“Mettiti la giacca nuova che c’è la televisione” “la televisione! La televisione!” “Fai la seria e non ridere che ti stanno riprendendo” “guarda la telecamera e non la gente che della gente a te non ti deve importare niente, a te ti deve interessare solo il Pubblico”. Passi veloci, gesti concitati, sguardi lontani persi nel nero del grande occhio mediatico. Così si fa la notizia, così si entra nelle case, così si esiste. La televisione: il totem dei nostri salotti, l’altare su cui sacrifichiamo conversazioni e emozioni. Ridi se Lui ti dice di ridere, piangi se Lui ti induce al pianto, pensi e parli come Lui vuole. A ogni suo ordine il pubblico risponde fedele e coeso. I modelli mutano col mutar dei tempi, le sfumature si definiscono sempre più nettamente e l’abiura si compie. La realtà è negata, l’omologazione è compiuta, il mercato ha trionfato e con lui il suo vate catodico: Ecce homo. L’uomo nuovo, l’uomo televisivo, quello che consuma e che pensa in modo consumistico, quello che prezza ogni cosa, quello che agisce con e per Lui: il televisore. Unico e incontrastato dio. La promessa della felicità non è lontana è qui e ora, il comandamento è uno solo: consuma e taci e per il resto chi se ne frega. I matrimoni si annunciano e si rompono in televisione, i funerali si celebrano in televisione sennò sei solo un poveraccio sfigato e triste che nessuno si fila. Ignoti contadini assurgono allo status di zii, mostruose megere cantano inni e vecchie cariatidi ballano al ritmo forsennato delle musichette pubblicitarie. Caricature, ecco cosa siamo diventati. Preda di ansie e nevrosi collettive, discepoli ignoranti al seguito di maestri del nulla. Ammirati genitori di bimbi neomelodici vestiti da bambolotti decelebrati. Partorienti truccate e per nulla sudate in armonia col tempo dello schermo: “ Spingi…spingi ora! Sennò ci parte la pubblicità” “Rimettilo dentro che non si è visto bene quando è uscito. Sto bambino non mi tiene i tempi televisivi. Sarà un fallito di sicuro” “Cammina dritta e non ti ingobbire sennò la televisione non ti vuole, a mamma. Bagnati le labbra sennò non mi sei per niente sensuale. Avanti su… che appena nasce sto figlio lo mettiamo a fare il carosello dei pannolini o dei vasini o dei tronisti all’asilo. Bello com’è! Cretino lo sarà per forza, con i nonni paterni che si ritrova! Meglio a mammuzza che così aspettative non ne ha e tu te lo gestisci come manager al 50%”. Animali rosa e tondi che grugniscono allegramente sguazzando nel fango e parlando di crisi globali, tate scrupolose che ci dicono come abbracciare e rimproverare questi figli capricciosi e volubili, cibi cotti e mangiati a tutte l’ore, applausi e fischi guidati, dibattiti preconfezionati e ricordi inventati per il giornalista di turno che chiede, screanzato: “ma nell’intimità come era la povera donna, morta?” “Ridi, ridi che lo ha detto la televisione” “ balla come ti dice di ballare l’omino dietro le quinte e non salutare con la manina sventolata di qua e di la perché sennò ti tagliano”. Lo ha comandato la televisione. Ci si sganascia dal ridere per le battute demenziali, buone per la comunità dei telezombie e per essere riproposte ai caffè mattutini, come mantra liberatori. Il televisore crea e distrugge ora eroi ora mostri, lo ha creato la televisione l’orco dello scantinato che di professione faceva il disturbatore televisivo… E ancora ci chiediamo se possa dirsi del tutto realizzata la previsione pasoliniana di una quotidianità di plastica, fatta solo per impressionare… e allora procuriamoci sempre nuove disgrazie, tragedie, eventi e personaggi che così solo la televisione si accorgerà di noi… ma se lo mando a Crozza me lo legge sto pezzo? No! Biii! Allora lo cambio…
Gabriella Grasso