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Tra speranze, delusione e rabbia: i tagli alla scuola visti dagli studenti

“Quando mi sono iscritto in questa scuola sapevo che mi avrebbe aiutato ad acquistare i libri di testo, che le tasse scolastiche erano abbordabili, che per venire a scuola dal mio paese il Comune avrebbe pagato il prezzo del trasporto giornaliero. Ero convinto che, se avessi studiato molto, avrei ottenuto una borsa di studio per aiutare mio padre, cassintegrato da 3 anni, a comprare i libri che la scuola non poteva prestarmi. Ero convinto che con tutte le ore di lezione (allora erano 36) e le ore di laboratorio (che erano prima molte di più) sarei diventato un bravo elettrotecnico e dopo il diploma avrei trovato subito un lavoro. Ma studiare mi piaceva tanto e pensavo anche di andare all’università. Tra i miei progetti c’era quello di diventare un ingegnere elettrotecnico e di mettere su una bella azienda di pannelli fotovoltaici.

Purtroppo non è più così: le ore di lezione sono diventate 32, quelle di laboratorio ancora meno; la scuola da quest’anno si è vista costretta ad aumentare  le tasse perché, con i soldi che manda lo Stato e la Regione siciliana, che sono sempre di meno, non si riesce più a fare tanto. Inoltre quest’anno la scuola riuscirà a dare i libri solo a pochi alunni e  anche il contributo per le gite e gli stage è diminuito. Il mio Comune non può più pagarmi l’abbonamento per il trasporto giornaliero e da gennaio mio padre sarà licenziato. L’anno scorso mio fratello non si è potuto iscrivere all’università perché i  miei non possono permetterselo. Si è diplomato al Liceo scientifico con 97 e adesso fa il commesso in un negozio di cinesi.

I miei insegnanti mi incoraggiano a continuare a studiare, alcuni mi hanno dato i loro libri e mi stanno vicini come possono, ma anche per loro è dura: il mio professore di laboratorio fa 150 km al giorno per venire a scuola e per raggiungere le altre due che ha quest’anno. Mi ha detto che gran parte dei soldi li lascia alla pompa di benzina e dal meccanico!  Io, che sono in quarta, penso che farò la stessa fine oppure andrò a lavorare a nero presso qualche elettricista!”

È una delle testimonianze più toccanti tra quelle che sono venute fuori dalle assemblee che i giovani dell’ITIS Majorana di Piazza Armerina  hanno tenuto lunedì e martedì dopo la manifestazione di sabato 24 novembre. A conclusione dei due giorni hanno stilato un documento che hanno inviato alle autorità competenti e  che, spero, vogliano anche far conoscere alle loro famiglie, per dimostrare che, nonostante le apparenze, si rendono conto pienamente dei problemi che attanagliano la famiglia e la società e che  spesso si chiudono nel  guscio dell’indifferenza, della solitudine, dell’aggressività per sfuggire alla frustrazione e al disagio con cui vivono il loro presente, quel presente che una volta si presentava come l’alba di un giorno radioso e  che oggi  invece tutti ci affrettiamo a prospettare senza futuro, o meglio come un futuro incerto e povero di mezzi e di occasioni. Chiusa questa premessa preferisco far continuare a parlare loro attingendo al loro documento.

“Gli studenti dell’I.I.S. Maiorana di Piazza Armerina, a seguito dei tagli previsti dalla Legge finanziaria 2012 (Spending review) che ancora una volta penalizzano la scuola pubblica, dopo avere partecipato ad una manifestazione cittadina, che si è tenuta il 24 novembre 2012,  hanno programmato per i giorni 26 e 27 novembre una serie di assemblee a scuola, alla presenza dei docenti dell’ora, nell’ambito dell’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione. Gli studenti maggiorenni hanno programmato una serie di attività informative rivolte agli alunni del biennio, delle terze e quarte classi del triennio, mentre gli studenti delle quinte classi si sono organizzati per approfondire gli argomenti  e poi, distribuiti nelle varie classi, hanno parlato a lungo  con gli altri alunni, specie i più piccoli,  sulle questioni relative alla situazione attuale della scuola italiana, sulle materie di studio, su argomenti liberamente proposti dagli alunni stessi. Hanno portato nelle classi documenti scaricati da Internet, libri e giornali, li hanno letti insieme e ne hanno parlato a lungo. Dalle discussioni fatte sono venute fuori tante proposte che i ragazzi hanno documentato attraverso temi, relazioni e altro. Dalla loro lettura si evincono le speranze che animano i giovani, le loro aspettative ma anche un senso di delusa frustrazione e di rassegnato pessimismo circa le possibilità che la situazioni migliori.”

Quali sono le speranze e le richieste che avanzano questi ragazzi? Non sogni e utopie ma solo rassicurazioni sulla possibilità di vivere una vita serena e non all’insegna della precarietà. “Scrive Simone: Una scuola adeguata, senza buchi nelle pareti e bagni nuovi, come ho visto nella scuola di mio cugino in Germania. Una buona preparazione, molte ore a scuola e molte attività. La mensa scolastica, trasporti gratuiti e anche libri gratuiti. Un buon lavoro o andare nell’università che più é adatta a me, senza fare vendere la casa ai miei genitori (tutti e due insegnanti-pendolari). Una famiglia, in futuro, e tanta tranquillità-.  E Angelo: Io non voglio diventare ricchissimo, voglio studiare e diventare bravo e avere un buon lavoro e un buon futuro”.

C’è rabbia contro i politici che “ora che stiamo tutti peggio di prima, non tagliano nulla ai loro stipendi e alle loro pensioni”; c’è rabbia contro il ministro “”che ci scrive le lettere ma non va in giro per le scuole d’Italia a vedere come siamo combinati”; c’è rabbia contro i corrotti “ che stanno lì a rubare, come gli avvoltoi, ad un popolo allo stremo delle sue forze”.

Faticano gli insegnanti, che nelle classi sono presenti a supportare nelle spiegazioni gli alunni più grandi, a volgere in positivo le amare riflessioni dei ragazzi, a tentare di spiegare che”è vero che siamo in difficoltà, ma che la crisi è destinata a passare, che si tratta di una crisi ciclica ma che devono avere fiducia nel futuro, anzi che loro stessi sono il futuro e che loro, da insegnanti e genitori, faranno di tutto per aiutarli a superare questo momento”. “In una seconda classe un alunno interrompe il compagno di quinta impegnato a leggere i dettagli della Legge finanziaria, alza la mano alla parola futuro, ha gli occhi un po’ lucidi, ma con voce chiara  dice: “Io la settimana prossima non vengo più a scuola, partiamo per la Svezia, dove abbiamo dei parenti, per cercare lavoro per i miei genitori. Lo so, dobbiamo lottare per il futuro, intanto il mio presente non sarà più nella mia terra”.

 

Franca Ciantia

 

 

 

 

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