Sognatore, parliamo di un argomento di strettissima attualità: della legge elettorale. Perchè tanto interesse, tanto spazio su gli organi di informazione, in un momento in cui si registrano grossi problemi di sussistenza per la gran parte della popolazione?
Perchè la legge elettorale, in un sistema di democrazia delegata, come la nostra, non serve solo a contare i voti, ma a determinare i rapporti di forza tra le classi sociali ed al conseguente esercizio del potere.
Perchè parla di democrazia delegata: esistono altre forme di democrazia?
Sì. Come abbiamo visto nei precedenti dialoghi, esiste, sul piano teorico, una forma di democrazia diretta, che, secondo fonti storiche, veniva esercitata ad Atene, in Grecia, nel V secolo a.c.
Già; ho sentito parlare di Pericle. Ma perchè non viene adottata dai moderni?
Perchè in Atene, gli elettori, secondo gli studiosi del mondo greco classico, non raggiungevano le 30.000 persone; in Italia siamo circa 60 milioni.
Perchè così pochi?
Perchè erano esclusi, ovviamente, gli schiavi, non considerati uomini, ma cose, res parlanti, le donne e i meteci che erano cittadini residenti, ma senza diritti politici. In una siffatta organizzazione sociale, la minoranza della popolazione non aveva bisogno di lavorare, giacchè a questa seccatura provvedevano gli schiavi, e, quindi, poteva occuparsi degli affari pubblici a tempo pieno. Però gli incarichi di direzione e di governo, quelli che noi chiameremmo esecutivi, venivano assegnati per sorteggio; ma la durata era limitata ad un anno.
E perchè questo sistema non applicabile in tempi moderni?
Molti filosofi si sono dedicati a risolvere il problema. Tra i più conosciuti T.Hobbes, con il suo individualismo autoritario che prevedeva una delega pressocchè illimitata al Sovrano, (il Pactum) sia essa persona fisica o organo collegiale, a J.Locke che individuò la funzione del rapporto fiduciario, tra popolo e governo, (Trustee) revocabile in caso di rottura della fiducia attraverso la ribellione (Da latino re-bellum = ritorno allo stato di guerra).
Chi di più si impegnò sul tema fu il ginevrino Rousseaux, che criticando il sistema inglese, ove il cittadino era sovrano un solo giorno, il momento del voto, e suddito per cinque anni, l’intervallo tra due elezioni, cioè, inventò il concetto di volontà generale che risiede nel Parlamento che dovrebbe essere la somma delle volontà individuali.
E, poi, cosa accadde?
Galoppando molto velocemente, quindi, inevitabilmente schematizzando, nei gli ultimi tre secoli di Storia, successe che la Borghesia in ascesa, non poteva subire il vecchio ordinamento feudale, ma, nemmanco, poteva occuparsi degli affari pubblici, che delegò ad una classe apposita scelta con le elezioni.
Da qui l’attuale ordinamento. Dal latino eligere che vuol dire scegliere.
Giusto. Ma il percorso fu lineare, finchè la Borghesia fu classe egemome: il suffragio era limitato al censo, che escludeva la quasi totalità della popolazione: il nostro illustre concittadino N. Colajanni, veniva eletto nel collegio di Castrogiovanni Caltanissetta con poche centinaia di voti.
E come mai?
So che per giovani è difficile comprendere, ma si temeva che con il voto esteso a tutti, dato che i poveri erano di più dei ricchi, con il principio di maggioranza essi avrebbero, per legge, abolito la proprietà. Inacettabile per la Borghesia e per gli agrari, tanto che Madame de Stael, definiva il suffragio universale un assalto alla proprietà.
Ma nel XX secolo si arrivò al suffragio universale.
Sì, perchè sulla scena sociale irruppe lo storico antagonista della Borhesia: il Proletariato, che si organizzò in Sindacati e Partiti politici rivendicando diritti prima negati, o addirittura ignoti. E’ l’avvento della società pluralista, che comunque trova riconoscimento soltanto dopo la seconda guerra mondiale, con l’estensione del diritto di voto anche alle donne, nell’anno domini 1945, post Cristum natum.
Ed ora?
Ora si vuole semplificare una società complessa, non più omogenea come nel vecchio stato liberale di inizio secolo XX, allorquando il grande giurista e politico palermitano Vittorio Emanuele Orlando teorizzava che l’ordine giuridico doveva coincidere con l’ordine sociale: tutela assoluta della proprietà e divieto dello Stato di occuparsi di rapporti tra privati.
Un ritorno all’indietro: Mi sembra un pò forzato.
E cos’è il liberismo, se non il laisser faire del Settecento. E la riforma della legge elettorale che prevede la maggioranza dei seggi ad una coalizione del 37%?
Il premio di maggioranza.
Meglio se di minoranza, visto che potrebbe essere attribuito con qualunque quota, visto il meccanismo concordato da due extraparlamentari, di cui uno pregiudicato per un reato gravissimo dei confronti del popolo, mentre svolgeva le funzioni di governo.
Ma c’è un problema di governabilità.
L’Italia ha conosciuto un lungo periodo di governabilità e stabilità: durò vent’anni. So che c’è chi lo rimpiange. Ma a questo risultato si approdò con una legge analoga, anzi, meno autoritaria, visto che i piccoli partiti, con la legge Acerbo, così si chiamava la legge elettorale che permise al fascismo di accedere al potere, potevano essere rappresentati in Parlamento. Opportunamente, è stato osservato che con la attuale proposta di legge, il caso Matteotti, assassinato per le sue denunce di brogli e di cui il duce si assunse tutta la responsabilità, non ci sarebbe stato.
perchè?
Perchè non sarebbe stato eletto.
Ma si sostiene che bisogna eliminare il diritto di veto dei piccoli partiti.
Già; ma l’arroganza dei grandi Partiti, che poi così grandi non sono, se il maggiore rappresenta elettoralmente poco più de 25% dei votanti, non degli elettori, ovvero circa il 15% della volontà popolare
Ma a cosa si mira?
Alla negazione del pluralismo. Alla prevaricazione di una minoranza su un’altra minoranza più minoranza: una specie di dittatura della maggioranza. Artificiale. Il Parlamento, in pratica, non è più il luogo della rappresentanza.
E di cosa?
Della ratifica di decisioni assunte altrove dalle Corporazioni finanziarie e non solo. Nel più benevolo dei casi, il ruolo di indirizzo e controllo dell’attività di governo: un C.I.V. , un Comitato di indirizzo e vigilanza. Ma a ciò fa da ostacolo la Costituzione.
E allora
Si nomina una ministra di bella presenza per modificarla: come dire: ci sono gli incendi, abbattiamo la foresta. Fuor di metafora, aboliamo il Senato, potenziamo i poteri del governo, anzi del Presidente: meglio un uomo solo per rispondere meglio ai comandi dei poteri forti.
Ma l’abolizione del Senato farebbe risparmiare un miliardo l’anno: non è poco in periodo di magra.
Allora meglio abolire la Camera il cui membri sono il doppio: raddoppierebbe anche il risparmio.
Ma qual’è il disegno?
L’Individualismo autoritario: uno Uomo solo al comando. Siamo oltre la minoranza governante com’era nel periodo del temuto assalto alla proprietà: bisogna correre. E velocemente. Col rischio che il demagogo fiorentino che si è impossessato di Palazzo Chigi, non vada in super allenamento.
Il costo della Governabilità?
Di questo parleremo, se ci sarà occasione, la prossima volta.
On. Tanino Virlinzi
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