giovedì , Ottobre 10 2024

Dea/Venere di Morgantina: adesso basta

Il dibattito sulla collocazione della statua della Dea/Venere di Morgantina nel suo luogo d’origine sembra non placarsi mai!
Infiniti i tentennamenti della politica “Aidone sì – Aidone no” nei giorni in cui il tesoro archeologico, già in possesso del suo biglietto di ritorno, continuava ad offrire agli ultimi visitatori le meraviglie della sua imponenza e del suo drappeggio nel museo di Paul Getty a Malibù. Aspre le polemiche sorte nel territorio regionale anche dopo il suo arrivo, sedate dal tempo e dalla inconsistenza delle argomentazioni. A seguire le esternazioni televisive del noto giornalista Gian Antonio Stella di qualche mese fa’ ed, infine, la recentissima intervista rilasciata dall’imprenditore Pasquale Pistorio ad un giornalista del quotidiano La Sicilia.
Una prima riflessione ci porterebbe a chiedere ai sostenitori della necessità di assemblare i tesori della storia nei “musei-raccoglitori” per consentirne la massima fruizione, il perché di tanto affanno e di tanta lotta giudiziaria per la restituzione della statua considerato che a Malibù era visitata annualmente da un numero di turisti non superabile in qualsiasi museo siciliano!
I personaggi di tutto rispetto che obiettano sulla scelta della sistemazione del reperto nel piccolo, ma prezioso museo di Aidone appartengono a quella corrente, ormai démodé, che ha legittimato, forse inconsciamente, i mercati della memoria, gli scippi di opere d’arte perpetrati da stati potenti o da privati danarosi.
Questo orientamento culturale va di pari passo con quello di molti intellettuali che decenni fa’ sostenevano l’importanza della cultura enciclopedica dalla quale ci metteva in guardia un grande studioso (aidonese guarda caso!) di nome Peppino Vinci che considerava il sapere enciclopedico un grande recinto chiuso.
Quanti di noi visitando i grandi musei internazionali hanno percepito dentro di sé un sentimento scisso! A Berlino, visitando il Pergamonmuseum, per citarne uno, da una parte esplode negli animi l’emozione e l’incanto di trovarsi di fronte all’intero altare di Pergamo o alla gigantesca porta di Mileto o alla coloratissima porta di Ishtar e ad altre opere divelte e ricollocate… dall’altra la percezione del furto compiuto da una nazione, con l’alibi della tutela, ai danni di città orientali oggi depauperate.
Temo che parlare di diritto di appartenenza e di legittimità della memoria potrebbe apparire eccessivo e pretestuoso, ma riconducendo la questione in termini di impresa turistica e di beneficio economico per l’intera regione, va evidenziato che il mantenimento delle opere d’arte nei luoghi d’origine può solo aumentare le giornate di permanenza dei viaggiatori nell’isola e contribuire sia ad alleggerire le coste dal sovraffollamento estivo sia a risanare economicamente le aree interne con conseguente beneficio per l’occupazione.
Gli entroterra del mondo rappresentano per i veri viaggiatori luoghi misteriosi, meno contaminati dalla mano dell’uomo e, di conseguenza, meno cementificati e non sarà certo la mancanza di una mega-strada a impedire il raggiungimento dei siti: alcuni templi in India e in Messico sono collocati in luoghi di difficilissimo accesso, eppure, in prossimità delle imponenti opere, si resta sbalorditi dall’incredibile afflusso di visitatori.
La cultura contemporanea, dopo secoli di scempi, ha abbandonato le operazioni di separazione delle opere d’arte dai luoghi di appartenenza con affidamento a depositari esterni, privilegiando quelle del recupero e dell’assimilazione ai territori.
Il tempo del taglio, dell’assemblaggio semplicistico, del presunto “ordine delle cose” è superato, dobbiamo convincerci che il mondo è un museo aperto, un grande palcoscenico che offre insieme ai tesori della storia di un luogo, i costumi, i colori, i sapori, i dialetti e i suoni della sua gente.
È tempo di fusione e di armonia, di coerenza tra luoghi e produzioni, di riappropriazione della propria memoria e il ritorno della Dea/Venere e di altri tesori nelle loro terre d’origine segna con determinazione questo mutamento culturale.
Saremmo grati a personaggi del calibro del dott. Pistorio, nato peraltro nell’entroterra, se contribuissero con la loro esperienza ed il loro genio imprenditoriale alla formulazione di progetti utili alle attività ed alle iniziative del neo Distretto Turistico che, non a caso, si chiama “Dea di Morgantina”.

Nietta Bruno

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