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Titolari di un mito

enna nietta bruno bannata (2)Avrà un “mare di cose” l’entroterra della Sicilia, ma la mancanza di un vero “mare d’acqua” lo relegherà per sempre all’ultimo posto nell’immaginario del turista che, nel progettare il suo viaggio, continua a considerare la Sicilia come un’isola balneare.

Le meraviglie archeologiche, storiche, paesaggistiche, architettoniche e agroalimentari della ancora-per-poco-Provincia di Enna fanno fatica a competere con gli altrettanto splendidi siti turistici siciliani che, per loro fortuna, si affacciano sul mare.

Lo sbandierato valore della centralità é soltanto un attributo in più e, negli anni, non si é rivelato vincente.

Castelli medioevali, laghi, riserve naturali, musei, chiese, tutto di grande pregio, ma assolutamente fungibile!

Si arrovellano amministratori, operatori turistici, commercianti e imprenditori nella ricerca di quel quid che faccia scattare la differenza e che invogli i turisti a pernottare più a lungo nel nostro territorio.

Come spesso accade la risposta é a pochi passi, coperta dalle pesanti coltri dell’inconsapevolezza.

Quel quid che rende unico il territorio si cela nella grotta di una Dea e lungo le sponde del Lago di Pergusa: é il mito della grande Madre Cerere, Dea italica delle messi, é il mito del ratto di sua figlia Proserpina ad opera di Plutone, odiato Dio degli inferi. Il NOSTRO mito, ormai a rischio di estinzione, é uno dei più importanti tra quelli greci, ma é stato seppellito dall’indifferenza e dall’oblio della sua gente.

I miti insieme con le leggende, le cerimonie, i riti, le feste sacre e profane, i saperi, i dialetti, le danze e altro ancora, fanno parte di un numeroso elenco di beni immateriali tutelati e valorizzati dallo Stato Italiano con legge (D. Lsg 42/2004) e, precedentemente, dalla Convenzione Internazionale per la salvaguardia del Patrimonio culturale immateriale adottata a Parigi nell’ottobre del 2003. Tali beni, definiti “demoetnoantropologici”o più semplicemente individuati con l’acronimo DEA, sono intangibili, privi cioè di materialità corporea, ma, pur essendo così inafferrabili, essi sono capaci di produrre ricchezza purché ne venga riconosciuta giuridicamente la tutela.

Il collegamento con il dibattito contemporaneo sul valore economico da attribuire al bene culturale avviene in automatico, quanti oggi sono disposti a investire sui beni culturali siano essi materiali o immateriali?

Come sempre sono le comunità che conferiscono forza e potere alle ipotesi di sviluppo o che ne determinano la rinuncia e l’abbandono. In particolare, nel caso dei beni DEA, é fondamentale che essi siano riconosciuti dalla comunità cui appartengono e che la loro memoria venga trasmessa di generazione in generazione, affinché possano essere rigenerati nel tempo.

É ipotizzabile che il mito di una Dea simbolo dell’agricoltura, della stanzialità, dell’avvicendarsi delle stagioni, dell’amore materno, dell’eterno compromesso tra terra e cielo, divenga per il suo territorio una risorsa economica?

La risposta é affermativa, si possono offrire alternativi itinerari turistici, organizzare molteplici attività culturali e legare al mito i prodotti cerealicoli del territorio coinvolgendo tutti i settori economici.

Bisogna crederci, fermamente: siamo titolari inconsapevoli di un immenso tesoro!

Benché il mito sia un sostrato culturale inconsapevole e sia stato accusato di essere frutto della irrazionalità umana, la sua universalità, la sua capacità di comunicazione e di aggregazione, la sua “modernità” restano imperituri nel tempo: un castello può crollare a causa di un terremoto…. il mito resta lì, immutabile, scolpito nella memoria come la nostra infanzia, costituendo esso stesso, in realtà, l’infanzia della razza umana.

Ci chiediamo quale sia la sua formula di immortalità e prima di noi si sono posti la medesima domanda altri personaggi, ben più autorevoli: Ovidio, Cicerone, Claudiano, i quali scrissero del mito di Cerere intuendo che la sua forza consisteva nell’essere un modello per attività umane fondamentali come l’alimentazione, la stagionalità delle produzioni agricole, il benessere nutritivo delle popolazioni nomadi divenute stanziali.

Quante affinità con il tema dell’Expo di Milano 2015 “Nutrire il pianeta, energia per la vita” con il quale viene sancito il criterio che la nutrizione sana é il principio di tutti i beni!

Nietta Bruno

 

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