Se dovessimo tracciare la storia del fenomeno agrituristico in Sicilia ne verrebbe fuori una cronaca semi-seria di equivoci e di difficoltà interpretative.
Una delle invenzioni più brillanti degli ultimi decenni ” la multifunzionalità agricola” ha restituito nei territori figure di manager dinamici, innovativi, “maghi”del turismo relazionale, portatori di cultura, di virtù e di valori. Superando l’atavica cultura isolazionistica, hanno dato vita ad associazioni e consorzi per affrontare con più vigore le sfide di un mercato irrequieto.
Il fortissimo legame instaurato in questi anni con il territorio e con le sue istituzioni ha dato finalmente origine alla creazione di nuove reti economiche e sociali.
Per salvaguardare la competitività delle loro imprese dalla inarrestabile congiuntura, gli imprenditori hanno assunto con dignità il ruolo di protagonisti nel processo di rinnovamento dell’agricoltura, districandosi tra le matasse della burocrazia e le incongruenze di una normativa di settore scaturita dall’approssimazione di legislatori che, con ogni probabilità, non hanno vissuto in campagna nemmeno un giorno nella loro vita.
Tuttavia, alcuni imprenditori, fortunatamente pochi, hanno tradito il percorso tracciato dagli altri e, violando la sacralità rurale, si sono chinati con il cappello in mano dinanzi alle richieste di un mercato onnivoro e disinformato. Con l’alibi tutto italiano che l’agricoltura, così come la cultura” non fa cassa”, hanno ingenerato nell’opinione pubblica un giudizio mortificante: in agriturismo si va, preferibilmente di domenica, per mangiare moltissimo (non importa cosa e come) e pagare pochissimo! Anche il cibo offerto può essere considerato una cartina di tornasole del tempo che stiamo vivendo: massificato e senza valore, piuttosto che sano ed ecologico, frutto del lavoro dell’azienda, testimone di cicli naturali, di schiene curve sugli orti, di sguardi di speranza sulle bacche durante la stagione delle intemperie.
Ad accrescere i fraintendimenti l’offerta di camere con attrezzature iper-tecnologiche che poco hanno a che fare con la consueta frase degli aspiranti ospiti: “Ho proprio bisogno di staccare la spina!”.
Ma qual’é la differenza tra la ricettività alberghiera e quella agrituristica?
Nell’immaginario di chi prenota che cosa rappresenta oggi una vacanza in campagna?
Quale scenario si apre ai suoi occhi? É indispensabile abbattere le montagne di luoghi comuni e di retorica che da tempo incrinano i rapporti tra ospiti e proprietari: la campagna non é fatta di cartapesta come negli spot pubblicitari, il concime é maleodorante, gli insetti a volte pungono, il sole scotta, i grilli di notte friniscono, gli animali non sono di peluche ed i tacchi a spillo delle signore spesso si incastrano tra le pietre del selciato.
Ed, inoltre, i”parchi giochi” spesso agognati dai genitori hanno un senso nei giardini pubblici o nelle piazze delle città, ma in campagna il parco giochi misterioso e sconfinato é la NATURA con le sue innumerevoli possibilità di svago e di scoperta.
Le aziende agrituristiche che rispettano la cultura contadina divengono luoghi sacri del sapere, spazi da esplorare con un approccio diverso, con la sensibilità e la curiosità degli spiriti liberi e con la consapevolezza di vivere il privilegio di un’esperienza unica.
Esistono mille modi di interpretare il proprio impegno nel settore, ogni azienda é diversa da un’altra, la multifunzionalità agricola, infatti, offre agli imprenditori varie opportunità di sperimentazione che vanno dalla protezione dell’ambiente alla valorizzazione e vendita dei prodotti tipici, dall’offerta di servizi culturali a quella di servizi sociali per persone diversamente abili o svantaggiate, in collaborazione con il vasto mondo del terzo settore.
Non solo vacanza, ristorazione ed ospitalità, dunque, ma spazio solidale, strumento essenziale di conciliazione tra campagna e città, tutto nell’attuale ottica del welfare.
Realtà nuove con tanta strada da fare, percorsi forse poco sincronici, condotti sinora in autonomia ed in forma quasi sempre volontaria, ma con un obiettivo univoco: il rispetto del binomio “etica-agricoltura”.
L’invito é chiaro, tutti fuori dai cliché deformanti!
Legislatori superficiali, imprenditori agricoli ossessionati dai propri conti correnti, ospiti spinti esclusivamente dalla voracità, é tempo di invertire la rotta!
Non si può più parlare di inconsapevole danno, il rischio per l’intero comparto é incommensurabile, non può essere vanificato il lavoro decennale di chi ha creduto con forza nella crescita dell’agricoltura siciliana e nella necessità di un suo naturale adeguamento all’evoluzione dei tempi.
Nietta Bruno