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Una vita per Enna. Amore e passione di Emanuele Fonte giornalista

Una vita per Enna. Amore e passione di Emanuele Fonte giornalista
Dedicato a un piccolo grande uomo; un cronista d’altri tempi; un giornalista attaccato in modo quasi spasmodico al suo lavoro; una persona gelosa dei suoi tre simboli: la macchina per scrivere, la sigaretta e l’automobile; «’U zè Manueli» di tutti.
E’ trascorso quasi un anno da quando papa Emanuele ci ha lasciati, eppure la sua presenza è ancora forte e tangibile non solo all’interno della mia famiglia, che è ancora sgomenta per la sua morte improvvisa, ma anche, ne sono certa, nel cuore degli ennesi che lo avevano conosciuto e per questo lo stimavano e rispettavano. In questi mesi appena trascorsi, ho potuto constatare quanto il caro e indimenticato papa Emanuele fosse amato dalla gente: tante le manifestazioni di affetto, tante le telefonate di rammarico da tutti coloro che lo conoscevano e lo apprezzavano, tanti i gustosi aneddoti raccontati dagli amici più cari e qualche volta sconosciuti anche a noi famigliari; non era solo il suo indefesso e smisurato attaccamento al lavoro che lo rendeva vicino a tutti, no, c’era qualcosa di più, quel «Quid» che solo alcuni uomini hanno per dono di natura: la passione anzi “l’adorazione” per il suo lavoro, la disponibilità assoluta verso tutti, il rispetto nei confronti di quanti lo avvicinavano, la correttezza e l’onestà professionali che gli impedivano di pubblicare una benché minima notizia senza averla prima verificata di persona, la scrupolosità e il puntiglio con cui elaborava i suoi pezzi, rigorosamente scritti a macchina con la sua vecchia e cara “Lettera 23” nelle storielle “veline”.
Tanti sinceri e accorati ricordi sono apparsi sui giornali nei giorni seguenti alla sua morte e da ogni articolo traspariva compianto autentico per questo «Umile cronista di provincia», come è stato detto, che ogni mattina, nonostante i suoi quasi ottantaquattro anni, instancabilmente con il sole o con la pioggia, a bordo della sua inseparabile compagna di avventure, la famosa “128” bianca, si procurava le notizie facendo il giro di ospedale, Questura, Tribunale, Comune e quant’altro.
La cittadinanza leggeva il giorno seguente il resoconto fedele e minuzioso di quanto era accaduto il giorno prima ad Enna, sia per ciò che riguardava la cronaca bianca che quella nera, la politica, le notizie giudiziarie… Era solito dire: “Ho visto più morti ammazzati io che il medico legale del locale ospedale”.
Tanti hanno affermato che aveva un carattere burbero,
Emanuele Fonte aveva un grande sogno irrealizzato: che almeno una delle fìglie continuasse il lavoro e ne ereditasse il suo enorme bagaglio di conoscenze ed esperienze. Purtroppo questo suo desiderio non si è avverato, ma c’è da dire che come Emanuele Fonte ce n’era solo uno: sé stesso e nessuno avrebbe potuto eguagliarlo.
Con questo parole ho voluto ricordare l’aspetto pubblico e professionale di «zio Emanuele» e cercare di spiegare perché la sua presenza è ancora viva e forte in quanti lo conoscevano; l’aspetto intimo, privato e personale rimane e rimarrà sempre nel mio cuore. La sua amata famiglia: la moglie Cesarina e noi fìglie, Francesca e Rosalba, insieme al lavoro per il giornale «La Sicilia», erano la sua grande ed incommensurabile passione.

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