sabato , Gennaio 18 2025

FU VERA GLORIA ?

kennedyScrivo nelle stesse ore di cinquanta anni fa durante le quali appresi in macchina viaggiando da Agrigento ad Enna dello attentato mortale a danno di John Fitzgerald Kennedy, 35°Presidente degli Stati Uniti d’America,il 22 di novembre del 1963.
Ero con il Prof.Carlo Maria Jaccarino, ex consigliere economico della Presidenza della Repubblica, ed a quel momento Governatore di uno dei distretti Italiani di Lions Clubs International del quale, un anno prima, avevo con altri amici fondato un Lions Club ad Enna, e che egli veniva a visitare ufficialmente con una riunione organizzata nel Motel Agip di bivio Misericordia allora molto “in”.
Passata l’incredulità del primo momento ci si pose il problema se dare vita alla serata alla quale erano stati invitate le autorità locali e fu subito deciso, per lo evolvere degli avvenimenti, di riunirci solo tra noi non dando alcun senso di festosa celebrazione causa di ciò che a Dallas alle 12,30 era avvenuto con l’uccisione di un uomo simbolo di una “nuova frontiera” e non solo per gli Usa. Nelle ore e nei giorni seguenti il mondo rimase appiccicato ai televisori in bianco e nero che mandavano in onda, con commenti in italiano, le immagini del delitto e poi dell’assassinio dello attentatore Oswald Lee e poi ancora la morte del ”vendicatore” come venne chiamato Jack Ruby proprietario di un Night Club uccisore di Lee.
In tre giorni tutti gli attori del tragico evento erano passati a miglior vita e la commissione Warren che Jhonson succeduto a Kennedy nella presidenza aveva insediato, in mancanza di prove “al di la di ogni ragionevole dubbio” dovette concludere che Lee aveva agito da solo e che nessun complotto era stato alle spalle dello assassinio del Presidente.
Sono passati cinquanta anni e nel mondo si celebra l’evento che a detta di molti cambiò la vita degli Stati Uniti e non solo. Ed il mito di JFK rimane aleggiando nelle rievocazioni e nel fomentare il culto di una personalità che per il modo brutale ed assurdo con il quale concluse la sua giovane vita ha lasciato libera la immaginazione di tanti.
La revisione storica sulla personalità di Kennedy il cui fratelli Bob da lui nominato Procuratore Generale (ministro della giustizia) venne assassinato il 4 Giugno del 1968 mentre era in corsa per la presidenza, a Los Angeles, ha fatto piazza pulita di molti degli elementi componenti il mito. E il manzoniano “ai posteri l’ardua sentenza” spinge i “posteri” a dire che il povero JFK deve alla sua tragica fine la memoria indelebile del suo biennio presidenziale. Al netto di errori, incertezze, comportamenti incongrui ed inadeguati -privati e pubblici – non ultimo come venne eletto (una manciata di voti da Nixon) e da chi sponsorizzato e votato( Frank Sinatra ed il cerchio magico della mala di Las Vegas e di Chicago), l’avere il padre ricchissimo ex ambasciatore Usa in Inghilterra, profuso milioni di dollari acquistando e corrompendo pur di avere voti per il figlio. E poi “la baia dei porci” immaginata d Eisenhower ma da lui approvata, la crisi per i missili – mai arrivati – dell’URSS a Cuba e l’avere portato il mondo sull’orlo di una guerra nucleare senza valutarne le conseguenze. Ne tutte a suo merito vanno le varie leggi sulla integrazione razziale, e sul wellfare che erano state proposte da Johnson che pur non cattolico ne giovane come lui era stato la mente del ticket presidenziale che sconfisse i repubblicani nel 1960.
Al netto di tutto ciò rimane certo il senso del “camelot” termine usato per riferirsi al periodo kennediano considerato come un’epoca idilliaca bruscamente interrotta dall’assassinio e paragonato alla caduta del re Artù, il discorso di Berlino che mandò in estasi il mondo (ma anche l’irrigidimento determinato in Khrushchev che aveva portato ad erigere il “muro”), l’eleganza – anche della moglie – nel tratto e nello stile e l’avere fatto sognare gli americani che in lui videro – ed alcuni continuano – una vera “nuova frontiera” e politica e di risveglio sociale. Non certo morale, aspetto del quale gli americani non si interessarono più di tanto.
“Dulce ed decorum est pro patria mori”. In verità non morì combattendo ma – e lo appresi fin dalla mia prima visita a Dallas e poi a Los Angeles – e lui e poi suo fratello morirono per non avere mantenute promesse fatte ad una parte dei loro elettori: gente che non perdona ne in America ne in Sicilia. Warren disse nessun complotto. Penso alludesse a quello politico od internazionale: giusto. Di altre tipologie non si occupò. Non era stata ancora creata “l’antimafia”.
Ma ricordarlo per quello che forse mai avrebbe fatto ma che ognuno immaginava, è bello.
Il tempo lava ogni abito e tutto ritorna candido. A volte anche per i posteri


Pino Grimaldi

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