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6 gennaio: Epifania e S.Carlo da Sezze

Chi alla porta non passa o non entra o s’abbassa

Festa dell’Epifania, il mistero della Manifestazione del Signore a tutte le genti, rappresentate dai Magi, venuti dall’Oriente per adorare il Re dei Giudei (cfr Mt 2,1-2). San Matteo, che racconta l’avvenimento, sottolinea come essi arrivarono fino a Gerusalemme seguendo una stella, avvistata nel suo sorgere e interpretata quale segno della nascita del Re annunciato dai profeti, cioè del Messia. Giunti, però, a Gerusalemme, i Magi ebbero bisogno delle indicazioni dei sacerdoti e degli scribi per conoscere esattamente il luogo in cui recarsi, cioè Betlemme, la città di Davide (cfr Mt 2,5-6; Mic 5,1). La stella e le Sacre Scritture furono le due luci che guidarono il cammino dei Magi, i quali ci appaiono come modelli degli autentici cercatori della verità. Essi erano dei sapienti, che scrutavano gli astri e conoscevano la storia dei popoli. Erano uomini di scienza in un senso ampio, che osservavano il cosmo ritenendolo quasi un grande libro pieno di segni e di messaggi divini per l’uomo. Il loro sapere, pertanto, lungi dal ritenersi autosufficiente, era aperto ad ulteriori rivelazioni ed appelli divini. Infatti, non si vergognano di chiedere istruzioni ai capi religiosi dei Giudei. Avrebbero potuto dire: facciamo da soli, non abbiamo bisogno di nessuno, evitando, secondo la nostra mentalità odierna, ogni “contaminazione” tra la scienza e la Parola di Dio. Invece i Magi ascoltano le profezie e le accolgono; e, appena si rimettono in cammino verso Betlemme, vedono nuovamente la stella, quasi a conferma di una perfetta armonia tra la ricerca umana e la Verità divina, un’armonia che riempì di gioia i loro cuori di autentici sapienti (cfr Mt 2,10). Il culmine del loro itinerario di ricerca fu quando si trovarono davanti “il bambino con Maria sua madre” (Mt 2,11). Dice il Vangelo che “prostratisi lo adorarono”. Avrebbero potuto rimanere delusi, anzi, scandalizzati. Invece, da veri sapienti, sono aperti al mistero che si manifesta in maniera sorprendente; e con i loro doni simbolici dimostrano di riconoscere in Gesù il Re e il Figlio di Dio. Proprio in quel gesto si compiono gli oracoli messianici che annunciano l’omaggio delle nazioni al Dio d’Israele. Un ultimo particolare conferma, nei Magi, l’unità tra intelligenza e fede: è il fatto che “avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese” (Mt 2,12). Sarebbe stato naturale ritornare a Gerusalemme, nel palazzo di Erode e nel Tempio, per dare risonanza alla loro scoperta. Invece, i Magi, che hanno scelto come loro sovrano il Bambino, la custodiscono nel nascondimento, secondo lo stile di Maria, o meglio, di Dio stesso e, così come erano apparsi, scompaiono nel silenzio, appagati, ma anche cambiati dall’incontro con la Verità. Avevano scoperto un nuovo volto di Dio, una nuova regalità: quella dell’amore. Ci aiuti la Vergine Maria, modello di vera sapienza, ad essere autentici ricercatori della verità di Dio, capaci di vivere sempre la profonda sintonia che c’è tra ragione e fede, scienza e rivelazione.

Carlo da Sezze, nella sua autobiografia, intitolata “Le grandezze delle misericordie di Dio”, parla della sua nascita e dei suoi genitori in questi termini: “Nacqui or dunque, per quello che si ricava nella fede di battesimo, ai ventidue di ottobre 1613, in giorno di martedì, e ai ventisette del medesimo mese, in giorno di domenica, fui battezzato, e mi posero nome Giovan Carlo” – “Chiamavasi mio padre Ruggero Marchionne e mia madre Antonia Maccione, ambedue nativi delle antiche famiglie di Sezze, città della reverenda Camera Apostolica”. Dopo una istruzione di base, sicuramente elementare, a causa di un non meglio specificato incidente con il maestro, Giovan Carlo si rifiutò di proseguire gli studi e, dai genitori, venne avviato al lavoro dei campi. Il 10 maggio 1635 salutò i suoi e si recò a Roma, S. Francesco a Ripa, per essere ricevuto all’Ordine e il 18 maggio successivo vestì l’abito religioso nel convento-noviziato di S. Francesco in Nazzano e fu chiamato fra Cosimo. A un anno esatto emise la professione religiosa e per richiesta della madre gli fu di nuovo cambiato il nome in fra Carlo, e cominciò il suo pellegrinaggio nei vari conventi laziali. Risiedette successivamente nei conventi di S. Maria Seconda in Morlupo, di S. Maria delle Grazie in Ponticelli, di S. Francesco in Palestrina, di S. Pietro in Carpineto Romano, di S. Pietro in Montorio e di S. Francesco a Ripa in Roma. Tra il 1640 e il 1642 dimorò per breve tempo nei conventi di S. Giovanni Battista al Piglio e in quello di S. Francesco in Castelgandolfo. NelI’ottobre 1648, ascoltando la Messa nella chiesa di San Giuseppe a Capo le Case in Roma, al momento dell’elevazione, ricevette dall’Ostia divina una ferita di amore al petto. Carlo si distinse per l’umiltà, l’ubbidienza, la pietà serafica e l’amore verso il prossimo, riuscendo ad unire alla più intensa vita interiore e contemplativa una instancabile attività caritativa e apostolica che lo condusse a Urbino, a Napoli, a Spoleto e in altre città. Ai lavori consueti del suo stato (era religioso laico, e dunque fu addetto alla cucina, al refettorio, alla portineria, al giardino, alla “cerca”) unì una insospettabile attività letteraria (benché a scuola avesse imparato a leggere e a scrivere malamente), con scritti che vanno dall’autobiografia alla teologia mistica. Laici, sacerdoti, religiosi, vescovi, cardinali e pontefici si giovarono dell’opera di Carlo, che aveva avuto da Dio doni straordinari, tra i quali, in particolare, quelli del consiglio e della scienza infusa. Al Pp Alessandro VII, che lo interrogava su Girolama Spada, giustiziata come eretica a Campo de’ Fiori il 5 luglio 1659, Carlo rispose che non si era mai recato a casa della donna, sapendo che in lei non v’era nulla di buono. Papa Clemente IX lo inviò a Montefalco per esaminarvi lo spirito di una monaca, falsamente ritenuta santa. Carlo predisse il supremo pontificato ai cardinali Fabio Chigi (Alessandro VII), Giulio Rospigliosi (Clemente IX), Emilio Altieri (Clemente X) e Gianfrancesco Albani (Clemente XI). Dopo la morte, avvenuta il 6 gennaio 1670, a San Francesco a Ripa, comparve sul petto di Carlo un singolare stigma, che fu riconosciuto di origine soprannaturale da un’apposita commissione medica e fu addotto come uno dei due miracoli richiesti per la beatificazione. I processi canonici, iniziati poco dopo la morte, subirono notevoli ritardi dovuti a contingenze storiche. Papa Clemente XIV dichiarò l’eroicità delle virtù il 14 giugno 1772; Pp Leone XIII lo beatificò il 22 gennaio 1882; il Beato Giovanni XXIII lo canonizzò il 12 aprile 1959. La sua festa si celebra il 6 gennaio. San Carlo, insieme a san Lidano d’Antena (1026-1118) è patrono di Sezze e della diocesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno. Significato del nome Carlo: “forte, virile, libero” (tedesco arcaico).

Oggi si celebrano anche:
_ Sant’ Andrea Corsini
_ Santa Raffaella Maria del Sacro Cuore
_ Beato Andrea Bessette

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Padre nostro, fà che amiamo questo nostro tempo e vi leggiamo sempre i segni del Tuo Amore.
Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat.


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1690, Willhelm Rhyne introduce in Occidente l’agopuntura. Il medico olandese, durante un viaggio in Cina apprende e introduce in Europa la tecnica dell’agopuntura, che rimarrà ignorata per molto tempo.

compleanni
1412 Giovanna d’Arco
1937 Paolo Conte
1938 Adriano Celentano
1972 Nek

proverbio
I titoli sono ora così comuni che per distinguersi è meglio non averne

accadde oggi
1976 in Giamaica apertura della riunione sul Fondo Monetario Internazionale
1980 in India, le elezioni sono vinte dal Partito del Congresso di Indira Gandhi
2001 l’anno giubilare 2000 viene concluso con la chiusura della Porta Santa in Vaticano

frase celebre
“Esperienza è il nome che ciascuno dà ai propri errori”
Oscar Wilde, Il ventaglio di Lady Windermere

consiglio
Collutorio
Lasciate in infusione in acqua bollente per un giorno ed una notte circa 4gr. di petali di rose. Filtrate e mescolate con 4gr. di miele per ogni grammo di liquido ottenuto. Otterrete un ottimo preparato per alleviare le infiammazioni della bocca

cosa vuol dire
Carpe diem
Cogli la giornata
Frase di Orazio che utilizza per sottolineare la precarietà della vita e la saggezza di chi è in grado di cogliere l’attimo fuggente.
consiglio per terrazzo orto e giardino
Controllare il prato
Se il prato, una volta libero dalla neve, presenta qualche pozza fangosa, ci si limita a praticare qualche foro e a ristabilire l’uniformità della superfice spargendo torba mista a sabbia, che assorbe l’acqua lasciandola poi filtrare. Non si deve zappare per fare delle vere e proprie riparazioni, perche nella chiazza potrebbero esserci delle radici ancora vive e in grado di ricacciare.

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