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25 dicembre: NATALE

25 Dicembre LA SOLENNITÀ DEL NATALE DEL SIGNORE
“Apparuit gratia Dei Salvatoris nostri omnibus hominibus” (Tit 2,11)

A Natale via dal cuore ogni rabbia e ogni rancore
Con le parole dell’apostolo Paolo il gioioso annuncio del Natale di Cristo: sì, oggi, “è apparsa a tutti gli uomini la grazia di Dio nostro Salvatore!”
È apparsa! Questo è ciò che la Chiesa oggi celebra. La grazia di Dio, ricca di bontà e di tenerezza, non è più nascosta, ma “è apparsa”, si è manifestata nella carne, ha mostrato il suo volto. Dove? A Betlemme. Quando? Sotto Cesare Augusto, durante il primo censimento, al quale fa cenno anche l’evangelista Luca. E chi è il rivelatore? Un neonato, il Figlio della Vergine Maria. In Lui è apparsa la grazia di Dio Salvatore nostro. Per questo quel Bambino si chiama Jehoshua, Gesù, che significa “Dio salva”.

La grazia di Dio è apparsa: ecco perché il Natale è festa di luce. Non una luce totale, come quella che avvolge ogni cosa in pieno giorno, ma un chiarore che si accende nella notte e si diffonde a partire da un punto preciso dell’universo: dalla grotta di Betlemme, dove il divino Bambino è “venuto alla luce”. In realtà, è Lui la luce stessa che si propaga, come ben raffigurano tanti dipinti della Natività. Lui è la luce, che apparendo rompe la caligine, dissipa le tenebre e ci permette di capire il senso ed il valore della nostra esistenza e della storia. Ogni presepe è un invito semplice ed eloquente ad aprire il cuore e la mente al mistero della vita. È un incontro con la Vita immortale, che si è fatta mortale nella mistica scena del Natale; una scena che possiamo ammirare anche qui, in questa Piazza, come in innumerevoli chiese e cappelle del mondo intero, e in ogni casa dove è adorato il nome di Gesù.

La grazia di Dio è apparsa a tutti gli uomini. Sì, Gesù, il volto del Dio-che-salva, non si è manifestato solo per pochi, per alcuni, ma per tutti. È vero, nella umile disadorna dimora di Betlemme lo hanno incontrato poche persone, ma Lui è venuto per tutti: giudei e pagani, ricchi e poveri, vicini e lontani, credenti e non credenti… tutti. La grazia soprannaturale, per volere di Dio, è destinata ad ogni creatura. Occorre però che l’essere umano l’accolga, pronunci il suo “sì”, come Maria, affinché il cuore sia rischiarato da un raggio di quella luce divina. Ad accogliere il Verbo incarnato, in quella notte, furono Maria e Giuseppe che lo attendevano con amore ed i pastori, che vegliavano accanto alle greggi (cfr Lc 2,1-20). Una piccola comunità, dunque, che accorse ad adorare Gesù Bambino; una piccola comunità che rappresenta la Chiesa e tutti gli uomini di buona volontà. Anche oggi coloro che nella vita Lo attendono e Lo cercano incontrano il Dio che per amore si è fatto nostro fratello; quanti hanno il cuore proteso verso di Lui desiderano conoscere il suo volto e contribuire all’avvento del suo Regno. Gesù stesso lo dirà, nella sua predicazione: sono i poveri in spirito, gli afflitti, i miti, gli affamati di giustizia, i misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace, i perseguitati per la giustizia (cfr Mt 5,3-10). Questi riconoscono in Gesù il volto di Dio e ripartono, come i pastori di Betlemme, rinnovati nel cuore dalla gioia del suo amore.

Fratelli e sorelle che mi ascoltate, a tutti gli uomini è destinato l’annuncio di speranza che costituisce il cuore del messaggio di Natale. Per tutti è nato Gesù e, come a Betlemme Maria lo offrì ai pastori, in questo giorno la Chiesa lo presenta all’intera umanità, perché ogni persona e ogni umana situazione possa sperimentare la potenza della grazia salvatrice di Dio, che sola può trasformare il male in bene, che sola può cambiare il cuore dell’uomo e renderlo un’”oasi” di pace.

Possano sperimentare la potenza della grazia salvatrice di Dio le numerose popolazioni che ancora vivono nelle tenebre e nell’ombra di morte (cfr Lc 1,79). La Luce divina di Betlemme si diffonda in Terrasanta […], in Iraq e ovunque nel Medio Oriente. Fecondi gli sforzi di quanti non si rassegnano alla logica perversa dello scontro e della violenza e privilegiano invece la via del dialogo e del negoziato, per comporre le tensioni interne ai singoli Paesi e trovare soluzioni giuste e durature ai conflitti […]
Questa Luce attendono soprattutto i bambini di quei Paesi e di tutti i Paesi in difficoltà, affinché sia restituita speranza al loro avvenire.

Dove la dignità e i diritti della persona umana sono conculcati; dove gli egoismi personali o di gruppo prevalgono sul bene comune; dove si rischia di assuefarsi all’odio fratricida e allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo; dove lotte intestine dividono gruppi ed etnie e lacerano la convivenza; dove il terrorismo continua a colpire; dove manca il necessario per sopravvivere; dove si guarda con apprensione ad un futuro che sta diventando sempre più incerto, anche nelle Nazioni del benessere: là risplenda la Luce del Natale ed incoraggi tutti a fare la propria parte, in spirito di autentica solidarietà. Se ciascuno pensa solo ai propri interessi, il mondo non può che andare in rovina.

Cari fratelli e sorelle, oggi “è apparsa la grazia di Dio Salvatore” (cfr Tt 2,11), in questo nostro mondo, con le sue potenzialità e le sue debolezze, i suoi progressi e le sue crisi, con le sue speranze e le sue angosce. Oggi, rifulge la luce di Gesù Cristo, Figlio dell’Altissimo e figlio della Vergine Maria: « Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo ». Lo adoriamo quest’oggi, in ogni angolo della terra, avvolto in fasce e deposto in una povera mangiatoia. Lo adoriamo in silenzio mentre Lui, ancora infante, sembra dirci a nostra consolazione: Non abbiate paura, “Io sono Dio, non ce n’è altri” (Is 45,22). Venite a me, uomini e donne, popoli e nazioni, venite a me, non temete: sono venuto a portarvi l’amore del Padre, a mostrarvi la via della pace.
Andiamo, dunque, fratelli! Affrettiamoci, come i pastori nella notte di Betlemme. Dio ci è venuto incontro e ci ha mostrato il suo volto, ricco di grazia e di misericordia! Non sia vana per noi la sua venuta! Cerchiamo Gesù, lasciamoci attirare dalla sua luce, che dissipa dal cuore dell’uomo la tristezza e la paura; avviciniamoci con fiducia; con umiltà prostriamoci per adorarlo. Buon Natale a tutti!

Alberto, al secolo Adamo Chmielowski, nacque a Igolomia, presso Cracovia (PL), il 20 agosto del 1845, primo di quattro figli, da Adalbert e Józefa Borzystawska, discendenti da una famiglia nobile. Adamo trascorse l’infanzia a Varsavia. Sin dai primi anni era molto caritatevole verso i poveri e divideva con loro quel che aveva. Mandato a Pietroburgo, nella scuola dei cadetti, dopo un anno la madre lo fece ritornare in famiglia, preoccupata dell’influsso che aveva sul figlio l’educazione russa, e lo inviò a frequentare il ginnasio di Varsavia. Rimasto orfano dei genitori, fu affidato alle cure della zia paterna Petronela. Nel 1863 scoppiò in Polonia l’insurrezione contro l’oppressione zarista. Adamo, allora studente dell’Istituto di Agricoltura a Pulawy, vi aderì con entusiasmo e, durante un combattimento, il 30 settembre 1863, presso Melchów, rimase gravemente ferito; fatto prigioniero, gli fu amputata, senza anestesia, la gamba sinistra, dimostrando un eccezionale coraggio. Grazie all’interessamento dei parenti, fuggì dalla prigionia e fu costretto a lasciare la propria Patria. Fu a Parigi per studiare pittura; passò poi a Gand (B) ove frequentò la facoltà d’ingegneria, quindi riprese gli studi di pittura all’Accademia di Belle Arti a Monaco di Baviera. In ogni ambiente emergeva la sua personalità cristiana che, tradotta in coerenza di vita e di impegno professionale, influenzava quanti lo frequentavano. Nel 1874, Chmielowski tornò in Patria. Alla ricerca di un nuovo ideale di vita, si pose la domanda: “Servendo l’arte si può servire anche Dio?” La sua produzione artistica, che comprendeva per lo più soggetti profani, fu continuata poi con soggetti sacri. Uno dei migliori suoi quadri religiosi, l’“Ecce Homo”, fu il risultato di una profonda esperienza sull’amore misericordioso di Cristo verso l’uomo e condusse Chmielowski ad una metamorfosi spirituale.
Convinto che per servire Dio “bisogna dedicare a lui l’arte ed il talento”, nel 1880 entrò nella Compagnia di Gesù come fratello laico. Dopo sei mesi dovette lasciare il noviziato a cagione della cattiva salute. Superata una profonda crisi spirituale, cominciò una nuova vita, dedicata tutta a Dio ed ai fratelli. Abitando dai parenti in Podolia (parte della Polonia assoggettata alla Russia), conobbe il III Ordine di S. Francesco, cominciò a visitare le parrocchie della zona, restaurando quadri e diffondendo tra la gente rurale lo spirito terziario. Costretto a lasciare la Podolia, si recò a Cracovia, dove si stabilì presso i Padri Cappuccini. Lì continuò la sua attività di pittore e si dedicò contemporaneamente all’assistenza dei poveri, destinando a loro il ricavato dei suoi quadri.
Per caso venne a conoscenza della tragica situazione dei poveri, ammassati nei cosiddetti posti di riscaldamento o dormitori pubblici di Cracovia e decise di venire loro in aiuto. Per amore verso Dio e verso il prossimo, Chmielowski rinunciò al successo dell’arte, al benessere materiale, agli ambienti aristocratici e decise di vivere tra quei poveri, per sollevarli dalle loro miserie morali e materiali. Nella loro dignità calpestata scoprì il Volto oltraggiato di Cristo e volle in essi rinnovarlo. Il 25 agosto 1887 vestì un saio grigio, prese il nome di Fratel Alberto e un anno dopo, con il consenso del Cardinale Dunajewski, pronunciò i voti di terziario francescano, dando inizio alla Congregazione dei Frati del III Ordine di S. Francesco, Servi dei Poveri (1888), i quali presero cura del dormitorio maschile. In seguito Fratel Alberto assunse l’assistenza delle donne del dormitorio pubblico femminile; le sue collaboratrici dettero origine anche al ramo femminile della Congregazione (1891), che affidò alla Serva di Dio Suor Bernardyna Jabkonska. Insieme con le sue Congregazioni si dedicò, con piena disponibilità, al servizio dei più poveri, dei diseredati, degli abbandonati, degli emarginati e dei vagabondi. Per loro organizzò i ricoveri come case di assistenza materiale e morale, che offrivano lavoro volontario, di natura artigianale, assieme ai frati e alle suore nella stessa dimora, permettendo loro di guadagnare per il proprio sostentamento. Nonostante l’invalidità e la protesi rudimentale alla gamba, viaggiava molto per fondare i nuovi asili in altre città della Polonia e per visitare le case religiose. Queste case erano aperte a tutti, senza distinzione di nazionalità o di religione. Oltre agli asili, fondò anche nidi e orfanatrofi per bambini e giovani, case per anziani e incurabili e cucine per il popolo. Mandò le suore a lavorare negli ospedali militari e nei lazzaretti durante la prima guerra mondiale.
Nel corso della sua vita sorsero in tutto 21 case religiose, nelle quali prestavano la loro opera 40 frati e 120 suore. Con l’esempio della sua vita insegnò che “bisogna essere buoni come il pane … che ognuno può prendere per soddisfare la propria fame”. Osservò lui stesso e raccomandò ai suoi religiosi la massima povertà evangelica sull’esempio di S. Francesco d’Assisi. la sua opera caritativa la affidò con fiducia totale alla Provvidenza divina. La forza per svolgere la sua attività l’attinse dalla preghiera, dall’Eucaristia e dall’amore per il Mistero della Croce. Colpito da cancro allo stomaco, morì a Cracovia il giorno di Natale del 1916, nel ricovero per i poveri. Prima di morire, indicando l’immagine della Madonna di Czestochowa, disse ai fratelli e alle suore: “Questa Madonna è la vostra Fondatrice, ricordatevi questo”. E ancora: “Prima di tutto osservate la povertà”. A Cracovia e in tutta la Polonia, è conosciuto come i Padre dei poveri e, per la sua povertà evangelica, è chiamato il “S. Francesco polacco del XX secolo”. Oggi i Fratelli Albertini e le Suore Albertine realizzano il carisma del Fondatore prestando il loro servizio in Polonia; le suore sono diffuse anche in Italia, USA e America Latina. Il 22 giugno 1983 il Servo di Dio Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005) beatificò Frate Alberto a Cracovia, durante il suo secondo viaggio apostolico in Polonia e lo proclamò Santo il 12 novembre 1989 a Roma.

Significato del nome Alberto: “di illustre nobiltà” (tedesco).

Oggi si celebrano anche:
_ Sant’ Eugenia di Roma
_ Beato Pietro il Venerabile
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Padre nostro, fa’ che amiamo questo nostro tempo e vi leggiamo sempre i segni del Tuo Amore.

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1892, Rudolf Diesel brevetta il suo motore. L’ingegnere tedesco (1858-1913), assistente di Linde (v.) è alla ricerca di un motore termico che superi il basso rendimento di quello a scoppio a ciclo Otto (v.) che è al massimo del 28%. Costruisce così un tipo completamente diverso di motore a scoppio, nel quale il carburante non si incendia con una scintilla elettrica, ma a causa di una fortissima compressione, che porta la temperatura nell’interno del cilindro a 1000° C, aumentando di conseguenza il rendimento

compleanni
1642 Isaac Newton
1918 Answar el-Sadat
1954 Annie Lennox
1971 Dido

proverbio
Con il fuoco si prova l’oro, con l’oro la donna e con la donna l’uomo

accadde oggi
1223 nasce il “presepe vivente” secondo le volontà di Francesco d’Assisi
1974 con una solenne cerimonia, viene aperta la Porta Santa in piazza S. Pietro da Papa Paolo VI
1977 l’attore Charlie Chaplin muore in Svizzera all’età di 88 anni
1991 Mikhail Gorbaciov, leader sovietico, annuncia le proprie dimissioni

frase celebre
“La fede comincia appunto là dove la ragione finisce”
Kierkegaard, Timore e tremore

consiglio
Come pulire la moquette
Pulitela passando regolarmente l’aspirapolvere e quindi uno straccio pulito e umido. Per ridare tutto lo splendore alla vostra vecchia moquette, passatela con uno straccio imbevuto di acqua e alcol o acqua e ammoniaca.

cosa vuol dire
Se son rose fioriranno
Dubbio di fronte ad una situazione incerta
Proverbio tratto dal mondo della natura. I botanici sanno identificare le piante anche quando sono piccole e non hanno caratteristiche evidenti

consiglio per terrazzo orto e giardino
iI bonsai
I bonsai sono molto delicati: richiedono temperature moderate e soprattutto non devono stare in mezzo a correnti d’aria. D’inverno si adattano molto bene agli ambienti riscaldati, soprattutto se si tratta di specie tropicali e subtropicali, che richiedono di svernare il caldo.

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