DELLA FELICITA’
Idealista: Ma che epoca storica ci è toccato, in sorte, di vivere?
Sognatore: Un’età nella quale sono crollate antiche e consolidate certezze ed avanzano nuovi poderosi dubbi.
Ovverosia?
Che il Sistema economico non è in grado di mantenere le promesse di felicità pubblica, come, per oltre due secoli, hanno cercato di far credere gli Utilitaristi.
Si riferisce a Bentham?
Si, ma non solo. I vari Prisley e, sopprattutto, J. Stuart Mill, con il suo celebre saggio sulla felicità, sono gli Autori principali che hanno fornito, con le teorie del calcolo delle utilità, sintetizzate nella famosa formula insegui il piacere, fuggi il dolore, la base teorica per lo sviluppo della società capitalistica. Nel Settecento, una corrente, minoritaria, predicava persino il libertinaggio. Ne furono suggestionati anche i padri costituenti americani che la inserirono nella loro Costituzione.
La Costituzione americana prevede la felicità? Mi sembra una banalità
Non la felicità, ma il diritto alla ricerca della felicità. Ma non specifica come. Per cui si può permettere l’esercizio della schiavitù o lo sterminio dei nativi, o, anche, in tempi attuali quello degli stranieri, con la scusa della esportazione del la democrazia: insomma la ricerca della propria felicità, senza trovarla e, per di più, attraverso la infelicità altrui.
Già, ma questo cosa c’entra con noi italiani ed europei.
Il sistema di accumulazione del capitale e della produzione, che chiamiamo capitalistico, è integrato; se si inceppa in un paese, tutti, specie con la globalizzazione, ne risentono. L’attuale è una crisi di sovrapproduzione: non ci sono carestie o penurie di beni, ma mancanza di compratori di merci che lo sviluppo scientifico permette di produrre in gran quantità, ma che nessuno può comprare per indisponibilità di reddito.
Questo è già accaduto, nel 1929
E la crisi sfociò nella seconda guerra mondiale.
Ed oggi, è temibile una terza?
Intanto c’è già, da tempo, ma è diffusa nel pianeta in tanti focolai. Ma ne stiamo vivendo un’altra, senza bombe né carri armati, ma altrettanto devastante: quella del grande capitale finanziario, i cui costi ricadono su tutta l’umanità, non solo sui dannati della terra come è stato finora , con il colonialismo e l’imperialismo.
E i Governi cosa fanno?
Di fronte al disastro, non sanno proporre che le ricette dei tempi grami: lavorare di più, produrre di più, rinunziare ai diritti acquisiti, sacrifizi, insomma lagrime e sangue, in attesa della crescita, che ove mai ci sarà, intaserà il Pianeta di macchine che non si sa dove allocare, di beni che nessuno sa come smaltire, dopo l’uso, di CO2 che devasterà il clima: insomma un capitalismo selvaggio e senza regole sotto il nuovo dogma del mercato regolatore di tutto e tutti.
Ma ora hanno chiamato i Professori, al Governo.
E, giacchè, al posto della felicità promessa, ci sono solo sacrifici da distribuire, qualcuno ha ritenuto meglio i Sommi Sacerdoti di una Religione idolatra del Mercato, che gli apprendisti stregoni.
E salveranno il sistema?
Certo, creando, anzi ricreando i presupposti per lo sviluppo capitalistico, cioè arretrando le condizione di vita delle masse, all’età degli Utilitaristi, ossia all’Ottocento, facendo concorrenza alla Cina, all’India, al Brasile, senza diritti, con bassi salari, ma con un pizzico di pietosa sussistenza, con la social card che è una edizione contemporanea delle ottocentesche poor laws, letteralmente, leggi per i poveri.
Che pessimismo. Siamo senza speranza?
Ho l’età per ricordare che un grande dirigente del Partito comunista, al secolo Enrico Berlinguer, un trentennio fa, profeticamente, ma con gran dileggio dai modernisti, propose un politica di austerità da non confondere con la politica odierna dei sacrifici. Ma se si vuole tonare al presente sarebbe saggio rendersi conto che è finita l’epoca dello sviluppo illimitato e prepararsi ad un periodo di neopauperismo.
Un ritorno a S. Francesco?
Che era ricco e visse bene da povero.
E chi dovrebbe gestire questo futuro?
Tra una destra eversiva, che organizza la vandea dei Tir e una sinistra senza un’idea di società , il nostro futuro, come la vicenda dei referenda docet, dipende dalle scelte che faranno i Cattolici democratici.
(Continua)
Tanino Virlinzi