Le donne e il primo Maggio

La festa dei lavoratori dell’uno Maggio è, per Antonella Russo, Presidente provinciale UDC di Palermo, l’occasione adatta per riaffermare che lo sviluppo e la crescita della società ed in particolare della nostra Sicilia non può prescindere dalla effettiva valorizzazione del ruolo della donna e dei giovani per una occupazione più ampia e più qualificata.

Una crescita della partecipazione delle donne al lavoro potrebbe aiutare anche a risolvere le difficoltà derivanti dall’invecchiamento della popolazione e colmare il divario occupazionale di genere permetterebbe di risolvere il problema della sostenibilità della pensione in due modi: direttamente con l’aumento del tasso di occupazione – una maggiore quantità di forza lavoro farebbe scendere il rapporto tra pensionati e lavoratori, rendendo più sostenibile l’erogazione delle pensioni – e indirettamente attraverso l’aumento del tasso di fecondità. Il lavoro delle donne garantisce anche maggiore ricchezza alle famiglie.

Ma non solo: quante più donne lavorano, tanti più nuclei familiari si rivolgono al mercato per cercare soluzioni a quei problemi e a quei bisogni, di cui si occupano tradizionalmente le madri e le mogli, che stanno a casa, dando così un forte impulso allo sviluppo di una moderna economia dei servizi. Ciò significa nuovi posti di lavoro e una nuova ricchezza diffusa, un aumento della domanda di consumi anche tramite un rinnovato stimolo alla fecondità. Un vero e proprio circolo virtuoso, che porterebbe a creare 15 posti aggiuntivi nel settore dei servizi per ogni 100 posti di lavoro dati a donne.

Se le donne raggiungessero i tassi di occupazione degli uomini l’aumento del prodotto interno lordo arriverebbe fino al 13% nell’Eurozona e al 22% in Italia. Un aumento della partecipazione femminile fino a raggiungere la soglia del 60% di donne occupate produrebbe in Italia un incremento del prodotto interno lordo – a produttività invariata – del 7%.

La tesi della Womenomics sta cominciando ad avere una certa valenza anche nel mondo imprenditoriale, dove un numero crescente di imprese si sta accorgendo che le donne in certi settori sono brave quanto gli uomini e talvolta anche di più. Dai risultati di alcune ricerche si inizia a capire che la scarsa rappresentanza delle donne nelle imprese ha un costo in termini di performance e profitti e che i gruppi di lavoro “misti” sono addirittura più produttivi di quelli tutti maschili o tutti femminili. Sono poi le imprese che investono di più nelle donne, con un atteggiamento non discriminatorio, quelle che hanno successo. Le imprese che non operano discriminazioni sono più efficienti e più competitive nel lungo periodo delle imprese che hanno dei pregiudizi nei confronti di certe categorie di lavoratori.

Il potere decisionale delle donne, per quanto riguarda i consumi, è decisamente superiore a quello maschile e le donne prendono oggi circa l’80% delle decisioni in merito all’acquisto dei beni di consumo.

Per adattarsi ai cambiamenti degli andamenti di consumo, le aziende hanno una crescente necessità di integrare le donne nei loro processi decisionali. Come possono oggi le imprese operare in un modo sempre più multiculturale ed eterogeneo senza modificare la natura e struttura dei propri gruppi al vertice?

Comitati esecutivi e consigli di amministrazione, formati esclusivamente da uomini fra i 50 e i 65 anni, con un background sociale e un capitale umano troppo omogeneo, non hanno certo gli strumenti necessari per gestire la diversità e la complessità culturale del nostro tempo. Come si può credere che si stiano usando effettivamente criteri meritocratici per assumere i talenti migliori quando l’80% o più di coloro che vengono promossi alle posizioni più alte sono uomini? Ma come si può cambiare tutto questo se la nostra classe politica è tra le più vecchie e prevalentemente maschile di tutta Europa?

Inoltre, con l’ingresso nel mondo del lavoro, le donne si confrontano con un mondo prevalentemente maschile, in cui i loro talenti sono sistematicamente sottovalutati. L’approccio femminile al lavoro, collegato al ruolo di cura che tradizionalmente la donna ha avuto nella famiglia, è un approccio meno competitivo e più collaborativo, meno aggressivo e più teso al consenso, meno ossessionato dal potere e più orientato al gruppo.

Certamente, l’ascesa delle donne alle posizioni di vertice aiuterebbe a compiere quei cambiamenti necessari per aumentare e dare valore alla forza lavoro femminile.

Nel campo economico, l’Italia è trentesima per numero di donne presenti nei consigli di amministrazione, anche se avere più donne nei consigli di amministrazione porta a un minor rischio di impresa. Una maggioranza di donne nel Board diminuisce la probabilità dell’impresa di entrare in crisi e, addirittura, di chiudere i battenti.

Le donne italiane hanno fatto importanti passi in avanti nel campo dell’Istruzione, raggiungendo e superando gli uomini per livello medio di istruzione e risultati scolastici. E’ una rivoluzione quasi compiuta, perchè forti differenze di genere permangono nella scelta della facoltà universitaria, con le ragazze che si autosegregano nelle facoltà umanistiche, meno remunerative nel mercato del lavoro.

Valorizzare le donne vuol dire promuovere lo sviluppo economico e il benessere delle famiglie. E allora rimane da dire cosa può essere fatto per sostenere e aumentare il lavoro femminile nello specifico contesto italiano, siciliano e palermitano. È ovvio che se da una parte occorrono politiche, che stimolino l’offerta di lavoro da parte delle donne, dall’altra sono necessarie politiche che incentivino la domanda del lavoro femminile, e in questa direzione la classe politica deve impegnarsi.

Per queste finalità abbiamo partecipato, alla vigilia del Primo maggio, con il CIF e Rappresentanze associative femminili ,all’incontro su Famiglia e Lavoro, proposto dalla Presidente del  CIF di Palermo, Santina Plano, al quale hanno partecipato, tra gli altri,con il prof.Vera Zamagni, autore con Stefano Zamagni del volume “Famiglia e Lavoro,opposizione o armonia“, mons. Giuseppe Randazzo, consulente regionale del CIF, Roberto Clementini, segretario nazionale  della Federazione delle Confraternite laicali, Antonella Russo, presidente del Centro regionale per la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni, Maria Rita Picone, consigliera di parità della provincia regionale di Palermo, l’0n.Ferdinando Russo, consigliere nazionale del MCL e già vice presidente nazionale delle ACLI, la presidente provinciale  dell’UCAI, prof Fulvia Reyes, il rappresentante del Forum delle Associazioni dr.Angelo Gallo, la prof Beatrice Ferro Mansueto, presidente comunale CIF Palermo.

 

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