lunedì , Dicembre 9 2024

Q – DON’T CRY FOR ME, MORGANTINA

Sono tornato solo ora dall’Argentina, perché i miei fratelli vivono ancora a Baires. Quella è la mia seconda patria. “Don’t cry for me Argentina”, cantava Madonna nel musical “Evita”, “non piangere per me Argentina”. Pochi sanno che la canzone è stata scritta negli anni 70 e, tra gli altri, fu cantata in Italia da Milva. Dal 2007 il presidente dell’Argentina è una donna, Cristina Fernandez de Kirchner, che non è Evita. Ma non è questo il problema, quello vero ve lo dico dopo, alla fine.


Rientrando in Italia ho fatto volutamente una deviazione, tanto sono in pensione. Anziché andare diritto a New York ho preso prima il volo per Los Angeles. Per vedere la Dea.
La Dea però, e dovevo saperlo, già non c’è più nella Getty Villa di Malibu. Ho comunque fatto un giretto. L’effetto è un po’ kitch, all’americana: si tratta di una riproduzione della villa dei Papiri a Ercolano. L’effetto è strano e non manca di fascino, almeno per gente normale come me, anche se mi sono stancato subito. Noi italiani non siamo abituati alle ricostruzioni, ai “falsi”, perché di questo si tratta. Magari poi facciamo crollare gli originali ma questo è il frutto dell’abbondanza di cose antiche.
Nella sala dove si trovava, la Venere non c’è più ma è rimasta nel catalogo. Leggo testualmente: “Goddess, Perhaps Aphrodite. Courtesy of the Republic of Italy. Region of Sicily” la cui traduzione è semplicissima anche per me che ho difficoltà a parlare spagnolo dopo trentacinque anni, figuriamoci l’inglese! “Dea, forse Afrodite. Per gentile concessione della Repubblica Italiana, Regione Sicilia”.
Per gentile concessione… cose da pazzi, anche da pazzi americani! Direi piuttosto che qualcuno si è passato la briga di prendere una statuetta di due metri e rotti e portarla in giro per l’oceano senza tanta cortesia.
Comunque adesso torna a casa. Dicono.


Intanto voglio spiegarvi il contesto in cui è vissuta fino ad ora. Vi ho parlato della villa kitch ma non vi ho detto che è un museo tecnologicamente avanzato. I supporti delle statue sono tutti concepiti per assorbire le scosse di terremoto, che in California sono come il pane quotidiano. Neanche a dirvi che l’aria negli ambienti è climatizzata, nel senso che non è semplicemente condizionata ma ha il controllo digitale per la temperatura, per i valori dell’umidità, per il ricambio dell’aria, etc…
La villa di Malibu è solo la parte originaria del The J. Paul Getty Museum, che ha la sede più moderna a Los Angeles, a poche miglia di distanza. Tanto è di cattivo gusto la Villa, tanto il Museo di Los Angeles è un capolavoro di architettura contemporanea, progettata da uno dei grandi architetti contemporanei, Richard Meier, quello che a Roma ha fatto il famoso scempio dell’Ara pacis, ma è stato solo un errore perché il Getty Center invece lascia a bocca aperta per quanto è bello. Per arrivarci basta prendere la metropolitana oppure la freeway per San Diego (corrispondente ad una specie di nostra superstrada, ma molto, moltissimo alla lontana per quanto è larga e diritta), e ti ritrovi il museo proprio appena esci dallo svincolo.
Per andare da Los Angeles a Malibu, invece, si attraversa la cosiddetta Coastline Drive and Pacific Coast Highway, un’autostrada proprio come ve la immaginate, all’americana. Tutto facile, tutto perfetto, tutto chiaro, tutto efficiente.
Non vi ho detto un’altra cosa: non si paga il biglietto per entrare nei Musei Getty, è gratis. Ma allora penserete che trattandosi di un magnate, di un riccone, ci rimetta dei soldi. Nemmeno per idea. Intanto devi pagare il parcheggio (fino alle 5,00 del pomeriggio). Se hai un’auto normale (normale per gli americani, voglio dire), paghi solo 15 dollari. Man mano che il mezzo aumenta di lunghezza aumenta il prezzo, proprio come sui traghetti. Alla fermata dei mezzi pubblici trovi il passeggino standard per i bambini o le carrozzine per anziani e invalidi. Dentro il museo (anche in quello di Malibu) ci sono le camere attrezzate per le famiglie, le aree per le attività didattiche e ludiche per i bambini, i giardini, le aree pic-nic e naturalmente bar, ristoranti, librerie, negozi vari. Avete presente i nostri centri commerciali? Più o meno qualcosa di simile, soltanto che anziché vendere prodotti super scontati, si vende cultura, da quella greca e romana a quella moderna, fino alla fotografia d’autore.
Nel giorno in cui ci sono stato io, ed era di sabato, c’erano in programma una decina di “Events”, che andavano dai tours tematici (vi fanno vedere e vi spiegano di volta in volta solo una categoria di opere esposte) alle mostre dedicate, dai corsi didattici e dimostrativi di alcune tecniche artistiche antiche o contemporanee, via via fino ai convegni e agli spettacoli (piuttosto delle esibizioni sceniche e interi brani teatrali tratti da tragedie greche). Nel periodo della mia visita c’erano in mostra alcuni reperti e statue provenienti dal Museo archeologico di Agrigento, ma ho letto in una brochure che si era appena conclusa l’esposizione di crateri provenienti da Gela!
La guida ci ha spiegato che a mantenere in efficienza i musei ci sono centinaia di persone che si occupano dalla manutenzione/restauro delle opere d’arti al controllo degli impianti tecnologici, dalle opere di giardinaggio alle pulizia e alle piccole opere di ordinaria manutenzione.
Vi domanderete adesso perché vi ho raccontato tutto questo. Perché la Dea, Afrodite, la Venere sta per tornare a casa. Ma la casa ancora non c’è, ancora non si sa bene nemmeno quale sarà, se in una chiesa ancora da restaurare o nel Museo Archeologico di Aidone, dove ci sono già da tempo i cosiddetti “acroliti delle dee” e tra qualche ora gli argenti di Eupolemo.
Quante persone pensate abbiano visto in questi mesi gli “acroliti”? Quanti pensate hanno saputo che erano esposti? Quanti pensate sono riusciti ad arrivare ad Aidone, visto che la strada che la collega alla highway Catania-Palermo è interrotta sino a data da destinarsi? Quanti pensate sono riusciti, una volta dentro Aidone, a raggiungere il museo? E in quante ore?
E soprattutto quando sarà pronta la definitiva sistemazione per la dea, anzi quando si deciderà dove metterla? Quanto costerà questa operazione e quanto durerà aperto il museo o quello che sarà prima che manchi il personale di custodia e quello per le manutenzioni, etc. etc.?
Persino il Vescovo di Piazza Armerina ha parlato di questo scandalo alla radio Vaticana.
Quello che è sicuro e che non riusciremo certo a guadagnarci con le premesse poste finora. Vorrei sintetizzarle per voi: alberghi = 0; ristorazione in loco = 0; convenzioni turistiche/tour operator = 0; convegni/ eventi programmati = 0; tutto quello che vi viene in mente = 0. Uniche attività svolte, tutti i meeting e gli stands e le fiere nazionali e internazionali da alcuni anni a questa parte con ricca partecipazione di assessori e affini. Un evento atteso da anni solo nei sogni e nei programmi e nelle spese della Provincia regionale e della Regione Siciliana ma nemmeno un fatto concreto. E soprattutto l’incredibile evidenza che non ci sono pronti né il museo, né la stanza, nemmeno lo sgabuzzino per accogliere la statua.
Cara Dea, puoi dire addio all’aria micro climatizzata, addio a mostre ed eventi quotidiani, addio a superstrade e super parcheggi. Con la cultura dicono che non si mangi, almeno in Italia, e in provincia di Enna meno che mai. Solo all’estero è vero il contrario.
Ma non piangere per me, Morgantina, c’è chi sta peggio di te.


Nella vicina Villa imperiale del Casale, nella vicina Piazza Armerina, i lavori di copertura della villa romana continuano con fervore. Peccato che quello che è successo a Pompei per colpa dell’incuria e dei pochi fondi messi a disposizione, potrebbe succedere prima o poi qui per colpa dei lavori che si stanno eseguendo. Alla vecchia ma leggera struttura, oramai da sostituire, stanno montando una bella copertura in legno. Bella e pesante, posata direttamente sulle mura romane che hanno resistito per due millenni e che vengono chiamate, nella relazione del progetto, “muri di sacrificio”.
Avete capito bene: muri di sacrificio, muri da sacrificare. E infatti, dicono i bene informati che le prime crepe, le prime lesioni cominciano a spuntare, per la prima volta dopo secoli.
Non piangere per me, Armerina.

Q – Giorgio L. Borghese

Il Commento a quanto sopra dell’archeologa Flavia Zisa – Presidente CdL Archeologia del Mediterraneo  Università Kore di Enna

Venere Morgantina: se gli Americani sono kitsch, noi siamo naïf



Q è la quindicesima lettera dell’alfabeto italiano e la diciassettesima di quello latino ed è l’unica lettera che nella nostra lingua non si può leggere da sola, se non accompagnata dalla “u”.
In questa ottica Q è una lettera “singolare”, nel senso di particolare, unica, e “plurale” nel senso che non può stare da sola.
Q è pure il titolo di un romanzo scritto da quattro autori sotto lo pseudonimo multiplo di Luther Blisset, e che si definiscono “nucleo di destabilizzatori del senso comune”.
Q è dunque “plurale” anche in un senso più ampio. Lascerà di volta in volta a voi lettori informatici il compito di completare ed interpretare, secondo la vostra libera scelta o inclinazione politica, le provocazioni che vi verranno proposte dall’autore, un ennese che da lontano ma puntualmente segue, attraverso internet, gli eventi che travagliano questa terra.

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