lunedì , Gennaio 20 2025

Una sanità a pezzi

Si intende percorrere la via della sanità territoriale al fine di illuminare alcuni angoli in ombra, naturalmente per le cosette, sotto i massi nascoste, rimandiamo a un dopo, non meglio definibile a ora.

sanità a pezziDi seguito si illustrerà un quadro della sanità siciliana, fortemente arretrato e in progressivo peggioramento, facciamocene una ragione. L’analisi del resto riguarda solo le prestazioni offerte, la capacità di controllo della spesa complessiva, la gestione del sistema e la penuria sempre più crescente di personale qualificato e motivato altro non è dato, si potrebbe dire se non fosse per chi ancora ci crede e lotta come può e con ciò che ha. In trincea, i soldati, sotto le bombe e in mezzo al fango, operavano così. In questi mesi la Sicilia sta discutendo diffusamente in tema di organizzazione e finanziamento del sistema sanitario regionale cercando di prendere dei provvedimenti a seguito del deficit accumulato nel corso dei decenni precedenti. Le riforme in senso regionalista si sono focalizzate sullo Stato centrale, attribuendogli due compiti: finanziamento del sistema e individuazione di livelli essenziali di assistenza. Considerando il territorio nazionale omogeneamente quando invece il territorio nazionale è fortemente disomogeneo per reddito, prestazioni e tessuto sociale. la Sicilia ad esempio si colloca ai primi posti in Italia per la spesa farmaceutica convenzionata, per i ricoveri in case di cura private, per il tasso di ospedalizzazione, di utilizzo improprio dei posti letto, di ricorso ai parti cesarei e ai primi per scarsa soddisfazione degli assistiti. La Sicilia insomma si situa fra i vagoni di coda del treno Italia.
In Sicilia inoltre, più che altrove, la sanità rappresenta un importante occasione di lavoro in un contesto ad alta disoccupazione e con livelli di sviluppo economico in forte affanno, pertanto qualsiasi intervento di ristrutturazione deve fare i conti anche con le ricadute occupazionali che da questo possono generare. Se in media quasi il 6% degli occupati italiani risulta impiegato nella sanità, nelle regioni del Sud Italia questa percentuale risulta del 9,5% del totale. La Sicilia e la Calabria risultano i casi estremi con rispettivamente il 10% e l’11%. Ora
le contromosse studiate dalla nostra Regione appaiono confuse e per meglio comprenderle si è chiesto al dottore Ennio Mendolia, cardiologo del Ferro/Branciforti/Capra e cofondatore del comitato “pro salute”, da cui però si è dissociato per divergenze progettuali.


Inchiesta di Gabriella Grasso

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