Quante parole sulle ragioni che inducono questi screanzati a imbarcarsi. Ragionamenti a priori, a posteriori, a prescindere o come altro vi pare. Al fine di ben comprendere cosa motiva la gente a salire su un gommone rischiando di crepare riporto di seguito due storie.
Omar di Frederick Helbert da Beirut.
“Benvenuto nel regno delle sofferenze misteriose, dell’orrore chimico e di chissà cos’altro ancora” dice il dottor Ghazi Aswad, chirurgo francese di origine siriana. Il dottor Aswad opera nell’ambulatorio che si chiama 24/24 di Tripoli nel Libano e mostra ai giornalisti Omar “il bambino mummia”. Omar tredici anni è uno dei sopravvissuti alle bombe misteriose di Assad quelle lanciate qualche mese fa su Homs. Omar ha il corpo interamente fasciato e parla stentatamente “era una bomba diversa dalle altre faceva un fumo giallo e denso”. In quel bombardamento Omar ha perso entrambi i genitori, morti soffocati ma senza nessuna ferita. Neanche Omar allora fu ferito, due giorno dopo però sul suo corpo cominciarono a comparire pustole virulente, ustioni e vesciche che lo hanno sfigurato. Poi sono sopraggiunti problemi di equilibrio, perdita di memoria e dolori muscolari. A Homs per Omar non si sarebbe potuto far niente così i medici lo hanno clandestinamente trasferito in Libano dove ogni giorno viene sbendato e ribendato in attesa di un miracolo.
Mohamad di Frederick Helbert da Beirut
Mahmoud El Sayed, membro del consiglio d’amministrazione del “Soccorso medico islamico” gestisce svariate decine di ambulatori in tutto il Libano e parlando con i giornalisti va subito al punto:”vittime di gas tossici” e nel dirlo mostra decine e decine di cartelle cliniche. Fra queste sceglie quella di Mohamad un bambino di un anno e mezzo. Mohamad presentava al momento del ricovero ustione di secondo grado sul 40% del corpo e gravi crisi respiratorie. Mohamad venne immediatamente soccorso e da allora è tenuto costantemente sotto flebolisi. Sua madre Nola lo accudisce e lo copre con una coltre di coperte rattoppate e sfilacciate. Nola veglia il figlio minutamente e non nasconde il fatto che il padre del bambino è sul fronte siriano, sempre che sia ancora vivo. Il dottor El Sayed confida ai giornalisti che Mohamad verrà dimesso fra qualche giorno per far posto ad altri pazienti: “mancano i lettini, mancano le bende che poi sono pezze manca tutto” e questo è uno scandalo.
Settanta mila a oggi sono i morti in un paese che conta ventitre milioni di abitanti. Un milione di profughi riparati all’estero e decine di migliaia di carcerati. Questo è il bilancio della guerra che dura da due anni in Siria, cominciò il 15 marzo del 2011. Questa è solo una delle tante che contribuisce alla catastrofe umanitaria e a quell’esodo che tanto ci disturba mentre ceniamo col televisore acceso e che ostinatamente fa la conta dei morti nel mediterraneo. Solo una delle tante.
Gabriella Grasso.