Il movimento di opinione che nei mesi scorsi con le sue manifestazioni aveva espresso il disagio di gran parte dei cittadini italiani nei confronti del vuoto pneumatico della politica, ormai attenta solo agli interessi dei suoi rappresentanti, autoreferenziale nei comportamenti e nei principi; quel movimento dileggiato e sottovalutato che aveva visto in prima fila donne e ragazzi, oggi può finalmente cantare vittoria e attribuirsi il merito di buona parte del successo dei referendum e certamente del raggiungimento del quorum. Magari non come movimento propriamente inteso, ma come sentire comune. Parlo dei giovani e delle donne che hanno riempito le piazze e che, scandendo lo slogan “Se non ora, quando?” hanno urlato tutta la loro indignazione e frustrazione dando origine ad un onda lunga che nessuno è in grado di prevedere dove porterà.
Il raggiungimento del quorum, contro tutte le previsioni dei soliti guri, ha anche decretato il fallimento dei mezzi di comunicazione tradizionali, dalle tv generaliste che si sono mosse solo per dovere d’ufficio, sottacendo o addirittura boicottando l’informazione (si è arrivati all’aberrazione di dover dare spazio per par condicio, oltre ai promotori del Sì e del No, anche ai comitati del Non voto! Non uno a uno, perciò, ma due a uno!), alle grandi testate giornalistiche che non hanno capito l’ampiezza e la profondità di questa nuova presa di coscienza civile e politica che sta attraversando molti strati della popolazione italiana. Il passaparola si è diffuso, amplificandosi, soprattutto attraverso i nuovi canali di comunicazione, Internet e Facebook, in prima fila, e ha smosso dall’apatia anche i più giovani che hanno mandato alla politica un messaggio forte e chiaro. Sta ora a quanti continuano ad essere convinti di avere nelle proprie mani i destini del Paese e della sua gente a non restare, come sempre, sordi a questo ennesimo grido di dolore. Intanto si sono affrettati a salire sul carro dei vincitori. I rappresentanti dei comitati referendari, gli unici titolati a parlare, sono stati messi in ombra dalla ressa dei politicanti di tutte le risme, che erano rimasti defilati per tutta le brevissima campagna elettorale ma, a risultati confermati, sono saliti sui palchi o si sono affollati nei pochi talk show che se ne stanno occupando per cantare vittoria e raccogliere applausi (a proposito, è inqualificabile il silenzio assoluto di Rai1, Rai2 e di tutte le televisioni berlusconiane che stanno limitando l’informazione sui risultati dei referendum ai soli Tg, per il resto il palinsesto non è stato modificato minimamente: secondo i loro dirigenti, rassicurati in questo da Berlusconi, non è successo nulla!).
Chissà se si rendono conto che il vento è cambiato, e forse per sempre, che un nuovo Risorgimento sta investendo l’Italia scuotendola dalle fondamenta? Che la gente è andata a votare nonostante i politici e che l’ha fatto in piena libertà? Anche quelli che sono abituati a votare su invito diretto del candidato, del cliente di turno, del prete che consiglia, che sono abituati ad aspettare l’imbeccata, dopo un primo momento di smarrimento si sono levati, hanno autonomamente preso il certificato elettorale e si sono messi in fila nel seggio, per dire la loro, per una volta, gratuitamente! I risultati sono stati tanto inattesi quanto esaltanti: il 57% di media in Italia, quasi il 59 nella nostra provincia! Peccato che la Sicilia si sia posizionata tra le ultime con un 52%!
Ed ora? Per quanto riguarda il nucleare, fermato forse per sempre o comunque per un bel po’ di anni, ci auguriamo che non venga invece fermata la ricerca, che potrebbe anche trovare strade nuove e meno rischiose per produrre energia dall’atomo.
Per i due referendum sull’acqua pubblica, e in genere sull’ingresso obbligatorio dei privati nella gestione dei pubblici servizi, ci auguriamo tutti che l’avere abrogato queste norme non sia, come è possibile, un ulteriore alibi per continuare a mantenere in vita l’odierna gestione, dispendiosissima e inefficiente, e i soliti carrozzoni buoni solo per sistemare trombati, amici e parenti dei politicanti di tutti i colori e per scialacquare allegramente con i nostri soldi. Per il quarto referendum c’è poco da dire, fino alla fine si è tentato di far credere al popolo bue che era del tutto inutile andare a votare perché la legge del “legittimo impedimento” non esisteva più, dopo tutte le bocciature subite: avevano dimenticato di dirci che votare per l’abrogazione della legge che non c’è, è l’unico modo per impedire che per cinque anni almeno non si presenti sotto diverse spoglie un’altra legge tendente, ancora una volta, a salvare il premier e i suoi cortigiani.
Franca Ciantia
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