ecc.), la maggior parte di legno variopinto.
Tutti avevano la segreta speranza che quel giocattolo o quella bambola, fossero portati dai propri avi defunti accanto al letto durante la loro visita notturna, tra l’uno e il due novembre, prima del loro risveglio mattutino. Quella era l’unica occasione in cui i bambini di allora, nati a cavallo della seconda guerra mondiale, potevano sperare di ricevere un regalo. La tradizione vuole che i morti portassero anche guantiere di dolci, quelli tradizionali ennesi, “totò” e “ossa di morti”, o “frutta martorana” (coloratissima pasta reale a forma, appunto, di frutti). I genitori, i nonni e gli zii dicevano ai loro piccoli che i morti portavano i giocattoli e i dolci solo ai bambini “bravi e buoni”. La sera del primo novembre, i più piccini, dopo le preghiere della sera, andavano a letto molto presto per permettere così ai “morti” di esaudire i loro desideri. La “magia” avveniva grazie ai “grandi” che uscivano di casa a far compere per negozi e pasticcerie, rimasti aperti per l’occasione fin oltre la mezzanotte. L’indomani, il 2 Novembre, era una giornata di gioia per tutta la famiglia. Era veramente la “festa dei morti”, una tradizione che il tempo ha sbiadito fino a perdersi quasi del tutto, forse perché si comprano e si regalano giocattoli in tutte le occasioni. Restituiamo ai bambini la tradizionale “Festa dei morti”, sarà un’occasione preziosa per riscoprire la ricchezza delle nostre più autentiche tradizioni, legate all’esperienza della vita e della morte, della gioia e del dolore.
Salvatore Presti
Nella foto, Giocattoli esposti in vetrina presso Patrizia Orefice