Quando emergono problemi nuovi, occorrono soluzioni diverse da quelle che hanno contribuito a generare e tenere in vita i problemi invece di risolverli o, peggio, nel tentativo di risolverli. I grandi e piccoli cambiamenti ambientali, che vanno dal clima alla sovrapopolazione, dall’energia alla sperequazione sociale, dalla cementificazione alla disoccupazione, possono ancora essere affrontati con le categorie e i metodi del secolo scorso? La democrazia è ancora funzionale di fronte alla minaccia di estinzione del genere umano, o va corretta, integrata, superata? Se sì, perché funziona sempre meno? Se va cambiata, come farlo, a che livello?
Per chi possa trovare provocatoria la locuzione “dittatura sobria”, premetto che sono sempre stato democratico, antifascista, sinistrorso, libertario, e che tuttora sono convinto che scienza, tecnologia, arte, sport, politica, debbano avere come scopo il benessere delle persone, di tutte le persone, non solo dei privilegiati. Ribadisco ancora che qui non scrivo di politica o di filosofia, ma soltanto di tecniche di problem solving, e che considero il problem solving ambientale come un processo per trovare soluzioni funzionali alla sopravvivenza del genere umano nell’ecosistema Terra.
Quando ero giovane l’ambiente non era un problema, perché non si percepiva il limite del nostro pianeta, la cementificazione muoveva i primi passi, il petrolio sembrava illimitato, la popolazione mondiale non arrivava ai tre miliardi. Negli anni ’70 il libro “I limiti dello sviluppo” ci aprì gli occhi perché, applicando la potenza di calcolo dei primi computer alla dinamica dei sistemi, mostrò con chiarezza che trend di crescita continui e spesso geometrici sono incompatibili con i limiti della Terra. Anche se il libro fu ignorato, smentito, banalizzato, oggi si vede come quei modelli matematici erano attendibili.
Oggi sappiamo che il problema è la crescita illimitata di tutto: produzione, consumi, rifiuti, ricchezza, povertà, fame, obesità, tecnologia, obsolescenza, popolazione, desertificazione. Sappiamo che se si continua così avremmo bisogno di due o tre pianeti abitabili, ma ne abbiamo uno solo. L’ecosistema può benissimo fare a meno di noi, siamo noi che non possiamo fare a meno di lui. Quindi se lo rendiamo inabitabile ci estingueremo, e se non cominciamo subito a invertire la rotta, entreremo ben presto in una crisi inarrestabile e ingovernabile che, bene che vada, spazzerà via gran parte dell’umanità riportando i superstiti a condizioni di vita preistoriche.
Luca Mercalli nel suo libro “Prepariamoci” spiega bene tutto quello che si dovrebbe fare, già da ora. Purtroppo sono ancora in pochi nel mondo ad essere coscienti del pericolo, i più continuano a vivere, a consumare, a programmare come se nulla fosse. Anche la crisi finanziaria, che sarà ben presto aggravata dalla crisi energetica e ambientale, è stata finora un’occasione perduta perché si sta facendo di tutto per continuare a navigare nella stessa direzione invece di invertire la rotta. Secondo le tecniche di problem solving, si stanno adottando le stesse soluzioni che hanno generato i problemi (la crescita genera crisi? Bisogna crescere di più!), che invece possono essere risolti solo con soluzioni del tutto diverse.
Che fare allora? Da dove cominciare? Ognuno di noi dai suoi microcomportamenti? Da paesi virtuosi che già si pongono come modelli di autonomia energetica, raccolta differenziata, mobilità ridotta? Da orientamenti politici nazionali? Da iniziative di governo globale, dato che i problemi sono globali?
Come fare? Informare i cittadini, consultarli con referendum propositivi, decidere secondo il volere della maggioranza o secondo ciò che sarebbe più opportuno, anche se va a colpire interessi privati?
La sopravvivenza del genere umano e le condizioni per garantirla sono di destra o di sinistra? Italiane o mondiali? Interessano pochi o riguardano tutti? Quali sono i sistemi politici più adatti per governare il cambiamento?
Massimo Fini da tempo sostiene che la democrazia attuale è illusoria e si esercita solo nel momento di un voto condizionato dai mass media (vedi fra l’altro “Sudditi”). Nella storia il cambiamento è stato fatto da pochi, mentre la massa preferiva restare legata alle proprie abitudini. Beppe Grillo nella conferenza stampa seguita all’incontro con Renzi ha detto di essere favorevole ad una “dittatura sobria”. Anche se questa era una delle sue battute rivolta ad un giornalista, l’ossimoro mi ha colpito, posto che di ossimoro si tratti.
Che significa dittatura sobria? In che cosa differisce da una tirannide sfrenata o da una democrazia sprecona? La risposta meriterebbe studi e dibattiti molto ampi. In poche parole direi che la dittatura sobria potrebbe essere un sistema che va oltre la democrazia e che si basa non su strategie di convenienza, ma su strategie di necessità. Qualcosa di simile ai monasteri medievali, dove si vive insieme rispettando regole condivise, senza che uno spadroneggi sugli altri. Un sistema non tanto basato sul sovrano o sul governatore illuminato e saggio, ma su una classe dirigente e su istituzioni che perseguano il bene comune, o che semplicemente servano a scongiurare un pericolo.
Tuttavia, poiché i problemi sono globali, non regionali o nazionali, anche la dittatura sobria dovrebbe essere globale, perché lo scioglimento delle calotte polari e l’evoluzione della Corrente del Golfo non riguardano solo l’America o l’Islanda. E cominciare a pensare ad una alternativa “buona” alla democrazia ci può portare a scoprire modelli di governo globale finora mai immaginati e mai usati, proprio perché i problemi erano più limitati. E non si chiameranno dittatura sobria, anche se comunque tenderanno a fare ciò che è meglio fare per salvare l’umanità, non ciò che è più conveniente per vincere le elezioni.
Umberto Santucci
Nota
Il governo mondiale è un concetto antico, di cui si sono interessati Dante, Ugo Grozio, Kant, la Massoneria, Mazzini, e che sta alla base dell’ONU e del FMI. La macrotendenza va verso la globalizzazione che per ora è solo economica, ma che prima o poi dovrà diventare politica, magari passando per aggregazioni più ridotte come l’UE, e sociale, per riequilibrare le condizioni di vita dei popoli. La velocità di trasferimento di persone, merci, informazioni, ha ampliato i nostri orizzonti, non più limitati al quartiere, al paese, alla provincia, alla nazione, e ha rimpicciolito la Terra, per cui se il governo mondiale al tempo dei Romani era intorno al Mediterraneo, oggi può abbracciare tutto il pianeta, specialmente quando si tratta di amministrarne meglio le limitate risorse.