L’Italia dei grandi poeti e dei grandi navigatori aspira ad un futuro ambizioso: tornare ad essere un paese agricolo. Il primo ad averlo capito è stato sicuramente l’ex senatore sardo Silvestro Ladu che, con i soldi del partito, aveva comprato un intero gregge di pecore più un vitello grasso da dare in pasto ai suoi elettori affamati. Lungimiranti i nostri politici!
Qui si pensa solo a mangiare, mentre le industrie italiane scappano all’estero senza pensarci due volte. Ogni giorno ci viene “rubato” un pezzo di made in Italy e non ci resta che gridare al ladro.
Quando interi distretti vengono erosi dalla crisi qualche dubbio comincia a sorgere, ma anche molta preoccupazione comincia a farsi strada. Per ogni azienda che minaccia di smontare le tende si aprono tavoli di concertazione, tanta baldoria, azioni dimostrative, ma questa è solo la fase finale, quella del non ritorno e della disperazione di tanti lavoratori. Il problema, ormai troppo diffuso, va risolto a monte. Si pensa sempre a finanziare le banche, mai le imprese. Si tassa il lavoro, ma non si pensa ad approntare un serio piano industriale. L’Italia si sta deindustrializzando e questo lo hanno notato anche in Europa, un po’ meno i nostri governi. Le più grandi case di moda sono volate via, Electrolux si appresta a fare le valigie per la Polonia, la Fiat si è già fatta strada. Tantissimi imprenditori hanno preferito investire altrove perchè l’Italia impone all’industria le tasse più alte d’Europa. Tutto questo ci porta verso il disastro, o forse verso forme di sussistenza più primitive. Tra un pascolo e l’altro potremo bearci dei panorami mozzafiato che il nostro paese ci offre. Basterà sapere di essere nati in uno dei posti più belli del mondo per ritenerci dei grandi privilegiati.
Valentina La Ferrera
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