venerdì , Marzo 31 2023

Epatite C, in Sicilia almeno 150.000 i pazienti portatori del virus

epatite c

Oggi guarire dall’Epatite C è sempre più possibile, grazie alle attuali terapie in grado di eradicare

il virus in 2 pazienti su 3 e alla rete dei Centri specialistici autorizzati dall’AIFA,

dove i pazienti possono ricevere una diagnosi appropriata ed essere seguiti al meglio.

L’Epatite C è una patologia subdola e può evolvere in cirrosi in modo imprevedibile.

L’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di persone positive al virus:

circa il 3% della popolazione italiana è entrata in contatto con l’HCV.

Nel nostro Paese i portatori cronici del virus sono almeno 1,6 milioni,

di cui 330.000 con cirrosi epatica, molti dei quali devono ancora scoprire l’infezione

Parte oggi la campagna nazionale: “Epatite C – Le novità ci sono. Informati adesso”, promossa da EpaC Onlus, con l’obiettivo di sensibilizzare i pazienti con Epatite C a informarsi sulle attuali opportunità terapeutiche disponibili nella rete dei Centri autorizzati da AIFA.

L’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di persone positive al virus dell’Epatite C: circa il 3% della popolazione italiana è entrata in contatto con l’HCV. Si stima che i portatori cronici siano almeno 1,6 milioni, di cui 330.000 con cirrosi epatica. Di questi, ogni anno, circa 20.000 muoiono per malattie croniche del fegato causate dall’Epatite C. Un numero imprecisato deve ancora scoprire l’infezione.

«L’Epatite C in Italia è un problema dalle dimensioni impressionanti, con un pedaggio pesantissimo di morti – afferma Antonio Craxì, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Gastroenterologia e Epatologia, Dipartimento Biomedico di Medicina Interna e Specialistica (Di.Bi.M.I.S.) di Palermo – La Sicilia conta per l’8-10% della realtà italiana e quindi possiamo ipotizzare che nel suo territorio ci siano almeno 150.000 portatori di Epatite C, di cui almeno 1/3, se non di più, con una grave malattia di fegato potenzialmente causa di cirrosi e di morte».

L’Epatite C è una malattia subdola perché nella maggior parte dei casi rimane asintomatica per anni o addirittura per decenni, ma silenziosamente il virus lavora, provocando gravi danni al fegato. Quasi la metà dei pazienti può sviluppare cirrosi nell’arco di 25-40 anni, altri possono sviluppare manifestazioni extraepatiche, come vasculiti e danni renali fino ad arrivare all’epatocarcinoma e al trapianto. È importante eradicare il virus prima che si sviluppino questi elementi di gravità clinica. «Ancora oggi, molte persone con infezione da virus dell’Epatite C sono all’oscuro della loro condizione. Molte altre, pur consapevoli di essere infette, non conoscono lo stato della loro malattia. Altre ancora sono rassegnate a convivere con la patologia, talora correndo gravi rischi», afferma Ivan Gardini, Presidente dell’Associazione EpaC Onlus.

Il messaggio che EpaC Onlus intende promuovere attraverso la campagna è che alla luce delle terapie attualmente disponibili è importante essere sempre informati sull’Epatite C perché vale sempre la pena provare a guarire.

Le attuali possibilità di cura si sono consolidate nel 2013 con l’avvento di nuovi farmaci, gli inibitori di proteasi di prima generazione boceprevir e telaprevir, che insieme a interferone e ribavirina, costituiscono la cosiddetta triplice terapia e permettono di eradicare il virus in 2 pazienti su 3 con genotipo 1, il più diffuso e il più difficile da trattare, portandoli a guarigione.

Valutare l’opportunità di iniziare subito il trattamento è importante, perché ritardarne l’avvio per timore degli effetti collaterali diminuisce le percentuali di successo. Presso i Centri specialistici individuati dall’AIFA i pazienti possono trovare tutte le informazioni, ricevere una diagnosi appropriata sullo stato di progressione della malattia ed essere costantemente monitorati, per evitare complicanze future.

La campagna promossa da EpaC Onlus si avvale di risorse interattive e social media per raggiungere il maggior numero di pazienti. Sul sito www.epaclenovitacisono.it sono disponibili lo spot della campagna, interviste con specialisti che approfondiscono aspetti importanti sull’Epatite C e testimonianze di pazienti che hanno affrontato il percorso di cura. Inoltre sul sito è disponibile una mappa interattiva che permette di individuare rapidamente il Centro specialistico più vicino nella propria area di residenza. Per trovare il Centro specialistico è anche possibile chiamare il Numero Verde 800 881166, attivo da lunedì a venerdì, dalle ore 10 alle ore 18.

Nell’ambito della campagna sono previste anche attività d’informazione, realizzate in collaborazione con FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale) e Metis (Società scientifica dei Medici di Medicina Generale), che coinvolgono i Medici di Medicina Generale, dal momento che spesso i medici di famiglia sono il primo punto di contatto per un paziente e possono svolgere un ruolo importante di indirizzamento verso i Centri autorizzati.

Le attività d’informazione e i contenuti della campagna sono validati da un Comitato Scientifico, di cui fanno parte autorevoli specialisti italiani dell’Epatologia, della Virologia e della Gastroenterologia, quali i professori: Alfredo Alberti, Mario Angelico, Maurizia Rossana Brunetto, Antonio Craxì, Stefano Fagiuoli, Giovanni Battista Gaeta.

L’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di persone positive al virus dell’Epatite C. Quali sono i numeri della patologia in Italia e nella Regione Sicilia? E quante le persone effettivamente diagnosticate rispetto a quelle che hanno l’infezione?

L’Epatite C in Italia è un problema dalle dimensioni impressionanti, con un pedaggio pesantissimo di morti: si parla di circa 1 milione e 200.000 persone con il virus e di almeno 30.000 o 40.000 che ogni anno muoiono per cirrosi epatica con o senza un cancro al fegato, di cui il 70% debbono la loro malattia al virus. La Sicilia conta per l’8-10% della realtà italiana e quindi possiamo ipotizzare che nel suo territorio ci siano almeno 150.000 portatori di Epatite C, di cui almeno 1/3, se non di più, con una grave malattia di fegato potenzialmente causa di cirrosi e di morte.

L’Epatite C è essenzialmente una condizione asintomatica e nella stragrande maggioranza dei casi chi ha contratto il virus non sa di esserne portatore. Su 1 milione almeno di portatori di Epatite C in Italia, probabilmente non oltre i 60-70.000, meno del 10%, conoscono il loro stato d’infezione. È quindi piuttosto importante fare una diagnosi di Epatite acuta in fase precoce, perché si può decidere se curarla presto e con farmaci antivirali.

Quali sono le situazioni a rischio che possono aver esposto una persona a contatto con il virus e quali i segni e i sintomi dell’infezione?

Il virus dell’Epatite C ha viaggiato in Italia soprattutto negli anni ’50-’70 prevalentemente attraverso l’uso di siringhe di vetro e altre modalità di contagio: pensiamo, ad esempio, all’uso in quei tempi di lame non mono-uso dal barbiere. Le persone che hanno un rischio aggiuntivo sono coloro che per abitudine o per accidente sono state esposte a situazioni che comportino uno scambio ematico, o che abbiano avuto prolungati periodi di cure mediche con necessità di ricovero in ospedale. Anche la più recente pratica del tatuaggio o del piercing effettuati in condizioni non sicure sta contribuendo in modo rilevante alla diffusione dell’infezione.

La presenza del virus dell’Epatite C in una fase di Epatite cronica o di cirrosi compensata, cioè quando ancora il fegato funziona bene, è sostanzialmente asintomatica. I disturbi generalizzati percepiti, come astenia, difficoltà di concentrazione, perdita di memoria sono aspecifici e rendono la malattia più insidiosa.

Quanto tempo può passare dal contagio alla manifestazione clinica della malattia? E quali sono le conseguenze della sua progressione? Possono essere prevenute?

Il virus dell’Epatite C può rimanere in una condizione di assoluto silenzio clinico per anni. Se io contraggo oggi l’Epatite C, sono in sovrappeso e assumo una discreta quantità di alcolici, un importante acceleratore di malattia, allora il decorso della patologia cronica verso la cirrosi e verso il cancro, invece che di 25-40 anni, probabilmente sarà di 10, 15 o 20 anni.

Se poi c’è un’infezione HIV-HCV, il virus ha gioco più facile nel dare una malattia precoce: in persone co-infette con HIV-HCV, una cirrosi si può sviluppare in meno di 5 anni dal momento dell’infezione. Quando una cirrosi epatica rimasta latente per anni esaurisce la capacità funzionale del fegato, porta all’accumulo di liquidi, all’ascite, alle emorragie digestive, nel peggiore dei casi alla comparsa di un epatocarcinoma. A questo punto sapere di essere HCV positivi di fatto serve a poco. Il virus ha già fatto la quasi totalità del danno che poteva fare: da qui l’importanza assoluta di individuarne la presenza in una fase precoce.

Oggi sono a disposizione farmaci importanti per trattare l’Epatite C, come la triplice terapia, ossia l’associazione interferone, ribavirina e inibitori della proteasi come boceprevir e telaprevir. Qual è la posizione della Regione Sicilia rispetto a questa classe di terapie?

La Regione Sicilia ha erogato una significativa aliquota di budget in aggiunta a quello già annualmente previsto per il trattamento dell’Epatite C, che si aggirava fra i 10-12 milioni di euro per anno. È stata messa in bilancio una cifra sufficiente a coprire le necessità della patologia per i nuovi trattamenti. Da giugno a dicembre 2013 sono stati messi in trattamento 280 pazienti in triplice terapia provenienti da 12 o 13 Centri. Siamo perfettamente in linea con la media nazionale: forse abbiamo trattato un numero di pazienti superiore rispetto ad altre Regioni.

Quanto è importante la motivazione del paziente a iniziare la terapia triplice?

Il paziente è in una situazione in cui si combattono due differenti pulsioni: la paura per una malattia che può avere un esito imprevedibile – cirrosi, cancro, morte – e il timore per una terapia percepita come poco tollerabile. Il punto di bilanciamento risiede in un’attenta discussione preliminare degli obiettivi della terapia, dei risultati attesi e delle potenziali problematiche. Solo se uno ha verificato con se stesso e con le persone che lo circondano che quella terapia la può e la vuole fare, allora la terapia va avviata. Se tutto questo viene fatto in maniera corretta, allora la percentuale di aderenza allo schema terapeutico e di successo dello schema sarà alta, altrimenti meglio non cominciare.

Per molti pazienti con Epatite C cronica trattare o non trattare la patologia è un dilemma, anche per via del timore degli effetti collaterali: possono essere gestiti? E per decidere, quali sono gli aspetti che medico e paziente devono valutare?

Il principale nodo decisionale sulla scelta del trattamento oggi o di un’attesa vigile è il grado di fibrosi. Con una fibrosi F3 o F4, dal punto di vista medico il paziente deve ricevere un trattamento. Con gradi minori di fibrosi si può aspettare, ma se il paziente presenta fattori di possibile accelerazione di malattia non modificabili, come ad esempio una co-infezione HIV-HCV, è opportuno cercare di trattare anche gradi di fibrosi minore: da medico non ho modo per rifiutare il trattamento a un paziente con Epatite C con un grado minore di fibrosi, se lo vuole.

La principale difficoltà è costituita dal fatto che il trattamento viene somministrato a persone che sono prive di qualunque disturbo. Quindi gli effetti collaterali delle terapie sono problemi nuovi che si sovrappongono a uno stato di benessere e lo modificano. Ciononostante, i pazienti che fanno la triplice terapia, se seguiti in maniera appropriata, riescono nell’80% dei casi a portarla fino al compimento o fino all’interruzione per cause non legate all’intolleranza. Sono soprattutto i primi mesi quelli in cui è più critica la gestione e un supporto familiare è certamente importante.

Com’è impostato il percorso diagnostico e terapeutico nel suo Centro? Con quali criteri vengono gestite le terapie?

Il Centro di cui ho la responsabilità si occupa da molti anni dell’assistenza ai pazienti con Epatite C mettendo in trattamento ogni anno diverse centinaia di pazienti. I pazienti che arrivano dai nostri ambulatori istituzionali sono già classificati come suscettibili di una terapia antivirale e quindi sottoposti a un ulteriore approfondimento diagnostico, una serie di test clinici ed ematologici completi per valutare la tipologia del virus e il suo stato replicativo; gli esami vengono eseguiti in regime di day hospital o day service, senza necessità di ospedalizzazione notturna. Viene poi effettuata un’ecografia e un fibroscan, che può testimoniare il grado di fibrosi e, in casi selezionati, anche una biopsia epatica. Se la terapia non si ritiene opportuna, il paziente viene affidato di nuovo all’ambulatorio, dove viene controllato ogni 6 mesi; se si concorda la possibilità di una terapia antivirale il paziente viene istruito sulla modalità di effettuazione e viene prenotato nuovamente per un controllo ambulatoriale, in linea di massima con frequenza quindicinale nel primo periodo della terapia, e poi un po’ più dilatata nelle fasi successive.

Perché è importante per un paziente essere seguito da un Centro specialistico? Qual è il messaggio che possiamo mandare ai pazienti che vi si rivolgono?

La conoscenza dell’Epatite C è storia degli ultimi 20 anni. Il virus è stato scoperto nel 1989 e da allora si sono accumulate conoscenze che hanno generato nuove possibilità di trattamento. Tutto questo è stato opera di un numero relativamente limitato di ricercatori, che lavorano presso Centri specializzati che concentrano competenze di laboratorio, tecnologiche e assistenziali. È dunque assolutamente opportuno che il paziente in cura con le nuove terapie sia assistito da Centri a elevatissima esperienza e ad alta capacità tecnologica. Questo per il paziente può significare distaccarsi da una struttura cui è abituato e in cui si è trovato bene e recarsi in un Centro forse geograficamente più distante, con un approccio magari più freddo, più tecnologico. Certo è difficile, però può essere necessario quando la sua struttura d’origine non possiede la tecnologia e il know how necessari per mettere in atto terapie in grado di eradicare il virus.

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