Per anni ci si è riempiti la bocca con un termine chic che suonava di esterofilia. Si è legiferato, conferendo maggior credito a questa parolina ormai alla portata di tutti.
Chi non ha mai fatto i conti con la privacy? Persino le massaie hanno imparato a rapportarsi con questa nuova dimensione, privata e personle, di cui prima non avevano mai sentito l’esigenza. Al supermarcato compilano form completi di dati personali, per ricevere la carta fedeltà che consenta loro di avere accesso ad offerte e promozioni. Da quel momento ecco schedate anche le massaie, innocue e, in certi casi, persino fuori dal giro dei social.
Nell’era tecnologica, dove tutto è alla portata di tutti, non esiste una privacy nel senso stretto del termine. Firmare il consenso sul trattamento dei dati non vuol dire essere al sicuro e aver messo la propria vita al riparo da occhi indiscreti.
Siamo schedati, controllati, spiati, ma non ce ne accorgiamo.
Il Grande Fratello è diventato metafora di vita. Attraverso schede magnetiche, iscrizioni a siti, socialnetwork, bancomat e telecamere dislocate in varie parti delle nostre città, diventa possibile ricostruire la vita di ognuno e conoscerne gusti, preferenze, abitudini.
Il Datagate di cui veniamo a conoscenza in questi giorni ci avvisa. Nemmeno la cancelliera di ferro, Angela Merkel, sfugge all’orecchio degli spioni. In questo caso bisognerebbe porsi tante domande sul ruolo egocentrico che gli USA occupano nel mondo. Una volta si spiava il nemico. Oggi imbarazza e infastidisce questa mancanza di lealtà tra alleati.
A prescindere dai giochi di potere tra Stati, il tema della privacy ci riguarda tutti e ci rende vulnerabili. La nostra vita è ormai alla portata di tutti, ma guai a violare la privacy.
Valentina La Ferrera
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