La vicenda dei rifiuti ad Enna sta avendo un’accelerazione imprevista. Tutti sono in subbuglio: sindaci, operai, dipendenti vari, sindacati, onorevoli, associazioni.
Guardo la scena e mi domando il motivo. L’unica risposta che mi sorge spontanea è che per la prima volta la gestione dei rifiuti ad Enna non viene affidata alla politica. Almeno in senso stretto.
Come sapete non ho peli sulla lingua e capisco da me che è stata la politica a scegliere i commissari liquidatori dell’ATO-Enna Euno. Ma questa volta la politica ha sbagliato i conti, oppure, incredibilmente e involontariamente ha finito per indovinare.
Proprio a proposito di conti, il dottore Bellettati sarebbe stato verosimilmente designato dal sindaco di Nicosia (PD), l’avvocato Azzolina da quello di Piazza Armerina (PD) e l’ingegnere Margiotta dal sindaco di Enna (PD). Qualcuno mi sussurra all’orecchio che Margiotta è stato intestato al Centro-destra, se non altro per antica tradizione e appartenenza e per fare il paio con la nomina dell’ing. Puleo al Comune.
L’uccellino mi fischietta poi che l’ingegnere (sempre Margiotta) sarebbe invece vicino ad altri onorevoli personaggi che sono invece dell’altro PD, ma questo contrasterebbe con le prime due affermazioni e con le voci agitate di una certa fazione ennese che avrebbe protestato vibratamente, dicendo che dietro c’è il solito inciucio.
Quello che non torna, per riandare al mio discorso iniziale, è che questi tre si sono messi in testa di riorganizzare il servizio, risparmiando sui costi. Cose da pazzi! Ma lo capite di cosa stiamo parlando? Per la prima volta c’è qualcuno che prende le parole sul serio. E il bello è che lo starebbero facendo senza tenere conto dei soliti diktat della politica: questo non si tocca, questo sta bene dove sta, questa cosa va bene così e basta, ma semplicemente cercando di capire come funziona la baracca e di fare un progetto su basi certe.
È da sei anni che tutti conoscono il problema, che fanno proclami e delibere, che minacciano sfracelli ma si limitano a dire un improbabile “al costo fissato nelle delibere dei comuni”, come se questa frase risolvesse il problema. Nessuno può pretendere dall’oggi al domani di scendere da ventisette-ventisei-venticinque milioni (costo secondo Sicilia Ambiente) a diciotto milioni o giù di lì (costo secondo i comuni) senza fare sacrifici e tagli, senza riorganizzare un bel niente: come dire senza sacrifici e responsabilità per tutte le parti in causa.
Una cosa che nessuno è mai stato in grado di fare o ha voluto o potuto fare veramente, nemmeno con l’aiuto dei santi (compreso il senatore Romano, che Dio l’abbia in gloria, in odore di santità e protettore dei cittadini tartassati).
A questo proposito sia loro (quelli dell’associazione omonima) sia soprattutto Assoutenti, farebbero bene a smetterla con questa incitazione alla disobbedienza civile i primi, e al rogo invocato per tutti e cinquecento i dipendenti nel secondo! In questo modo non si va verso il contenimento dei costi, non si va verso la legalità, ma si va verso l’immondizia per strada, quella vera e quella figurata. Farebbero meglio, costoro, a mettere materialmente una bomba sotto i comuni o sparare sui camion della spazzatura piuttosto che incitare alla guerra civile, come fanno. Le tariffe sono illegali: spiegate a tutti come vanno fatte e spiegate invece ai cittadini che quello che gli viene chiesto è molto meno di quello che costa il servizio; altro che… gatti tedeschi!
Ma veniamo al turco napoletano. Conoscete tutti la trama del film: Totò viene creduto un eunuco turco dal gelosissimo padre-padrone, che gli affida tranquillamente moglie e figlia. Ma il turco si rivela irrimediabilmente integro e napoletano, facendosi beffe della tranquilla sicurezza del padrone. Alla fine lo sconcerto di quest’ultimo verrà però compensato con una forza e una saggezza che solo certi meridionali possiedono.
Chi sia il turco di questa storia che vi ho raccontato, è una risposta che lascio a voi, ma io rimango convinto che almeno uno dei tre commissari sia piuttosto napoletano.
Sempre vostro Q.
Q – Giorgio L. Borghese
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Q è la quindicesima lettera dell’alfabeto italiano e la diciassettesima di quello latino ed è l’unica lettera che nella nostra lingua non si può leggere da sola, se non accompagnata dalla “u”.
In questa ottica Q è una lettera “singolare”, nel senso di particolare, unica, e “plurale” nel senso che non può stare da sola.
Q è pure il titolo di un romanzo scritto da quattro autori sotto lo pseudonimo multiplo di Luther Blisset, e che si definiscono “nucleo di destabilizzatori del senso comune”.
Q è dunque “plurale” anche in un senso più ampio. Lascerà di volta in volta a voi lettori informatici il compito di completare ed interpretare, secondo la vostra libera scelta o inclinazione politica, le provocazioni che vi verranno proposte dall’autore, un ennese che da lontano ma puntualmente segue, attraverso internet, gli eventi che travagliano questa terra.