Alle 3,32 il cuore ha ricominciato a tremare. Gli occhi fissi, imperturbabili, senza più lacrime da versare. Pochi istanti hanno cancellato l’esistenza di 309 persone e quella di migliaia di superstiti che camminano sulle gambe del ricordo. Fanno finta di vivere, in realtà la voragine ha inghiottito anche loro.
Il 6 aprile 2009 la maledizione si è abbattuta sull’Abruzzo. Manna dal cielo per chi se la rideva sfregandosi le mani: una montagna di affari si preannunciava. Un giorno, però, la coscienza busserà anche a quella porta, chiedendo spiegazione. Per tutto il resto è l’anno zero. Dopo cinque anni il livello della ricostruzione è al 10%. Nulla per il pessimista che guarda al restante 90%. Tanto per l’ottimista che guarda allo zero che si lascia alle spalle. La speranza è l’unica ragione di vita. Non si sa tra quanti anni, ma di sicuro la città si rimetterà in piedi. Chi non tornerà mai più sono le vite rimaste sotto il cumulo di macerie. E’ a loro che vola un pensiero dolce su ali d’aquila.
Valentina La Ferrera
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