“Avevo due paure. La prima era quella di uccidere. La seconda era quella di morire”. Così ha scritto il partgiano Giuseppe Colzani nel mesto ricordo di quella notte, nella quale si poteva morire o vivere d’attesa. Poi fu l’alba del 25 aprile.
Quanti morti e quanto pianto perché potessimo professare il nostro pensiero, il nostro modo di essere e di vivere, liberamente, senza più essere bastonati. Quella libertà, sudata e sangiunante, oggi continua a parlarci attraverso i testimoni dell’inferno. Ma cosa ne sarà di questo giorno quando i partigiani non potranno più raccontare la paura, la prevaricazione e la voglia di resistere?
Il dovere della gratitudine è forte. La libertà è il più bel regalo che i nostri nonni ci hanno lasciato in eredità. Custodiamola e difendiamola ogni giorno, gelosamente, perché nessuno ne dimentichi il valore.
Valentina La Ferrera
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