Tra la suocera e la nuora c’è il demonio che lavora
Nostra Signora di Guadalupe è principalmente venerata nel Santuario a Lei dedicato a Tepeyac, in Messico. In questo Santuario, ogni anno, affluiscono milioni di pellegrini ed è il più frequentato e amato non solo da parte del popolo messicano, ma anche da parte di tutti i popoli latinoamericani. Ma ormai non c’è parte del mondo cristiano che non conosca l’avvenimento che ha dato l’impulso decisivo all’evangelizzazione del “nuovo continente”. Santuari dedicati alla Madonna di Guadalupe si trovano anche in Italia, così come numerose cappelle in luoghi di culto, anche celebri, come il Santuario mariano di Loreto. Le quattro apparizioni della “Virgen Morena” all’indio Juan Diego, sono all’origine della devozione e della costruzione del suddetto Santuario; sono anche un evento che ha lasciato un solco profondo nella religiosità e nella cultura messicana. La basilica, ove attualmente si conserva la “tilma” (mantello in fibra di ayate, un tessuto grossolano prodotto con foglie di cactus) con l’immagine miracolosa, è stata inaugurata il 12 ottobre 1976. Tre anni dopo è stata visitata dal papa Giovanni Paolo II che, dal balcone della facciata su cui sono scritte in caratteri d’oro le parole della Madonna a Juan Diego: “¿No estoy yo aquí que soy tu Madre” (“Non sono qua io che sono la tua Madre?”), ha salutato le molte migliaia di messicani confluiti al Tepeyac; nello stesso luogo, il 6 maggio 1990, ha proclamato beato il veggente Juan Diego, che è stato infine dichiarato santo il 31 luglio 2002 (mf il 09 dic.). Qui, sul Tepeyac, ebbero luogo le apparizioni a Juan Diego: la mattina del 9 dicembre 1531, mentre sta attraversando la collina del Tepeyac per raggiungere la città, l’indio è attratto da un canto armonioso di uccelli e dalla visione dolcissima di una Donna che lo chiama per nome con tenerezza. La “Signora” gli dice di essere “la perfetta sempre Vergine Maria, la Madre del verissimo ed unico Dio” e gli ordina di recarsi dal vescovo per riferirgli che desidera che le si eriga un tempio ai piedi del colle. Juan Diego corre subito dal vescovo ma non viene creduto.
Tornando a casa la sera incontra nuovamente sul Tepeyac la Vergine Maria, a cui riferisce il suo insuccesso e chiede di essere esonerato dal compito affidatogli, dichiarandosene indegno. La Vergine gli ordina di tornare il giorno seguente dal vescovo che, dopo avergli rivolto molte domande sul luogo e sulle circostanze dell’apparizione, gli chiede un segno; la Vergine promette di darglielo l’indomani.Il giorno seguente, però, Juan Diego non può tornare: suo zio, Juan Bernardino, è gravemente ammalato e lui viene inviato di buon mattino a Tlatelolco a cercare un sacerdote che confessi il moribondo. Giunto in vista del Tepeyac decide perciò di cambiare strada per evitare l’incontro con la “Signora”. Ma la “Signora” è là davanti a lui e gli domanda il perché di tanta fretta. Juan Diego si prostra ai suoi piedi e le chiede perdono per non poter compiere l’incarico affidatogli presso il vescovo, a causa della malattia mortale dello zio. La “Signora” lo rassicura, affermando che lo zio è già guarito, e lo invita a salire sulla sommità del colle per cogliervi i fiori. Juan Diego sale e con grande meraviglia trova sulla cima del colle dei bellissimi “fiori di Castiglia”: è il 12 dicembre. In questo periodo dell’anno, solstizio d’inverno secondo il calendario giuliano allora vigente, né la stagione né il luogo, una desolata pietraia, sono adatti alla crescita di fiori del genere. Juan Diego ne raccoglie un mazzo che porta alla Vergine, la quale però gli ordina di presentarli al vescovo come prova della verità delle apparizioni. Juan Diego ubbidisce e, giunto al cospetto del presule, apre il suo mantello e all’istante sulla “tilma” si imprime e rende manifesta alla vista di tutti l’immagine della Santa Vergine. Di fronte a tale prodigio, il vescovo cade in ginocchio, e con lui tutti i presenti. La mattina dopo Juan Diego accompagna il presule al Tepeyac per indicargli il luogo in cui la Madonna ha chiesto che le sia innalzato un tempio. Nel frattempo l’immagine, collocata nella cattedrale, diventa presto oggetto di una devozione popolare che si è conservata ininterrotta fino ai nostri giorni. La Madonna della “tilma” ha un volto nobile, di colore bruno, mani giunte, vestito roseo bordato di fiori. Un manto azzurro mare, trapuntato di stelle dorate, copre il suo capo e le scende fino ai piedi, che poggiano sulla luna. Alle sue spalle il sole risplende sul fondo con i suoi cento raggi. L’attenzione si concentra tutta sulla straordinaria e bellissima icona guadalupana, rimasta inspiegabilmente intatta nonostante il trascorrere dei secoli: questa immagine, che non è una pittura, né un disegno, né è fatta da mani umane, suscita la devozione dei fedeli di ogni parte del mondo e pone non pochi interrogativi alla scienza, un po’ come succede ormai da anni col mistero della Sacra Sindone. La scoperta più sconvolgente al riguardo è quella fatta, con l’ausilio di sofisticate apparecchiature elettroniche, da una commissione di scienziati che ha evidenziato la presenza di un gruppo di 13 persone riflesse nelle pupille della “Virgen Morena”: sarebbero lo stesso Juan Diego con il vescovo ed altri ignoti personaggi, presenti quel giorno al prodigioso evento in casa del presule. Un vero rompicapo per gli studiosi: un fenomeno scientificamente inspiegabile che rivela l’origine miracolosa dell’immagine e comunica al mondo intero un grande messaggio di Speranza. Nostra Signora di Guadalupe, che appare a Juan Diego, vestita di sole, non solo gli annuncia che è nostra madre spirituale, ma lo invita – come invita ciascuno di noi – ad aprire il proprio cuore all’opera di Cristo che ci ama e ci salva. Meditare oggi sull’evento guadalupano, un caso di “inculturazione” miracolosa, significa porsi alla scuola di Maria, maestra di umanità e di fede, annunciatrice e serva della Parola che deve risplendere in tutto il suo fulgore, come l’immagine misteriosa sulla “tilma” del veggente messicano, proclamato santo da Papa Giovanni Paolo II, il 31 luglio 2002, in occasione della sua quinta visita pastorale in Messico.
Beato Giacomo Capocci da Viterbo -Vescovo di Benevento e Napoli
Giacomo, discendente, forse, della nobile famiglia Capocci, nacque a Viterbo intorno al 1255, ma non si hanno notizie dei suoi anni giovanili. Abbracciata ben presto la vita religiosa, entrò nel 1272 tra gli Eremitani di S. Agostino, di cui vestì l’abito nel convento viterbese della Santissima Trinità. Prima del 1275 fu inviato a Parigi a studiare teologia nello Studio del suo Ordine, dove frequentò le lezioni di Egidio Romano, che lo ebbe poi sempre in grande stima. Tornato in patria nel 1281-82, ricoprì dapprima la carica di primo Definitore della provincia romana nel 1283, quindi fu Visitatore nel 1284 e poi di nuovo Definitore nel 1285, esercitando nel frattempo, con ogni probabilità, anche le funzioni di Lettore in qualche convento della medesima provincia. Insieme, forse, con Egidio Romano, ritornò a Parigi nel 1286 per riprendervi gli studi teologici, conseguendo il Baccellierato nel 1288 e, al termine del prescritto tirocinio, il Dottorato nel 1293. Su designazione di Egidio Romano, eletto Priore Generale dell’Ordine, fu nominato nello stesso anno Maestro Reggente dello Studio parigino, rimanendo in carica sino al 1299. Tornato in Italia nel 1300, insegnò per due anni nello Studio di Napoli, che dovette lasciare perché nominato da Bonifacio VIII (Benedetto Caetani, 1294-1303), il 3 settembre 1302, arcivescovo di Benevento; il 6 o il 12 dicembre successivo venne trasferito alla sede di Napoli, dove, pastore veramente zelante, seppe guadagnarsi la stima e la venerazione del re Carlo II d’Angiò e del figlio Roberto, duca di Calabria, che lo aiutò nella costruzione della nuova cattedrale. Il 13 maggio 1306 cominciò a trattare la causa di canonizzazione del santo pontefice Celestino V (Pietro Angeleri, 5 luglio/13 dicembre 1294), che gli era stata espressamente affidata da Clemente V (Bertrand de Gouth, 1305-1314) e nella quale egli pose ogni cura, tanto da recarsi personalmente a raccogliere testimonianze sui luoghi stessi dove Pietro Angeleri aveva condotto la sua vita penitente. In tale attività seguitò sino alla morte, avvenuta a Napoli, con fama di santità, verso la fine del 1307 o all’inizio del 1308. Considerato uno dei maggiori teologi scolastici, per l’acume del suo ingegno, meritò l’onorifico titolo di “doctor speculativus”.
Le sue opere sono:
1) “De regimine christiano” (l’unica opera pubblicata per intero) sul reggimento della Cristianità a Bonifacio VIII, due libri, in cui tratta, con grande sottigliezza, della Chiesa, del potere di Cristo Re e di quello del suo Vicario.
2) Questioni sui “praedicamenta in divinis” disputate a Parigi.
3) Abbreviazione delle Sentenze di Egidio Romano.
4) Sul “Magistrum Sententiarum”, 4 libri.
5) Questioni di sacra Teologia.
6) Cinquanta questioni sullo Spirito Santo.
7) Catena dei Padri nelle Epistole di S. Paolo.
8) Sermoni su argomenti diversi.
9) Altri trenta “Quodlibet”.
10) Questioni sugli Angeli.
11) Spiegazioni delle Epistole di S. Paolo.
12) Esposizione del Vangelo di S. Matteo.
13) Esposizione del Vangelo di S. Luca.
14) Summa degli articoli di Fede.
15) Commento dei libri della Fisica e Metafisica.
16) Libro dei principi di natura.
17) Concordanze dei Salmi di Davide. E altri.
La memoria di Giacomo Capocci, subito circondata di venerazione, divenne ben presto oggetto di culto pubblico, confermato ufficialmente da Papa S. Pio X (Giuseppe Melchiorre Sarto, 1903-1914) solo nel 1911.
La memoria liturgica ricorre il 12 dicembre.
Significato del nome Giacomo : “che segue Dio” (ebraico).
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Padre nostro, fa’ che amiamo questo nostro tempo e vi leggiamo sempre i segni del Tuo Amore.
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1857, Joseph Gayetty inventa la carta igienica. L’uomo d’affari americano inventa questo prodotto, presentato a pacchi a fogli singoli, ma non riesce a trovare acquirenti a causa dell’elevata concorrenza di vecchi libri, cataloghi, giornali, all’epoca la miniera più feconda di carta per uso igienico
compleanni
1821 Gustave Flaubert
1915 Frank Sinatra
1946 Emerson Fittipaldi
1977 Bridget Hall
proverbio
Meglio la morte del soldato che il pane del mendicante
accadde oggi
1963 il Kenya, stato africano, conquista l’indipendenza dalla Gran Bretagna
1969 a Milano, piazza Fontana, esplode una bomba all’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura. Muoiono 16 persone ed altre 100 rimangono ferite
1978 l’Italia aderisce al Sistema Monetario Europeo
frase celebre
“Il bene non è nella grandezza, ma la grandezza nel bene”
Zenone d’Elea
consiglio
I tessuti
I tessuti sui quali si ricama non devono mai essere lavati prima dell’uso. La caratteristica rigidità delle tele nuove rende più facile la lavorazione con ago e filo.
cosa vuol dire
Tale padre, tale figlio
Commento non positivo nei confronti di una persona non del tutto onesta
Il modo di dire risale ad un versetto del profeta Ezechiele che dice: “Sicut mater, ita est filia eius” (quale la madre, così anche sua figlia)
consiglio per terrazzo orto e giardino
Tecnica di coltivazione
Il lasciare a dimora gli organi sotterranei, dove il clima e la rusticità della specie lo consentono, è senz’altro consigliabile, in quanto conduce alla “spontaneizzazione”, cioè alla formazione di veri e propri tappeti fioriti, anche se comporta la produzione di fiori più piccoli a causa del più breve periodo di riposo. Questa tecnica si addice alle scarpate erbose e ai margini del prato, dove le foglie delle bulbose, una volta essiccate, vengono asportate con la falciatura.