Nicosia alla televisione ha dato da parlare di Stato assente e di retrocessione fiscale, con buona pace dei togati indigeni che si sono offesi per la poca analisi sociologica che ne è seguita. La revisione della spesa unitamente al dictat della centralizzazione ha falciato innumerevoli realtà minori, privandole dei nuclei vitali che ne facevano arroccamenti inespugnabili. Le cose cambiano fratelli nicosiani e dobbiamo farcene una ragione. Ora potremmo noi figli di un dio minore unirci in nome della sovranità territoriale e pretendere un Palazzo per ogni borgo, accettando la mediocrità che la cosa comporta o rassegnarci al mutamento dei costumi e lottare per migliorare ciò che rende un paese degno di questo nome: le infrastrutture ossia le vie di comunicazione o per meglio intenderci le strade. Mulattiere le ha generosamente definite la giornalista. Trazzere diciamo meglio noi. Vie percorribili da mandrie di vacche e pecore e non certo da mezzi dotati di ruote necessitanti di coeso manto stradale. Percorrerle queste cose, ingiuriate strade, vuol dire accettare la sconfitta di un Sud periferico alla civiltà e non solo al progresso economico. La protesta a breve interesserà anche San Giorgio che ispirandosi all’indignazione di chi un tempo aveva sotto casa ogni cosa, isserà i vessilli del glorioso santo che meritano non meno dei confiniori i centri nevralgici del potere e della ricerca sperimentale o in alternativa una flotta aereospaziale in grado di accompagnare le signore all’Urbe per la spesa domenicale o per la piega settimanale.
Gabriella Grasso
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