Un articolo-saggio apparso sul Manifesto è lo spunto per aprire una rfilessione sulle più appropriate politiche territoriali capaci di invertire una tendenza negativa della provincia di Enna che può arrivare anche a forme di autodistruzione: il costante calo demografico.
A ciò corrisponde la mancanza di attrattività e competitività territoriale della nostra provincia ( ultima nel contesto nazionale) come dimostrano, di recente, i dati pubblicati dalla Confindustria e che sicuramente saranno certificati dall’ISTAT nel Censimento generale della popolazione del 2011.
Cosa fare per invertire una tendenza opramai consolidata? Sicuramente, come auspica lo stesso Franco Arminio per i paesi dell’Appennino itliano, è necessario frenare quella che chiama “la valanga della desolazione” che da diverso tempo coinvolge in maniera pervasiva anche la nostra Provincia.
Per questo è necessario che le politiche di sviluppo territoriale siano strettamente legate alla necessità di ridare vitalità ai nostri centri urbani dopo la lacerazione, sia sociale che nelle strutture urbanistiche, dovuta all’emigrazione che, facendo attenzione alle statistiche, non si è mai arrestata.
L’impoverimento demografico provinciale ha fatto in modo che anche l’originale umanità contadino-mineraria che caratterizzava i nostri luoghi ha ceduto il passo ad una indistinta omologazione dei caratteri e dei comportamenti.
Cosicchè, se abbiamo perso i caratteri originali che delineavano fino a pochi anni addietro il nostro territorio, agricoltura e miniere, forza e disperazione delle nostre popolazioni, sicuramente oggi non appiono chiari e distinti gli elementi tendenziali di sviluppo che dovrebbero dare impulso ad appropriate politiche capaci di invertirne l’andamento negativo.
Su quali elementi forti, consolidati e distintivi possiamo innescare politiche attrattive e competitive per avere inversioni di tendenza nella direzione dello sviluppo autosostenibile e contnuativo?
Sicuramente occorre costruire un progetto di sviluppo territoriale capillarmente diffuso sapendo ottimizzare le risorse presenti attraverso originali percorsi di interconnessione e di integrazione di beni, primo fra tutti quello della conoscenza, nella consapevolezza che non è bastevole un progetto di rilancio turistico basato solamente su pochi magneti culturali che fanno perdere di vista la visione d’insieme per non rischiare di continuare ad essere, ad esempio, solamente un “self service” dell’archeologia.
Diffondere e riverberare nell’intero territorio provinciale il dinamismo delle iniziative non può essere un autonomo percorso delle singole municipalità, anche se autonome ed originali iniziative, come quella del Sindaco del Comune di Riace in Calabria che ha intrapreso percorsi di solidarietà sociale che vogliono fare rivivere, nello stesso tempo, il piccolo centro urbano anch’esso come il nostro territorio, a rischio di scomparsa, non devono essere mai scoraggiate, magari con atteggiamenti snobbistici di incredulità ed indifferenza. Infatti, nel piccolo centro della locride, realtà emarginata e fragile da tutti i punti di vista, il sindaco ha avuto la felice idea di stampare carta moneta per aiutare i molti rifugiati presenti in quel comune (eritrei, somali, ghanesi, afghani, palestinesi, serbi, etc.) che a loro volta salvano quel paesino dal suo destino di inesorabile declino demografico, sociale ed economico rinvigorendo il commercio locale. I volti del Mahatma Gandhi sulle banconote da 50 euro, Martin Luther King su quelle da 20, Che Guevara e Peppino Impastato sui tagli da 10 rappresentano un esempio concreto di come il fattore popolazione è strettamente legato a tanti altri discorsi, non ultimo quello dello sviluppo dei territori e delle micro-economie.
Le nostre realtà locali non hanno bisogno di occasioni effimere e di momentanee riprese economiche (magari si verificassero anche quelle) ma di momenti duraturi e continui che sappiano coniugare sviluppo e benessere sociale ed economico. Come scrive l’autore che ci ha ispirato questa riflessione “il problema di certi paesi non è il fatto che sono rimaste mille persone là dove ce n’erano tremila. Il problema è lo sfinimento di chi è rimasto, la dittatura degli accidiosi, la logica del bar sport che domina la vita morale e quella amministrativa”.
Ecco perché di fronte ad un territorio privo di significative occasioni di ripresa e col permanente rischio del declino demografico va aperta una riflessione che, ai molti che non hanno l’interesse disinteressato di vedere la ripresa ennese, può apparire stravagante mentre è preliminare rispetto a qualsiasi altro intervento.
Solo con nuovi stabili residenti, attenzione non turisti-fruitori occasionali, si può arrestare la progressiva ed implacabile chiusura degli ospedali, delle scuole, dei servizi di livello provinciale come sta accadendo nella provincia di Enna e che ruralizzano sempre di più la nostra realtà, senza che si può nemmeno far sentire la civile protesta, quando c’è, delle popolazioni che vivono tale marginalizzazione di ruolo.
Solo con nuovi residenti e con nuova popolazione si può arrestare il declino. Ben vengano i migranti nelle terre che nel recente passato furono d’emigrazione per segnarne la ripresa territoriale, economica, sociale e produttiva.
Giuseppe C. Vitale – urbanista
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