L’importanza di chiamarsi Elkann. E’ il cognome a fare la differenza, non il talento né il cervello. Vivere ad alta quota non aiuta a comprendere la realtà, aiuta solo a dire sciocchezze in libertà. Le tesi sociologiche di John Elkann sono l’ultima bizzarria di questi giorni (come se finora non ne avessimo sentite abbastanza). Ci deve essere qualche strana sostanza nell’aria, troppa gente sbronza in giro!
Il rampollo di casa Agnelli ha sentenziato: “C’è tantissima domanda di lavoro, ma c’è poca offerta”, come dire: c’è tantissimo lavoro, ma la gente non vuole lavorare. A sentire questa, pare che la navicella spaziale di John Elkann abbia sbagliato le coordinate. Non è qui che doveva atterrare. I dati Istat e le cronache quotidiane non lasciano dubbi né spazio all’interpretazione: lavoro non ce n’è, ma lui dall’alto, prima di atterrare, ha visto tantissimi posti di lavoro e tanti giovani attaccati come cozze al divano di casa, privi di ambizione e determinazione. Per la Fornero i giovani erano schizzinosi; per Elkann non sono ambiziosi. Si mettano d’accordo, perché la seconda tesi è la negazione della prima. Tutti questi alieni dalla parvenza umana vengano a vedere come si vive nel mondo reale, dove il carnevale dei padri ha lasciato il posto alla quaresima dei figli. Vengano a conoscere migliaia di giovani che hanno dato l’anima per realizzare una vita degna dei loro sogni. Vadano a vedere quanti curricula si stracciano ogni giorno nelle aziende per l’impossibilità di assumere nuovo personale. Tutto troppo semplice per chi vive dove l’aria è rarefatta. Sarebbe sufficiente guardare al cinema “Smetto quando voglio” per farsi un’idea.
Bamboccioni, choosy, sfigati, poco ambiziosi, monotonia del posto fisso. Cos’altro ancora? Padoa Schioppa, Fornero, Martone, Elkann, Monti: tutti hanno perso un’occasione per tacere.
Valentina La Ferrera
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