Cosa fatta capo ha
Clemente Marchisio nacque a Racconigi (CN) il 1° marzo 1833. Era il primo di cinque figli di un calzolaio. Fin da fanciullo acquisì una grande devozione verso la Madonna e il Rosario. Mentre era avviato ad intraprendere la professione del padre, un giorno manifestò quanto da tempo sentiva nel cuore: consacrarsi a Dio come sacerdote. I genitori, sebbene sorpresi, non si opposero anche se il primo problema da affrontare era la mancanza del denaro necessario allo studio. La Divina Provvidenza venne incontro a Clemente: don Giovanni Battista Sacco lo aiutò, sostenendolo anche economicamente. Nel seminario di Bra si impose un regime di vita alquanto esigente, incentrato nella preghiera, nello studio e nel lavoro. Con dispensa pontificia, poiché non aveva raggiunto i ventiquattro anni, venne ordinato sacerdote il 20 settembre 1856. Dopo l’ordinazione frequentò, a Torino, il biennio di perfezionamento presso il Convitto di San Francesco: era la santa scuola per sacerdoti retta da S. Giuseppe Cafasso, trasferita in seguito presso il Santuario della Consolata. Clemente si distinse al punto che fu prescelto dal “Santo della forca” come compagno nelle frequenti visite ai carcerati e ai condannati a morte. I due anni trascorsi a fianco del Cafasso trasformarono profondamente il suo animo. Disse: “ne uscii completamente diverso, pienamente conscio della dignità del sacerdote”. Nella capitale subalpina erano gli anni di Don Bosco, di S. Leonardo Murialdo, del B. Federico Albert, del B. Michele Rua, del B. Francesco Faa di Bruno, del B. Giovanni Maria Boccardo; vivo era il ricordo di Giuseppe Benedetto Cottolengo († 1842 – canonizzato il 19 marzo 1934). Dopo un breve periodo trascorso prima a Cambiano, nel 1858, come viceparroco, poi a Vigone, raggiunse Rivalba Torinese, un piccolo centro collinare di neppure mille abitanti dove fece il suo ingresso il 18 novembre 1860 a soli ventisette anni: reggerà la parrocchia, senza mai risparmiare le fatiche, per quarantatre anni. Si alzava alle 5 e dopo due ore di preghiera celebrava la Santa Messa. La recita del Rosario apriva e chiudeva la sua giornata. La devozione principale era verso l’Eucaristia. Un giorno fece questa confidenza: “Anch’io mi trovo a volte accasciato sotto il peso delle tribolazioni; ma ti assicuro che, dopo cinque minuti passati con fede viva dinanzi a Gesù Sacramentato, mi sento pienamente rinvigorito, a tal punto che tutto quello che prima mi pareva troppo duro e insopportabile mi diventa facile e leggero”. Come dice S. Paolo la fede senza le opere è morta. Erano gli anni della crisi delle campagne, si emigrava in città alla ricerca di fortuna. Per venire incontro ai suoi parrocchiani don Clemente diede vita a diverse iniziative. Il materiale edilizio inutilizzato per la mancata costruzione della nuova chiesa fu impiegato per edificare un asilo infantile e un laboratorio tessile per le giovani che così non erano costrette a recarsi a Torino alla ricerca di lavoro come domestiche (1871). Ristrutturò anche il millenario castello (oggi culla della sua fondazione). Una svolta arrivò quando le suore Albertine, che avevano gestito il primo laboratorio, lasciarono il paese. Dietro consiglio dell’Arcivescovo di Torino Mons. Gastaldi, don Clemente lo affidò ad alcune tra le migliori ragazze che vi erano impegnate. Era il nucleo di una nuova famiglia religiosa: l’Istituto delle “Figlie di S. Giuseppe” (1877); Rosalia Sismonda, conosciuta due anni prima a Sciolze, sarà il suo braccio destro. Ai diversi istituti già esistenti si aggiunse, dunque, quello di Rivalba. Pochi anni dopo, però, don Clemente ebbe un’ispirazione originale. Le sue suore avrebbero lavorato per rendere maggiormente degno il culto del Sacrificio Eucaristico, dedicandosi alla preparazione delle ostie e del vino. Loro compito era inoltre confezionare i paramenti e quanto serviva ai sacerdoti per officiare. Il piccolo paesino, di neppure mille abitanti, divenne il centro di un’opera che avrebbe varcato presto i confini regionali e quelli nazionali. Nel 1883 aprì una Casa a Roma e Pp Leone XIII (Vincenzo Gioacchino Raffaele Luigi Pecci, 1878-1903) esclamò gioioso: “Finalmente Nostro Signore, con questa Congregazione, ha pensato a se stesso”. Erano le “suore delle ostie”. Nel 1894 raccolse i suoi pensieri e le sue meditazioni sull’Eucaristia, e sulla lotta contro di essa, nel libro “La SS. Eucaristia combattuta dal satanismo”. Commentando l’Apocalisse, don Clemente illustrò il tentativo continuo del demonio di allontanare l’uomo dal momento sublime della sua unione in terra con Dio: la Comunione. Avvicinare l’uomo a Dio era il centro dei suoi pensieri e, per ottenere tale scopo, era importante che l’Eucaristia fosse celebrata in modo ineccepibile: il pane e il vino dovevano essere preparati con una selezione attenta della farina e dell’uva. Per questo motivo le “Figlie di S. Giuseppe” aprirono diversi laboratori in tutta Italia perché il lavoro da fare era immenso. Per diffondere la sua opera viaggiò per tutta l’Italia, raccogliendo ovunque attestati di stima da vescovi e cardinali; fra questi anche il Patriarca di Venezia, il futuro Pp S. Pio X. L’8 dicembre 1903, festa dell’Immacolata, tenne la sua ultima predica. Il 15 dicembre celebrò l’ultima Messa e l’indomani, nel pomeriggio, don Clemente Marchisio, a settant’anni, andò incontro al Signore. Le sue “figlie”, sparse in tutta la penisola, erano oltre seicento. Il suo amico S. Pio X (Giuseppe Melchiorre Sarto, 1903-1914) riconobbe ufficialmente l’Istituto nel 1907 e lo volle per la sacrestia di S. Pietro. Don Clemente Marchisio è stato beatificato, insieme ad un altro sacerdote torinese, don Federico Albert, dal Servo di Dio Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005), il 30 settembre 1984; le sue spoglie sono venerate nella parrocchia di Rivalba. Oggi, disseminate in più di trenta case in tutto il mondo, le suore “Figlie di S. Giuseppe” preparano ogni anno milioni di ostie, pigiano carrettate d’uva, lavano tonnellate di indumenti liturgici. La Basilica di S. Pietro di Roma utilizza i loro servizi, ma anche umili cappelle di missioni. La loro vita è tutta orientata verso l’altare del Santo Sacrificio della Messa ed il tabernacolo. Esse manifestano al mondo l’amore della Chiesa per l’Eucaristia. A più di cento anni dalla sua morte, l’esempio e l’insegnamento del B. Clemente Marchisio sono di singolare bellezza e sconcertante attualità, oggi, un tempo in cui, seguendo la voce di Pp Benedetto XVI (Joseph Alois Ratzinger), siamo chiamati a riparare dimenticanze, irriverenze e, purtroppo, anche abusi contro l’Eucaristia, per ritornare ad amare e adorare Gesù Eucaristico come l’unico Amore della nostra vita al fine di trasfigurarci in Lui.
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Beata Maria degli Angeli (Marianna Fontanella) Carmelitana scalza
Maria degli Angeli, al secolo Marianna Fontanella, è stata la prima carmelitana italiana a salire all’onore degli altari: a proclamarla Beata fu il Beato Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti, 1846-1878) il 25 aprile 1865. Marianna nacque a Torino, il 7 gennaio 1661, dal conte Giovanni Donato Fontanella e da Maria Tana (parente della mamma di S. Luigi Gonzaga) dei conti di Chieri che, sposandosi, aveva portato in dote parte della Signoria di Santena. Fu battezzata l’11 gennaio 1661 nella parrocchia dei SS. Simone e Giuda a Torino e ricevette la prima Comunione nella chiesa di S. Rocco, attigua alla sua casa paterna. Superata l’opposizione dei genitori, entrò poco più che quindicenne, il 19 novembre 1676, nel Carmelo di Santa Cristina a Torino dove prese il nome di Suor Maria degli Angeli; 26 dicembre 1677, professione religiosa. Distintasi subito per la sua piena maturità umana e spirituale, divenne presto maestra delle novizie. Nel 1694, a soli 33 anni, la comunità, chiedendo preventivamente (e all’insaputa dell’interessata) la dispensa alla S. Sede, perché suor Maria degli Angeli non ha ancora l’età richiesta dai S. Canoni per tale ufficio, la elegge priora. Sostegno per chiunque avesse bisogno di un aiuto spirituale, la sua fama varcò presto le mura del convento: dalla stessa casa reale spesso giungevano in visita le principesse. Volle con forza l’apertura di un nuovo Carmelo a Moncalieri, per accogliere le giovani che non potevano essere accolte a Torino per mancanza di posti: la struttura poté essere aperta nel 1703. Madre Maria degli Angeli morì il 16 dicembre 1717. “La bontà del Signore – si legge nei suoi scritti – è maggiore di quanti mali e peccati possiamo commettere, e prima ci stanchiamo noi di offenderlo che egli di perdonarci”. Le sue spoglie si venerano nella chiesa delle carmelitane scalze a Moncalieri (TO) in Piazza Beata Maria degli Angeli.
Oggi si celebrano anche :
Sante Martiri d’Africa († cc 480)
S. Everardo, conte del Friuli, fondatore († 867)
S. Adone di Vienne in Francia (800-875), Vescovo
S. Adelaide (931-999), Imperatrice
B. Sebastiano Maggi (1414-1496), Sacerdote O.P.
B. Onorato Venceslao Koźmiński da Biała Podlaska (1829-1916), O.F.M. Cap.
B. Filippo Siphong Onphitak (1907-1940), Protomartire della Thailandia
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Padre nostro, fa’ che amiamo questo nostro tempo e vi leggiamo sempre i segni del Tuo Amore.
Christus vincit,Christus regnat,Christus imperat.
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1867, Georges Leclanchè inventa la prima pila moderna. Dalla pila di volta (v.) molti inventori si erano cimentati nel realizzare batterie di piccole dimensioni ed elevata efficenza e che non presentassero il dannoso effetto della polarizzazione che in breve esauriva la carica. Il problema viene risolto dall’ingegnere francese (1839-1882), che realizza una pila (che prenderà il suo nome) a carbone-zinco-cloruro di ammonio
compleanni
1770 Ludwig Van Beethoven
1947 Ben Cross
1956 Ivana Spagna
proverbio
Finché uno ha i denti in bocca non sa mai quel che gli tocca
accadde oggi
1631 una violenta eruzione del Vesuvio provoca la distruzione di 6 paesi e la morte di 4000 persone
1809 viene decretato il divorzio tra Napoleone Bonaparte e l’imperatrice Giuseppina
1990 prime elezioni democratiche di Haiti: Jean-Bertrand Aristide diventa presidente
frase celebre
“Democrazia è il nome che diamo al popolo ogni volta che abbiamo bisogno di lui”
G. A. de Caillavet e Robert de Flers, L’abito verde
consiglio
Contro il gonfiore alle mani
Quando il gonfiore alle mani è persistente, cercate di riposare con le mani sollevate, in modo da favorire il deflusso del sangue verso il gomito. Potete anche esercitarvi con facili esercizi: stringete il pugno e poi stendete le dita quanto più possibile. Ripetete l’esercizio per cinque volte, riposatevi e ripetetelo.
cosa vuol dire
Una rondine non fa primavera
Non basta una rondine per garantire l’arrivo della primavera
Proverbio molto antico. Utilizzato in senso figurato indica che un solo segno positivo non deve illuderci del miglioramento di una situazione
consiglio per terrazzo orto e giardino
Creare le piante
Le piante hanno diversi tipi di riproduzione, che possono essere sfruttati per creare in casa nuove piante. Per esempio, le felci sono stagionalmente attorniate da pulloni che crescono alla loro base: estirpateli con tutta la radice quando sono ancora piccoli e d’un verde tenero e ripiantumateli: potete farlo anche con le felci selvatiche e otterrete una crescita favolosa.