La Chiesa dei Cappuccini
La chiesa dei Cappuccini venne fondata nel 1724 per volere del principe Giuseppe Galletti. Fu consacrata il 09/07/1738, come attesta la lapide posta sul muro di destra della chiesa. Dall’anno della consacrazione, vi venne trasferita, insieme con il quadro della Madonna, la festa di Maria SS. Assunta, che si celebrava nella Chiesa Madre.Il convento conservava una biblioteca, ricchissima di volumi e di pregevoli opere teologiche, filosofiche, storiche, scientifiche, nonché di molti manoscritti.Nella chiesa dei Cappuccini si possono ammirare: l’altare maggiore, vero e proprio gioiello in legno con colonnine e capitelli pregevolmente rifiniti, scolpiti da un monaco del convento e il tabernacolo, che ha sulla cupoletta una statuina del buon Pastore e i quattro altari laterali.
La base dell’altare è abbellita da quattro statue raffiguranti i quattro evangelisti, sormontati dalle tre virtù teologali: fede, speranza, carità; e di seguito, San Paolo e Mosè. Si vedono quindi i tre arcangeli: Gabriele, Michele e Raffaele; più in alto spiccano le statuette di San Pietro, San Paolo, San Giuseppe e San Giovanni Battista; al centro il Padre Eterno.A destra, entrando nella chiesa si trovano, oltre alle lapide in marmo con iscrizione in latino, l’altare di Maria SS. Assunta con la statua della Madonna che sta per spiccare il volo, e l’altare del SS. Crocifisso, dove fa una meravigliosa mostra di se un crocifisso in legno e a grandezza naturale, opera dello stesso monaco che scolpì l’altare maggiore. A sinistra si trovano due altari; tra l’uno e l’altro c’era un pulpito in legno, al quale si accedeva dal corridoio d’ingresso nel convento. Lo sfondo dell’altare maggiore, anch’esso in legno pregiato, conserva sotto cristalli molte reliquie di santi nascoste da un quadro a sali-scendi, raffigurante la Madonna e Gesù bambino con ai lati San Michele, San Giuseppe, San Francesco, Santa Chiara e San Cataldo. Sulle reliquie, al centro dell’altare, spicca un medaglione in legno intarsiato con la scritta: ”Ite ad Joseph-Gennaio 1538’’e ai due lati due statuette raffiguranti una coppia regale: probabilmente il re Ludovico e la regina Elisabetta di Ungheria, terziari francescani.
La Chiesa di S. Anna
E’ situata a Pizzo Carano, un quartiere alla periferia di San Cataldo, molto vasto, per cui si è sentita la necessità di costruire una chiesa. Essa nel 1980 viene fondata da Padre Milazzo, il quale, in onore di un gruppo di suore devote a S. Anna, ha voluto dedicarla a questa santa. Rientra nel territorio di S. Stefano. La prima sede fu una chiesetta prefabbricata, che successivamente diventò un locale per la dottrina cattolica; la seconda un garage.
La Chiesa di S. Domenico Savio
È una struttura prefabbricata, dove nel 1987 si è spostata la parrocchia, a due anni e mezzo dall’affitto del garage in cui è nata. È stata donata a Padre Michele Ambra da un sacerdote di Montevago, che, regalandogli il prefabbricato dove abitava, (avendo avuto in assegnazione una casa in muratura) ha risolto tanti problemi, da che il proprietario del garage non voleva più rinnovare l’affitto. In quella occasione, i parrocchiani hanno dimostrato grande spirito di collaborazione recandosi con padre Ambra a Montevago per smontare e caricare sui camion la struttura che hanno rimontato gratuitamente a San Cataldo.A questa nel 1999 se ne è aggiunta un’altra, acquistata a S. Margherita Belice, ed utilizzata per il catechismo, come salone teatrale o per organizzare delle riunioni. La chiesa è dedicata a San Domenico Savio. Sull’altre si trovano le reliquie del corpo del Santo (un pezzo di osso) e sui lati due grandi quadri: sul lato destro, una pittura ad olio, donata da un benefattore, raffigurante San Domenico; sul lato sinistro, un dipinto di un pittore sancataldese, B. Foresta, raffigura la Madonna Della Salute.
La Chiesa di S. Antonio Abate
Nel sito dove attualmente esiste la detta Chiesa, esisteva anticamente, una cappella attaccata ai molini, detti volgarmente “Gentimoli”, della famiglia Amico. In questa cappella era venerata l’effige di Sant’Antonio Abate, per cui quel quartiere, in contrada Morillo, fu chiamato “quartiere S. Antonio” e, in lingua volgare “Sant’Antuni”, come si chiama tutt’ora. Verso l’anno 1850 il sig. Luigi Amico “di Gaetano”, uno dei proprietari dei detti molini, promosse la costruzione di una piccola chiesuola, che fu eretta, in gran parte a proprie spese, dove prima era stata la cappella di Sant’Antonio Abate. Alla costruzione di questa chiesuola concorse pure il popolo del quartiere con offerte e più col lavoro trasportando “a gara” pietre, acqua e altro materiale che serviva alla costruzione. Luigi Amico costituì rendite per il culto della predetta chiesuola che, benedetta dalla competente autorità ecclesiastica, fu dedicata a Maria Ss.ma Addolorata. Le modeste rendite furono destinate parte per i bisogni della Chiesa, parte per la celebrazione di sante Messe nei giorni domenicali e festivi. Il sig. Amico ed in seguito i suoi eredi, amministrarono le dette rendite fino al 1898. Vari sacerdoti vi funsero da cappellani per la celebrazione della santa Messa durante l’amministrazione della famiglia Amico, l’ultimo di questi cappellani fu il Sac. Can. Cataldo Pagano che si dimise da quest’ufficio nel 1898. In questo anno fu affidata la detta chiesuola dal Vescovo di Caltanissetta S.E. Mons. Ignazio Zuccaro alle cure del Sac. Benef. Cataldo Mistretta, il quale, nominato Rettore, succedette alla famiglia Amico nell’amministrazione dei canoni e rendite della Chiesa. Il Sac. Benef. Mistretta con zelo instancabile si propose e portò a fine l’ampliamento della detta Chiesa. Nel 1900 suscitò l’entusiasmo nella popolazione del quartiere, raccolse elemosine e varie riprese, abbattè i muri della chiesuola, meno quello esposto a mezzogiorno, allargò molto (relativamente) l’area e costruì le nuove mura, considerevolmente più alte della prima e nello spazio di sei anni circa, con mirabile industria completò la nuova Chiesa nelle dimensioni nelle quali oggi si osserva. La popolazione del quartiere, corrispose mirabilmente agl’inviti del Sac. Mistretta, raccogliendo e trasportando dalle vicine campagne, pietre, acqua e altri materiali, ripetutamente, fino al compimento della nuova Chiesa. Completata questa e arredata dei suppellettili necessari al culto, desiderava il Sac. Mistretta dedicarla a Maria Ss.ma del Carmelo, in onore della quale esisteva l’omonima Congregazione, già fondata nella primitiva chiesuola dal suo predecessore il Sac. Can. Pagano per l’iscrizione allo Scapolare del Carmelo, ma osservato dalla superiore autorità ecclesiastica che in San Cataldo il titolo di Maria Ss.ma del Carmelo lo portava già la Chiesa del Collegio di Maria, fu stabilito che la nuova Chiesa edificata dal Sac. Mistretta fosse dedicata a Maria Ss.ma Addolorata e del Carmelo e sotto questo titolo fu solennemente benedetta nel 1906. In seguito poi, il Sac. Mistretta si cooperò alla costruzione della magnifica statua di Maria Ss.ma del Carmelo, opera del rinomato scultore Zanario di Roma, e ottenuto debitamente il permesso dalla competente autorità ecclesiastica, ne stabilì la festa e la relativa processione la domenica immediatamente successiva all’Assunzione di Maria Ss.ma. La prima processione fu fatta solennemente l’anno 1908 (23 agosto). Interdetta dal Vescovo la primitiva statua dell’Addolorata, perché deforme, il Sac. Mistretta ne commissionò un’altra di bella forma in cartapesta che fu opera del rinomato statuario Guacci da Lecce. Distrutta questa dall’umidità, il successore Sac. Giuseppe Guarneri nel 1925 fece costruire, identicamente a quella del Guacci, dallo statuario Giuseppe Emma da San Cataldo l’ultima statua dell’Addolorata che tutt’ora si venera in questa Chiesa. Per lo zelo del Sac. Mistretta fu fatta pure, nella fonderia di Udine, la campana grande della Chiesa del peso di circa tre quintali e mezzo, questa, benedetta, fu dedicata a Maria Ss.ma del Carmelo. Fu benedetta solennemente dal Vescovo di Caltanissetta S.E. Mons. Antonio Augusto Intreccialagli dell’Ordine Carmelitano. Durante il rettorato del Sac. Mistretta la Chiesa del Carmelo fu dotata di un legato di Ss. Messe e a vantaggio del culto, consistente in canoni enfitentici che furono comprati nel 1905 dai coniugi Salvatore Carletta e Grazia Maira con atto del 13 ottobre presso il Notaio Enrico Vassallo e con altro atto del 27 novembre 1908 presso in Notaio Vincenzo Vassallo. Il Sac. Mistretta con elemosine raccolte costituì nella Chiesa un legato perpetuo per la celebrazione di sante Messe e a tal fine comprò un canone enfitentico di £ 33,08 col suddetto atto del 27 novembre 1908 presso il Notaio Vincenzo Vassallo. Egli pure fu autore del legato della “fu Grazia Vizzini”.
Dimessosi il Sac. Mistretta nel novembre del 1919 gli successe nell’ufficio di Rettore il Sac. Giuseppe Guarneri fu Gaetano. Questi, nominato Rettore nei primi di dicembre del 1919 dal Prelato S.E. Mons. Intreccialagli già Vescovo di Caltanissetta, ma in quell’epoca Arcivescovo di Monreale e contemporaneamente Amministratore Apostolico di Caltanissetta, governò la Chiesa del Carmelo, (propriamente dedicata a Maria Ss. Addolorata e del Carmelo come si è detto) dal giorno 15 dicembre 1919 a tutto l’anno 1929. Durante il rettorato del Sac. Guarneri furono fatte nella Chiesa le seguenti opere: nel 1923 il paramento di legname che fu costruito dal falegname Arcangelo Gulino. Nel 1924 la campana piccola del peso di Kg 64. Questa fu costruita dal fonditore Luca Virgadamo da Bugio (provincia di Agrigento), fu benedetta solennemente da S.E. Mons. Alberto Vassallo di Torregrossa, Arcivescovo titolare di Emesa e Nunzio Apostolico in Baviera. La cerimonia fu fatta la prima domenica di agosto (3 agosto) del 1924 e la campana fu dedicata a Sant’Antonio Abate. I padrini furono i coniugi Salvatore Dellutri e Carmela Pignatone che in quell’occasione erogarono generosamente la somma di mille lire per coprire le spese dell’eseguita campana. Nel 1925, come sopra si è detto, fu fatta l’ultima statua dell’Addolorata. Nel 1928 fu riparato radicalmente il pavimento, dalla porta fino al coro, escluso, poiché il pavimento preesistente era tutto ributtato per difetto di costruzione. Fu scavato il suolo a trenta centimetri di profondità, quindi fatto il ciottolato in secco fu collocato il bitume e sopra questo i mattoni in cemento allo stesso livello del pavimento precedente. Nel 1929 fu riparato pure radicalmente il pavimento del coro ossia presbiterio che per difetto di costruzione si trovava nelle identiche condizioni del primo anzidetto e fu quindi necessario ricostruirlo con ciottolato e bitume dello spessore di trenta centimetri. Nel contempo (anno 1929) sopra uno strato di calcestruzzo in cemento, dello spessore di cinquanta centimetri, fu eretto l’Altare Maggiore in marmi di vari colori, che venne mondato sopra un’ossatura di mattoni e cemento. Quest’Altare fu opera del marmorario Michele Falzone di Marco da Caltanissetta e costò lire cinquemila oltre le spese di collegamento. Il sig. Salvatore Giunta <>, concorse generosamente di questo Altare offrendo la somma di lire quattromila.
Nel mese di novembre 1929 il Sac. Guarneri modificò, rialzandolo e portandolo a forma più gentile, l’abside della cappella del Carmelo all’Altare Maggiore. Il mercoledì 11 dicembre 1929, S.E. Mons. Giovanni Jacono Vescovo di Caltanissetta, Consacrò solennemente l’Altare Maggiore dedicandolo a Maria Ss.ma del Carmelo, rinchiudendo nel sepolcreto dell’Altare le reliquie dei santi Martiri Severo e Clemente.
Acciocchè non sembri esagerato o favoloso ai futuri che il solo Altare di marmo costò lire cinquemila e la piccola campana circa lire mille, è dovere far noto che a causa della grande guerra la moneta italiana, come quella di altri Stati che parteciparono alla guerra, fu notevolmente svalorizzata, sicchè tutti i generi che prima della guerra si ottenevano a prezzi normali, dal 1918 in poi costavano il quintuplo, il settuplo e anche (alcuni generi) il decuplo dell’epoca anteriore alla guerra. Le opere compiute in questa Chiesa dal Rettore Sac. Guarneri, cioè: paravento, campana, pavimento, abside, Altare ed altre di minore rilievo costarono complessivamente lire sedicimila: in tempi normali le suddette opere sarebbero costate da quattro a cinquemila lire. Fra i principali benefattori della Chiesa è da annoverarsi la defunta Maddalena la quale lasciò un legato di £ 125 per Messe.
Dopo Padre Guarneri si susseguirono altri Rettori: il Sac. Antonino Giunta, il Rettore Gabriele Nicosia Arciprete, il 1968 il Rettore Angelo Pellegrino Parroco, dal 1974 il Rettore Gaetano Arcarese Parroco e dal 1983 è in carica il Rettore Sac. Giuseppe Lo Monaco.
Il 31 marzo 1983, il VII Vescovo di Caltanissetta, S.E. Mons. Alfredo Maria Garsia, nomina il Sac. Giuseppe Lo Monaco, Rettore di S. Antonio.
La Chiesa di S. Lucia
La chiesa risale ai primi anni del XVIII secolo. Riedificata nel 1860, e dedicata alla Madonna della provvidenza il 13 Dicembre, festa di Santa Lucia protettrice della vista, diventa meta di tutti i devoti della Santa che sono tanti e per non restarne fuori, molti, fin dalle prime ore del mattino, vi affluiscono in silenzioso e composto pellegrinaggio. Nella chiesa, che è a croce greca, si può ammirare una bellissima statua di San Vincenzo Ferreri, protettore dei muratori, che i fedeli co-festeggiavano ogni anno. La statua, che è opera del Bagnasco, rappresenta a grandezza naturale il santo domenicano aureolato nell’atto di alzare la mano per fermare nel vuoto e quindi salvare un muratore dal ponte di lavoro.San Vincenzo Ferreri, nato nel 1350 a Valenza, in Spagna, entrato nell’ordine dei domenicani, era stato ordinato prete nel 1379 ed aveva rifiutato vari episcopati e, pare, il cardinalato. Dopo una lunga malattia, cui seguì la miracolosa guarigione, cominciò la sua missione di evangelizzatore e predicatore, che durò sino alla morte, avvenuta il 5 Aprile 1419, in Bretagna. Egli fu dichiarato santo dal papa Callisto II, nel 1455.
La Chiesa di S. Giuseppe
La chiesa San Giuseppe sorge intorno al 1660, fu ricostruita nella prima metà del 700 per iniziativa del sac. Don Baldassare Amico Roxas, arciprete dal 1720 al1738. In questo secolo fu gravemente danneggiata da una frana, ma nell’Ottocento fu restaurata e rimessa a nuovo. E’ una chiesa a tre navate, il cui altare maggiore, opera del Lopez, è dedicato a San Giuseppe. Per iniziativa del sacerdote Don Giuseppe Sant ’Angelo è stata lussuosamente pavimentata e fatta affrescare nella volta dal pittore gelese Emanuele Catanese, infine abbellita da un bell’organo. Nel 1891 il cardinale Don Biagio Asaro rinnovò il prospetto, sostituendo anche i tre portoni d’ingresso, e fece costruire in marmo dal Lopez gli otto altari laterali. Nel 1919, infine, Don Calogero Cammarata rifece in marmo il prospetto della cappella di Sant’Antonio da Padova. Sono da ammirare le statue : dell’addolorata, di San Giuseppe e di Sant’ Antonio. La festa più importante è naturalmente quella di San Giuseppe, che viene celebrata il 19 Marzo con una processione della statua settecentesca, che il principe Giuseppe Galletti donò alla chiesa e con un pranzo ai poveri: “la tavulata”.
La Chiesa di San Francesco Signore dei Misteri
Situata di fronte al Calvario, risale al 1770. In origine fu chiamata Signore dei Misteri. Nel periodo di guerra vi alloggiavano i soldati. Nel 1965, quando la signorina Filomena Calabrese, Ministro dell’ordine Francescano Secolare, ha cominciato ad interessarsi a essa, era in bruttissime condizioni: diroccata, con il pavimento malandato e utilizzata come deposito per il legname. La signorina Calabrese e le sue consorelle, elemosinando, organizzando lotterie e promuovendo diverse iniziative volte a raggranellare i fondi, ottenuto il permesso dal Comune, hanno fatto iniziare i lavori che sono durati tanto tempo. Con molte difficoltà e raccogliendo soldi come poteva, la signorina ha anche acquistato i banchi, fatto sistemare le porte e costruire l’altare e il paravento. Priva di un prete, la Messa vi si celebra solo mensilmente, in occasione delle riunioni dell’Ordine e in qualche periodo particolare(San Francesco, S. Elisabetta). Oggi viene utilizzata prevalentemente per le riunioni dell’Ordine Francescano, per le iniziative sociali della parrocchia e per le riunioni di varie comunità religiose, dietro permesso dell’Ordine. Nella chiesa, che è ad unica navata, decorata da stucchi dorati, c’è un quadro di S. Elisabetta, patrona dei Francescani e una statua di San Francesco in legno, che erano dell’Ordine, mentre nel salone attiguo si trova un quadro di San Francesco.
La Chiesa del Purgatorio
Ad unica navata, la Chiesa del Purgatorio è la più antica della Città. Originariamente fu dedicata al Santissimo Crocifisso dalla omonima confraternita che in essa aveva sede. Nel 1895 vennero restaurati gli stucchi e la Chiesa fu resa più accogliente da padre Rosario Mammano. In questa Chiesa si venera la Madonna di Fatima.
La Chiesa Madre
La “Matrice” è stata per tutte le generazioni della nostra città non solo il sacro solenne tempio per il rendimento di grazie, ma anche la “casa del popolo”: ognuno di noi vi è entrato come a casa propria, senza chiedere altro permesso che quello della coscienza. In questo vissuto autobiografico tracciato dall’on. Giuseppe Alessi, in occasione del 250° della dedicazione della Chiesa Madre di San Cataldo, possiamo cogliere la grande carica simbolica che essa rivestiva e che ancora oggi permane nell’immaginario collettivo sancataldese. Lo spazio sacro ci restituisce i tratti più profondi della storia dei nostri padri, e ci rinvia ad un passato recente altrettanto significativo per la storia della chiesa e del paese. La presenza dei monumenti funebri della serva di Dio Mariannina Amico Roxas e dell’amato mons. Cataldo Naro, testimoni del Cristo risorto, rendono ancor più viva e cara l’appartenenza alla chiesa madre. Elemento costante, una sorta di filo rosso, che affiora sin dalle origini della chiesa, è il caparbio attaccamento ad essa della popolazione. A cominciare dal Seicento, la struttura subì un improvviso crollo della parte delle cappelle del Crocifisso e di san Cataldo, costringendo la comunità a ricostruirla, ad ampliarla e a renderla più maestosa. Certamente va dato merito alla famiglia Galletti, fondatrice del paese e attenta promotrice delle opere pubbliche locali, di aver fatto erigere una chiesa che architettonicamente risulta tra le più interessanti della diocesi di Caltanissetta. Spettò, infatti, a
Vincenzo Galletti, figlio del fondatore del paese, dotare il nascente tessuto urbano di una chiesa maggiore, intitolata alla Natività di Maria, nella parte alta di esso, posizionata su un’emergenza rocciosa nei pressi del castello. E’ un periodo di forte movimento demografico, in cui la chiesetta degli agostiniani, situata nella parte bassa dell’attuale via San Nicola, non era più sufficiente a soddisfare i bisogni spirituali di una popolazione in continua crescita. Il barone Vincenzo chiese dunque nel 1632 l’autorizzazione al vescovo di Agrigento, entro cui ricadeva il suo territorio a livello ecclesiastico, di costruire una chiesa e di fondare un’arcipretura, disponendo a tal riguardo una rendita di 40 onze annuali per essere aperta al culto. La chiesa, a pianta basilicale con cupola centrale, fu concepita secondo i canoni barocchi e le istanze tridentine legate all’evangelizzazione delle masse contadine. Solo nel secolo successivo si potè consacrarla ufficialmente. Il 9 maggio del 1739 il vescovo di Catania, Pietro Galletti, fratello del principe Giuseppe, fu chiamato per celebrare la solenne funzione della dedicazione del tempio all’Immacolata. E’ possibile rilevare l’organizzazione spaziale dell’edificio di quel periodo attraverso la visita pastorale del 1745, intrapresa dal vescovo di Agrigento, Lorenzo Gioeni. Dai documenti apprendiamo che erano presenti sette altari laterali per navata, le cappelle del Sacramento e del santo patrono, san Cataldo. L’autore del progetto della chiesa rimane sconosciuto, benché sia riconducibile alla cerchia di collaboratori e capomastri del famoso architetto Vaccarini che nello stesso periodo era attivo a Catania per volere del vescovo Galletti.Tra i maestri catanesi figura la famiglia Caruso e uno di questi componenti, Giuseppe, compare nel 1768 quale capomastro dell’università di San Cataldo, incaricato di eseguire una serie di lavori riguardanti la facciata della chiesa, il pavimento e la collocazione del monumento funerario in memoria di Giuseppe Galletti situato nel transetto di sinistra. Il diritto di patronato che vantavano i Galletti sulla chiesa li portò a riversare ingenti somme di
denaro destinate ad abbellirla e nel corso del tempo pure gli arcipreti intervennero per renderla sempre più decorosa, come Calogero Carletta che, nella prima metà del Novecento, incaricò il pittore sancataldese Salvatore Naro di decorare la volta centrale a botte. La chiesa, nonostante le sollecite attenzioni ricevute dalle autorità ecclesiastiche, non ha mai goduto di buona salute, a causa dei micromovimenti della struttura che ne compromettevano la stessa esistenza. Il 1965 si ricorda per l’improvvisa chiusura al culto della chiesa al seguito di un’ordinanza del sindaco del tempo, Ferdinando Maiorana. Era il 24 aprile. San Cataldo si ribellò a tale decisione, aggravata ancor più dalle voci insistenti della necessità di abbattere la chiesa per ricostruirla in un luogo più sicuro. Le proteste non furono vane e i sancataldesi strapparono alle autorità la promessa di tornare sulle loro decisioni. Difatti, fu ufficialmente comunicato che la chiesa, pur rimanendo chiusa per ragioni di sicurezza, non sarebbe stata più demolita. La costituzione di un comitato cittadino, capeggiato dall’on. Giuseppe Alessi, riuscì attraverso un coinvolgimento della popolazione e delle istituzioni locali a raccogliere i fondi da utilizzare per alcuni lavori urgenti di risanamento. Era il giorno dell’Immacolata del 1979 e il suono a festa delle campane annunciò la riapertura della chiesa. Numerose statue e pitture affollano lo spazio sacro. Ricordiamo solo alcune opere particolarmente interessanti. Il dipinto del 1781, la Natività di Maria, eseguito dal sancataldese Carmelo Riggi per l’altare maggiore. Meritano di essere citate il quadro dell’Adorazione dei pastori di anonimo settecentesco; le sculture del Crocifisso in avorio, di san Michele Arcangelo, dell’Immacolata e di san Cataldo, tutte di autore ignoto e di epoche diverse. Indubbiamente ripercorrere le vicende della chiesa madre significa non solo ricostruire la storia di una parrocchiale (unica in paese sino al 1924), ma anche quella di un’intera comunità postasi all’ombra dell’elegante struttura, unita nel sentimento che ci accomuna nel sentirla nostra.
La Chiesa Mercede
Ad unica navata è tra le più antiche chiese di San Cataldo.Non sarebbe sorta dov’è attualmente, bensì nei pressi di via San Nicola. Andata in rovina, fu ricostruita dove ora si trova e annessa al già esistente convento. Nel 1676 sia la chiesa, sia il convento, furono affidati ai padri mercedari. Ma in seguito alla legge che sopprimeva gli enti ecclesiastici, i mercedari dovettero lasciare il convento che, acquistato dal comune, venne adibito nel pianterreno a ufficio postale e nei piani superiori a scuola. Nel 1878 poiché il paese si espandeva sempre più e si dovette allungare il corso Vittorio Emanuele sino all’attuale edificio scolastico De Amicis, il Convento fu demolito, mentre la Chiesa rimase in piedi. Nel 1898, ad opera e per iniziativa di un monaco Sancataldese, Padre Michele Curto, fu iniziata la costruzione di un nuovo Convento dietro la Chiesa e lungo il nuovo tratto del Corso Vittorio Emanuele. Nel 1901, a costruzione ultimata, tornarono i padri Mercedari, che continuarono e tutt’ora continuano ad aver cura, oltre che della chiesa posta ad angolo tra Corso Vittorio Emanuele e Via Cavour, anche delle anime…a domicilio: hanno infatti installato una stazione radio, la quale consente a tutti i fedeli, impossibilitati a recarsi in chiesa, di seguire e di partecipare ai riti tradizionali. Questa chiesa, comunemente nota come il “Convento”, è dedicata alla Madonna della Mercede, così chiamata, perché San Pietro Nolasco, fondato un ordine religioso per la redenzione, propose di offrire i suoi frati come “mercede”, cioè riscatto in cambio della loro redenzione e fece protettrice dell’ordine la Madonna, che fu detta appunto della “Mercede”: è così spiegato anche il significato del vocabolo “Mercedari”. Di questa Madonna esiste nella chiesa una bellissima statua di legno, opera del Bagnasco. Vi si conservano anche sei quadri antichi (fine ‘600-primi ‘800), dipinti da un autore ignoto; pure di autore ignoto sono: il Bambinello e la statua di San Raimondo “Nonnato”, che qualcuno vorrebbe attribuire allo stesso Bagnasco. Di San Raimondo non si hanno notizie certe: Si sa che era Spagnolo, che nacque nel XII secolo e che morì a Cordova nel 1240; il suo soprannome “NONNATO”, pare gli sia stato dato, perché fu’ estratto dal grembo della madre, quando questa era già morta; quindi non era nato come normalmente si nasce.
La Chiesa Cristo Re
Con lo spostamento di alcuni rioni della città a causa della frana e la creazione del rione Marcello, venne progettata la chiesa di Cristo Re. Nel1957 l’onorevole Francesco Pignatone, allora Sindaco della città, ottenne il primo finanziamento di £. 50.000.000 e la costruzione ebbe subito inizio. La chiesa ad un’unica navata, il campanile di forma quadrangolare, il battistero a base ottagonale, sembrano fatti ciascuno a sé stante ma, contemporaneamente, formano un unico complesso architettonico armonico-moderno degno dell’illustre architetto, dott. Domenico Li Vigni, funzionario dell’ispettorato tecnico dell’Assessorato Regionale Siciliano.
La chiesa è stata consacrata al culto il 27-9-1963 da mons. Monaco, vescovo della diocesi, con una cerimonia solenne, alla quale prese parte il complesso della Schola Cantorum locale, diretto dal maestro Nicolò Caruana.
Chiesa di S. Stefano
La chiesa di Santo Stefano è stata fondata nel 1725. Nel 1793 iniziarono i lavori di ricostruzione ad opera dei filippini, dediti all’educazione ed alla redenzione umana e sociale del popolo. Inadatta a soddisfare le esigenze sia dei Filippini sia della popolazione, venne ristrutturata e ingrandita. Nel 1795 la nuova chiesa era già ultimata, anche se disadorna e quasi rustica. Ben presto però, a seguito dell’ulteriore sviluppo della confraternita dopo il suo riconoscimento ufficiale, fu ancora una volta ricostruita e ingrandita nonché dedicata a Santo Stefano e a San Filippo Neri. Nel 1817 don Gaetano Riggi fece erigere una cappella, che dedicò a Maria Addolorata. Nel 1845 padre Rosario Pirrelli acquistò una casa attigua all’Oratorio e vi fece costruire una cappella, dove collocò un crocifisso che teneva e venerava in casa e che perciò fu detto: ”U Crucifissu di patri Pirriddu”, la cui festa è celebrata la quarta domenica dopo Pasqua. Il 2 novembre 1924, la chiesa, che fin 1887 funzionava come succursale parrocchiale della Madrice, fu elevata a parrocchia e il suo primo parroco fu padre Rosario Giuliana. Lesionata dalla frane e pericolante, nel 1948 fu fatta demolire dal parroco Antonio Giunta, che iniziò la costruzione della nuova chiesa, partecipando manualmente ai lavori, ma non ne vide il completamento perché sorpreso dalla morte nel 1955.
Il Calvario
Da più di cento anni in questo luogo si celebra, in ricordo della crocifissione di Gesù Cristo, la Scinnenza, rappresentazione con personaggi dal vivo della Crocifissione e della Morte di Cristo.
Nel corso degli anni diverse modifiche sono state apportate. Oggi il Calvario, dopo l’ultimo rifacimento del 1964, si presenta con una chiesetta centrale e 14 cappelle disposte a semicerchio nelle quali vengono conservate le statue della Via Crucis.
Per la rappresentazione annuale della Scinnenza, viene allestito un palco sul quale prendono posto i personaggi in costume. Ai piedi del palco migliaia di persone accorrono per assistere alla celebrazione più amata della Settimana Santa sancataldese.
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