Chi da gallina nasce – convien che razzoli
Francesco Antonio Fasani, chiamato dai lucerini familiarmente “Padre Maestro”, nacque a Lucera, il 6 agosto 1681, da umili e modesti lavoratori : Giuseppe Fasani e Isabella Della Monica. Battezzato il 10 agosto con i nomi di Donato Antonio Giovanni Nicolò, era chiamato da tutti, familiarmente, “Giovanniello”. Quando era ancora piccolo, il padre morì e sua madre Isabella, fu costretta a risposarsi con Francesco Farinacci, anch’egli un buon cristiano come il defunto Giuseppe. Giovanniello entrò molto giovane nell’Ordine di S. Francesco, tra i Minori Conventuali del convento di Lucera e vi rifulse per innocenza di vita, spirito di penitenza e povertà, ardore serafico e zelo apostolico, sì da sembrare un “S. Francesco Redivivo”. Il 23 agosto 1695 entrò nel noviziato dei Frati Minori Conventuali di Monte S. Angelo, prese il nome di Francesco Antonio e il 23 agosto 1696 vi emise la professione solenne. Il giovane frate Francesco Antonio completò gli studi umanistici e frequentò i corsi filosofici nei seminari della sua Provincia religiosa. Successivamente iniziò i corsi di teologia nello Studio di Agnone, lì proseguì nello Studio Generale di Assisi presso la Tomba di S. Francesco, dove ricevette l’ordinazione sacerdotale l’11 settembre 1705; e sempre in Assisi frequentò pure il corso teologico accademico fino al 1707. Il tirocinio degli studi, espletato con impegno e con vivo desiderio di assimilare il valore salvifico dei misteri della fede, lo resero “profondo in filosofia e dotto in teologia”, come attesterà ai Processi Canonici Antonio Lucci, Vescovo di Bovino, che era stato suo condiscepolo ed emulo nell’esercizio delle virtù religiose. Nel contempo attraverso una intensa formazione spirituale, coadiuvata da illuminati maestri di spirito, progrediva nella vita di unione con Dio configurandosi al Signore nella consacrazione religiosa e nel carisma sacerdotale. Dal 1707 fino alla morte, per trentacinque anni continui, visse a Lucera rendendo splendida testimonianza di vita evangelica e di zelante ministero pastorale: per questo ammirato dai fedeli di Lucera, di tutta la Daunia e del Molise. Nell’ambito del suo Ordine Francescano ricoprì uffici di particolare responsabilità. Valente lettore di filosofia scolastica e stimato maestro dei giovani novizi e professi, diede notevole impulso alla formazione spirituale e dottrinale dei confratelli. Nel 1709 conseguì la laurea in teologia, e da allora il Padre Fasani venne comunemente chiamato con l’appellativo di “Padre Maestro”, titolo che ancora oggi gli viene attribuito a Lucera. Esercitò con carità e saggezza gli uffici di superiore locale e provinciale dimostrandosi efficace animatore della vita religiosa dei confratelli. Scrisse alcune operette predicabili, tra cui un Quaresimale, un Mariale, una esposizione al Pater e al Magnificat, e vari Sermoni di cui alcuni in lingua latina. Suo principale intendimento nel predicare era quello di “farsi capire da tutti”, come nella sua modestia era solito dire; la sua catechesi, tipicamente francescana, era rivolta di preferenza all’umile popolo verso cui si sentiva particolarmente attratto. Inesauribile fu la sua carità verso i poveri e sofferenti; fra le varie iniziative, promosse la simpatica usanza di raccogliere e distribuire pacchi-dono ai poveri in occasione del S. Natale. Ma il suo zelo e la sua carità sacerdotale rifulsero in modo singolarissimo nell’assistenza ai carcerati e ai condannati che accompagnava personalmente fino al luogo del supplizio per confortarne gli estremi momenti. Fu devotissimo dell’Immacolata Concezione: alle anime che egli dirigeva era solito inculcare gli atti di ossequio alla Madonna e la meditazione delle sue virtù. Anche oggi è oggetto di particolare venerazione, nella chiesa di S. Francesco, la bella statua dell’Immacolata che fece venire da Napoli; il popolo canta tuttora la canzone mariana da lui composta. Morì a Lucera il 29 novembre 1742, il primo giorno della novena dell’Immacolata. Dopo la morte, per oltre due secoli, continuò a rimanere nell’ombra, conosciuto ed amato solo dai suoi compaesani che godevano, di generazione in generazione, del suo aiuto e della sua potente protezione. Fu beatificato dal Venerabile Pio XII (Eugenio Pacelli, 1939-1958) il 15 aprile 1951. Il 13 aprile 1986, all’interno della Basilica di S. Pietro, il Servo di Dio Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) dichiarò santo Francesco Antonio Fasani. Dopo un anno dalla canonizzazione, il 25 maggio 1987, Papa Giovanni Paolo II si recò in pellegrinaggio in Puglia e si fermò a Lucera per venerare il corpo del “Padre Maestro”. Dal 2001, la vecchia Chiesa di S. Francesco è divenuta il Santuario di S. Francesco Antonio Fasani, dove ogni anno migliaia di devoti si recano ai piedi dell’altare ad onorare il “Padre Maestro”.
Significato del nome Francesco: “uomo libero” (antico tedesco).
Significato del nome Antonio: “nato prima” o “che fa fronte ai suoi avversari” (greco).
Preghiera al “Padre Maestro”
O San Francesco Antonio Fasani, tu che sei stato l’innamorato della Vergine Immacolata, insegnaci a guardare con occhio puro e casto le bellezze del creato, a conformare la nostra vita alla tua per piacere al Padre celeste e alla Madre di Gesù e Madre nostra.
Tu amico di ogni uomo e soprattutto dei più miseri e bisognosi, fa che anche noi sappiamo vedere nel volto di ogni fratello il Cristo umile, povero e amico di tutti.
In un mondo lacerato da rancori, guerre e divisioni di ogni genere, insegnaci ad essere testimoni e messaggeri di pace, gioia e bene. Amen!
Pater, Ave e Gloria.
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Beato Vincenzo Romano, Sacerdote
La data di culto per la Chiesa universale è il 20 dicembre, mentre in Campania, di cui è Patrono Celeste del Clero Diocesano, viene commemorato il 29 novembre (inizio della novena dell’Immacolata). Vincenzo Romano nacque il 3 giugno 1751 a Torre del Greco, alle falde del Vesuvio, celebre per la sviluppatissima arte del corallo.
I genitori, Nicola Romano e Grazia Rivieccio, di famiglia modesta, abitavano a Via Piscopia, in uno dei rioni più popolosi e vivaci della città. Trascorse i primi anni della sua vita in un clima familiare assai religioso ed ebbe come primo maestro ed educatore don Agostino Scognamiglio, pio e dotto sacerdote torrese. All’età di 14 anni fu ammesso al Seminario Diocesano di Napoli, dove poté giovarsi della guida di uomini di cultura e di santità, dei consigli di Mariano Arciero, suo Padre Spirituale, e degli insegnamenti di S. Alfonso Maria de’ Liguori. Ordinato sacerdote il 10 giugno 1775, svolse il suo apostolato per 20 anni nella natia Torre del Greco, dedicandosi a tutte le attività religiose e sociali che questo popoloso paese, posto all’estremo confine della Diocesi napoletana, richiedeva; era tanto il suo zelo che meritò l’appellativo di “celebre faticatore”. Assistette, in particolare, i tanti marinai torresi che navigavano per il mondo e le loro famiglie sempre in trepida attesa del loro ritorno non sempre certo. Il “ministero della parola” ed il “Vangelo della carità” sono le basi della sua attività pastorale; aveva una predicazione fluente, non ampollosa, facile a capirsi e i fedeli accorrevano ma soprattutto seguivano e mettevano in pratica ciò che ascoltavano. La generosa gente di Torre del Greco ha sempre risposto positivamente alle sollecitazioni dei loro parroci, oggi come allora, ed è stata sempre un serbatoio continuo di vocazioni sacerdotali. Sollecitò la recita del S. Rosario serale, scrisse un libretto per poter seguire meglio la celebrazione della Santa Messa. Tiene scuola per i bambini, divisi in classi, nella sua casa. Si fa mediatore dei contrasti sorti fra gli armatori delle “coralline” ed i marinai che affrontano i rischi e la fatica della pesca del corallo. Gira con infaticabile zelo a sorprendere covi di delinquenti per smorzare i loro loschi intenti malavitosi. La terribile eruzione del Vesuvio del 15 giugno 1794, che distrusse quasi completamente la città e la chiesa parrocchiale, mise in luce la sua fibra apostolica. Egli si dedicò subito alla difficile opera di ricostruzione materiale e spirituale della città e della chiesa, che volle riedificare più grande e maestosa. Dal 1796 al 1831 resse, prima come Economo Curato e poi dal 28 dicembre 1799 come Preposito, la Parrocchia di S. Croce in Torre del Greco, che comprendeva allora l’intera città di Torre del Greco, la più popolata del territorio di Napoli. Ebbe la soddisfazione di vedere ultimata nel 1827, la costruzione della maestosa basilica di Santa Croce (progetto dell’architetto Ignazio Di Nardo), che ha ricevuto la visita del Beato Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti, 1846-1878) nel 1849 e del Servo di Dio Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) nel 1990. Morì il 20 dicembre 1831 dopo una lunga e penosa malattia, lasciando ai suoi sacerdoti come testamento spirituale l’impegno a vivere la carità fraterna. Papa Leone XIII (Gioacchino Pecci, 1878-1903), il 25 marzo 1895, dichiarava eroiche le virtù di Vincenzo Romano e il Servo di Dio Paolo VI (Giovanni Battista Montini, 1963-1978), il 17 novembre 1963, lo proclamava Beato, additandolo al Clero e specialmente ai Parroci, quale modello di vita apostolica. Nel 1965 i Vescovi della Campania lo proclamarono patrono celeste del Clero diocesano. Dal 1970 è aperto il Processo di Canonizzazione, e si è in attesa di un miracolo da parte del Signore per l’intercessione del Beato Vincenzo Romano. Le spoglie mortali sono custodite, in un’artistica urna bronzea, realizzata da Antonio Mennella nel 1963, nella Basilica Pontificia di Santa Croce dove, l’11 novembre 1990, si è recato a venerarlo Papa Giovanni Paolo II, durante la sua visita pastorale alla Chiesa di Napoli, che si espresse in questi termini: «Il più illustre figlio di Torre del Greco è senza dubbio il Beato Vincenzo Romano. Egli ha lasciato un’eredità spirituale preziosa con l’esempio di una vita santa, del fervore sacerdotale e della totale dedizione che caratterizzarono gli oltre trent’ anni del suo ministero pastorale… Egli fu un precursore della carità sociale, così importante per la Chiesa di oggi, con l’assistenza spirituale e la tutela dei diritti dei pescatori di corallo, per i quali era celebre Torre del Greco. Durante i lunghi periodi di assenza degli uomini su mari lontani, il Beato riservava particolari cure alle loro famiglie. Ma Vincenzo Romano lavorò intensamente soprattutto per la formazione delle coscienze e per l’evangelizzazione… Alla gente del popolo propose il Vangelo nella sua semplicità ed autenticità, divenendo egli stesso testimone credibile e araldo della parola di Cristo con una vita povera, umile e, soprattutto, integralmente dedita al ministero…
Vi invito tutti a riprendere ancora oggi il suo programma pastorale, per inserirlo nelle moderne tensioni sociali con il suo stesso fervore e la sua medesima passione. »
Significato del nome Vincenzo: “che vince, destinato a vincere” (latino).
Oggi si celebrano anche:
B. MARIA MADDALENA DELL’INCARNAZIONE (Caterina Sordini), Vergine e fondatrice
S. Saturnino di Cartagine, Martire († 304)
S. Saturnino di Tolosa, Vescovo e martire († cc 250)
S. Filomeno di Ancyra, Martire († sec. III)
B. Edoardo Burden, Presbitero e martire in Inghilterra († 1588)
BB. Giorgio Errington, Guglielmo Gibson e Guglielmo Knight, Martiri († 1596)
BB. Dionigi della Natività Berthelot e Redento dalla Croce Rodriguez, Martiri († 1638)
B. Alfredo Simon Colomina (1877-1936), Presbitero S.J. e martire in Spagna
B. Bernardo Francisco de Hoyos (1711-1735), Sacerdote S.J.
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Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat.
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1923, Primi film in Technicolor. I dieci comandamenti di Cecil B. De Mille (1923), Il fantazma dell’opera (1925) e Il pirata nero con Douglas Fairbanks (1926) sono i primi film che contengono sequenze a colori realizzate con il sistema che si imporrà come quello decisivo per la cinematografia professionale
compleanni
1797 Gaetano Donizetti
1832 Louisa May Alcott
1932 Jacques Chirac
1933 David Ruben
proverbio
Una foglia secca spaventa una rea coscienza
accadde oggi
1825 per la prima volta viene rappresentata negli Stati Uniti un’opera italiana: va in scena “Il barbiere di Siviglia” di Gioacchino Rossini
1959 viene trasmessa in tv per la prima volta la cerimonia per l’assegnazione dei Grammy Awards, gli oscar della musica
1974 l’Assemblea Nazionale francese approva la legge sull’aborto
frase celebre
“L’odio è la catena più grave insieme e più abietta, con la quale l’uomo possa legarsi all’uomo”
Foscolo, Il gazzettino del bel mondo
consiglio
Le lenzuola
Le lenzuola stingono più facilmente al centro che ai bordi. Quando la differenza di colore diventa molto evidente, se sono tinta unita, potreste scegliere di scolorirle del tutto passandole in candeggina. Altrimenti lasciate i bordi in immersione in acqua bollente per riportare equilibrio nei colori.
cosa vuol dire
Chi la fa l’aspetti
Chi danneggia gli altri sarà ricambiato allo stesso modo
Favole, citazioni storiche e letterarie tramandano questa frase. Come nella favola di Fedro “La volpe e la cicogna”: una volpe invita a cena una cicogna e le offre un brodino. La cicogna col becco lungo non riesce a gustarlo, e ricambia l’invito offrendo alla volpe del cibo tritato in un’anfora dal collo lungo. E mentre la cicogna mangiava infilandovi il becco, la volpe si accontentò di leccarla
consiglio per terrazzo orto e giardino
Consiglio
Le piantine a radice nuda, estratte dal semenzaio o aquistate a mazzetti, richiedono particolari attenzioni nel trapianto. Con l’apposito “foraterra” si apre nel terreno uno spazio di dimensioni adeguate, si versa dell’acqua si attende che venga assorbita e infine si introducono le radici ben distese, che si ricoprono accuratamente con terriccio soffice, facendo attenzione a non lesionare e a riempire tutti i vuoti; al termine, si comprime delicatamente, assicurandosi che il fusticino sia in posizione verticale.