A Roma ieri si è tolto la vita un giovane omosessuale. La dichiarazione di preferenza sessuale non è in questo caso pleonastica giacchè il ventunenne per questa ragione si è suicidato. Il giovane romano, come altri due tempo prima, ha salutato la società omofoba con l’invito a fare i conti con la propria coscienza. Ma quale coscienza? Verrebbe da chiedersi. Quale società? Quale possibilità di emancipazione? Viviamo in un Paese affetto da ipocrisia congenita e incurabile. Abitiamo un Paese che sorride compiaciuto per le esortazioni papaline alla buona creanza, ma dianzi all’altrui disagio ci irritiamo. L’omologazione dei costumi non lascia spazio al sentire profondo e il così fan tutti è un dettame incontestabile. Il gruppo che è la società trova forza dal diverso che osa palesarsi. Il canone impone corpi scolpiti e menti vuote, così è se vi pare predicava il siculo girgentino e così deve essere se si vuole integrarsi in un mondo che troppi diritti nega alla persona. Ammazzarsi perché soprafatti dall’altrui incapacità ad accettare i non allineati, dichiararsi sconfitti dal trionfo degli stereotipi e dell’ignoranza: questa è la società salutata da Simone. Quante sfilate per Simone e per tutte le vittime dell’ostracismo sociale si faranno? Quante litanie si leveranno al cielo per la solitudine intollerabile di un giovane che non riesce a vedere un futuro possibile? Potremmo organizzare una fiaccolata a tarda ora e in una traversa, così non ci vedrebbero gli amici con i quali ridiamo delle battute omofobe. L’omofobia rimarrà e trionferà ancora una volta! Tranquillizziamoci mediocri borghesi, Berlusconi continuerà a dirsi un martire della bellezza femminile e i finocchi verranno ritenuti pericolosi e devianti. Fin tanto che la legge tacerà e gli altri resteranno invisibili, inesistenti, marchiabili e relegabili in localini ambigui, fin tanto che chiunque potrà schifare chi vuol vivere in armonia con se stesso, Simone sarà uno sconfitto e solo nella morte potrà trovare il giorno perfetto.
Gabriella Grasso.
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