Ben due telegrammi del 1925 proverebbero che Cesare Mori, il “Prefetto di ferro” per la sua azione repressiva nei confronti della mafia, suggerì al Duce di creare un avamposto al centro della Sicilia, a Piazza Armerina, e di elevarla a dignità di capoluogo.
Due telegrammi, indirizzati al Duce, e ricevuti senza alcun dubbio dallo stesso, sono stati ritrovati nel gennaio di quest’anno a Porta Portese, acquistati per pochi soldi come memorabilia dal prof. Salvatore Giordano, docente presso la città dei mosaici di Scienze Umane e cultore di Storia Patria Piazzese.
La maggior parte dell’epistolario telegrafico tra Mussolini e Mori è ben nota; si ricordi il telegramma del 20 ottobre 1925 in cui il Duce scrive a Mori:
“Vostra Eccellenza ha carta bianca, l’autorità dello Stato deve essere assolutamente, ripeto assolutamente, ristabilita in Sicilia. Se le leggi attualmente in vigore la ostacoleranno, non costituirà problema, noi faremo nuove leggi”.
Il primo dei telegrammi ritrovati, scritto da Mori al Duce (data 21 novembre 1925) colpisce per la straordinaria lunghezza del testo, più pertinente allo stile della missiva, per la calligrafia frettolosa e per i tipici errori di trascrizione telegrafica,(si noti “Pizza Armerina”); in esso leggiamo alcuni resoconti relativi all’azione antimafia, alcune richieste specificatamente militari e l’insolita e quanto mai inaspettata richiesta di “promuovere” Piazza Armerina al rango di capoluogo di provincia a discapito di altre località dell’entroterra. In un estratto di esso leggiamo:
“Duce, […]
Preparo guarnigione e controllo fino a Gangi, possimo [sic.] definire bonificata od controllata la metà dell’isola in occidente. Urge controllo militare di briganti et mafiosi del centro insino all’orientale civita di Catania et la costa ionica. Niu offic [illegibile] […]
stazionando tra, Madonie, Erei e valli tra cui da Gangi, Castrogiovanni, Caltagirone et Pizza Armerina [sic]. Di quest’ultima ritengo degnissima la designazione a capoluogo di provincia [ ! ] e avamposto strategico nella lotta a mafiosi, braganti [sic] e sovversivi privi di senso di Stato. Pur non competendomi [la scelta ?] conosciamo personalmente fasti e virtù, antici [antichi] e recenti, le tante onoreficienze e le tante medaglie all’onore militare di cui si fregia la ridente città armerina et con quanta solerzia ha abbracciato la causa dello statuto fascista” […]
Il secondo telegramma (data 3 dicembre 1925) destinato al Duce fa desumere che vi fu risposta positiva a tutte le richieste, compresa la designazione di Pi[a]zza Armerina a capoluogo di provincia.
E’ ormai opinione comune che Mussolini riponeva piena fiducia nell’operato del “Prefetto di ferro”; a prova di ciò basti ricordare i poteri straordinari di cui godeva come Prefetto a Palermo e la sua “competenza estesa in tutta l’isola”.
Il secondo telegramma (decisamente più leggibile) esordisce con un aggiornamento relativo all’imminente assedio di Gangi. Questo particolare è storicamente importantissimo in quanto sarà proprio quest’azione repressiva compiuta a Gangi a determinare il soprannome di Mori: “prefetto di ferro”
“Duce, […]
E’ prossimo a totale rastrellamento il borgo di Gangi (oggi tra i Borghi più belli d’Italia), e località resistenti limitrofe poichè pericolosissime e sedi di genti sovversive. Poichè di assassini e [illegibile] […]
Verso la fine del secondo telegramma si legge inequivocabilmente che la questione della “provincia di Piazza Armerina” era ancora aperta, programmata e pronta; alcune autorità sarebbero state avvertite a breve ed entro la fine del ’25, Piazza Armerina sarebbe stata designata capoluogo di provincia.
“Tutte ed alte autorità del Vallo di Caltanissetta, saranno informate venerdì PV [prossimo venturo] sulla questione amministrativa di Piazza Armerina come suggerito dal Consiglio de Ministri.
Piazza Armerina attende con gratitudine e impazienza la definizione dell’atto in cui si notifica, entro l’anno corrente, la scissione dal territorio di Caltanissetta”. […]
Secondo Salvatore Giordano, non è ancora chiaro cosa spinse il prefetto Mori a formulare una così precisa richiesta a Mussolini; probabilmente per il suo successo nella lotta contro la mafia in Sicilia (più precisamente l’impegno condotto nell’entroterra) Mori fu debitore di qualche innocente promessa o ancora di qualche benevolo segno di riconoscenza (non lo sapremo mai!).
Quando il prefetto Mori si riferisce ai “fasti antichi e moderni” di Piazza Armerina, certamente si riferisce alla medaglia d’oro e alla conseguente venerazione, diffusa in tutt’Italia, per quel Generale Antonino Cascino (quello che disse ai suoi soldati: “Siate la valanga che sale!” ) a cui, lo stesso governo fascista intitolò successivamente piazze e viali; nel 1922 fu persino varato un cacciatorpediniere che portava il suo nome.
Cosa accadde in seguito non è facile stabilirlo. Molte domande sorgono spontanee: come mai non se ne fece più nulla?
Quali furono le ingerenze? Gli amministratori di Enna ebbero delle responsabilità? Probabilmente si.
Il ritrovamento fortuito di questi due telegrammi riapre oggi una ferita mai cicatrizzata; lo stesso Mussolini, il 6 dicembre del 1926, avrà pensato di tradire un accordo e una promessa mentre eleggeva Enna capoluogo di provincia invece di Piazza.
Forse questa è la vera storia, della cordiale ostilità tra i due centri; una storia che certamente gli amministratori piazzesi degli anni ’20 ricordarono e tramandarono e che oggi lascia ai piazzesi un pò d’amaro in bocca, non foss’altro per la vanità negata di avere sulle proprie macchine la targa di Piazza Armerina invece di “EN”. Poco importa, oggi si parla di abolizione delle province, di Liberi consorzi di comuni, la storia ha fatto il suo corso, un pò ci spiace per Piazza…sarà per un’altra volta
news collegata:
85° dalla trasformazione di Castrogiovanni in Enna capoluogo della provincia omonima