È più facile giudicare che meglio fare
S. Cirillo di Alessandria. Legato alla controversia cristologica che portò al Concilio di Efeso del 431 e ultimo rappresentante di rilievo della tradizione alessandrina, nell’Oriente greco Cirillo fu più tardi definito “custode dell’esattezza” – da intendersi come custode della vera fede – e addirittura “sigillo dei Padri”. Queste antiche espressioni esprimono bene un dato di fatto che è caratteristico di Cirillo, e cioè il costante riferimento del Vescovo di Alessandria agli autori ecclesiastici precedenti (tra questi, soprattutto Atanasio) con lo scopo di mostrare la continuità della propria teologia con la Tradizione. Egli si inserisce volutamente, esplicitamente nella Tradizione della Chiesa, nella quale riconosce la garanzia della continuità con gli Apostoli e con Cristo stesso. Venerato come Santo sia in Oriente che in Occidente, nel 1882 san Cirillo fu proclamato Dottore della Chiesa dal Papa Leone XIII, il quale contemporaneamente attribuì lo stesso titolo anche ad un altro importante esponente della patristica greca, san Cirillo di Gerusalemme. Si rivelavano così l’attenzione e l’amore per le tradizioni cristiane orientali di quel Papa, che in seguito volle proclamare Dottore della Chiesa pure san Giovanni Damasceno, mostrando anche in questo modo la sua convinzione circa l’importanza di quelle tradizioni nell’espressione della dottrina dell’unica Chiesa di Cristo. Le notizie sulla vita di Cirillo prima della sua elezione all’importante sede di Alessandria sono pochissime. Nipote di Teofilo, che dal 385 come Vescovo resse con mano ferma e grande prestigio la Diocesi alessandrina, Cirillo nacque probabilmente nella stessa metropoli egiziana tra il 370 e il 380. Venne presto avviato alla vita ecclesiastica e ricevette una buona educazione, sia culturale che teologica. Nel 403 era a Costantinopoli al seguito del suo potente zio, e qui partecipò al Sinodo detto della Quercia, che depose il Vescovo della città, Giovanni (detto più tardi Crisostomo), segnando così il trionfo della sede alessandrina su quella, tradizionalmente rivale, di Costantinopoli, dove risiedeva l’imperatore. Alla morte dello zio Teofilo, l’ancora giovane Cirillo nel 412 fu eletto Vescovo dell’influente Chiesa di Alessandria, che governò con grande energia per trentadue anni, mirando sempre ad affermarne il primato in tutto l’Oriente, forte anche dei tradizionali legami con Roma. Qualche anno dopo, nel 417 o nel 418, il Vescovo di Alessandria si dimostrò realista nel ricomporre la rottura della comunione con Costantinopoli, che era in atto ormai dal 406 in conseguenza della deposizione del Crisostomo. Ma il vecchio contrasto con la sede costantinopolitana si riaccese una decina di anni più tardi, quando nel 428 vi fu eletto Nestorio, un autorevole e severo monaco di formazione antiochena. Il nuovo Vescovo di Costantinopoli, infatti, suscitò presto opposizioni perché nella sua predicazione preferiva per Maria il titolo di “Madre di Cristo” (Christotókos), in luogo di quello – già molto caro alla devozione popolare – di “Madre di Dio” (Theotókos). Motivo di questa scelta del Vescovo Nestorio era la sua adesione alla cristologia di tipo antiocheno che, per salvaguardare l’importanza dell’umanità di Cristo, finiva per affermarne la divisione dalla divinità. E così non era più vera l’unione tra Dio e l’uomo in Cristo e, naturalmente, non si poteva più parlare di “Madre di Dio”.
La reazione di Cirillo – allora massimo esponente della cristologia alessandrina, che intendeva invece sottolineare fortemente l’unità della persona di Cristo – fu quasi immediata, e si dispiegò con ogni mezzo già dal 429, rivolgendosi anche con alcune lettere allo stesso Nestorio. Nella seconda che Cirillo gli indirizzò, nel febbraio del 430, leggiamo una chiara affermazione del dovere dei Pastori di preservare la fede del Popolo di Dio. Questo era il suo criterio, valido peraltro anche oggi: la fede del Popolo di Dio è espressione della Tradizione, è garanzia della sana dottrina. Così scrive a Nestorio: « Bisogna esporre al popolo l’insegnamento e l’interpretazione della fede nel modo più irreprensibile e ricordare che chi scandalizza anche uno solo dei piccoli che credono in Cristo subirà un castigo intollerabile». Nella stessa lettera a Nestorio – lettera che più tardi, nel 451, sarebbe stata approvata dal Concilio di Calcedonia, il quarto ecumenico – Cirillo descrive con chiarezza la sua fede cristologica: « Affermiamo così che sono diverse le nature che si sono unite in vera unità, ma da ambedue è risultato un solo Cristo e Figlio, non perché a causa dell’unità sia stata eliminata la differenza delle nature, ma piuttosto perché divinità e umanità, riunite in unione indicibile e inenarrabile, hanno prodotto per noi il solo Signore e Cristo e Figlio ». E questo è importante: realmente la vera umanità e la vera divinità si uniscono in una sola Persona, il Nostro Signore Gesù Cristo. Perciò, continua il Vescovo di Alessandria, « professeremo un solo Cristo e Signore, non nel senso che adoriamo l’uomo insieme col Logos, per non insinuare l’idea della separazione col dire “insieme”, ma nel senso che adoriamo uno solo e lo stesso, perché non è estraneo al Logos il suo corpo, col quale siede anche accanto a suo Padre, non quasi che gli seggano accanto due figli, bensì uno solo unito con la propria carne ».
E presto il Vescovo di Alessandria, grazie ad accorte alleanze, ottenne che Nestorio fosse ripetutamente condannato: da parte della sede romana, quindi con una serie di dodici anatematismi da lui stesso composti e, infine, dal Concilio tenutosi a Efeso nel 431, il terzo ecumenico. L’assemblea, svoltasi con alterne e tumultuose vicende, si concluse con il primo grande trionfo della devozione a Maria e con l’esilio del Vescovo costantinopolitano che non voleva riconoscere alla Vergine il titolo di “Madre di Dio”, a causa di una cristologia sbagliata, che apportava divisione in Cristo stesso. Dopo avere così prevalso sul rivale e sulla sua dottrina, Cirillo seppe però giungere, già nel 433, a una formula teologica di riconciliazione con gli antiocheni. E anche questo è significativo: da una parte c’è la chiarezza della dottrina di fede, ma dall’altra anche la ricerca intensa dell’unità e della riconciliazione. Negli anni seguenti si dedicò in ogni modo a difendere e a chiarire la sua posizione teologica fino alla morte, sopraggiunta il 27 giugno del 444.
Gli scritti di Cirillo – davvero molto numerosi e diffusi con larghezza anche in diverse traduzioni latine e orientali già durante la sua vita, a testimonianza del loro immediato successo – sono di primaria importanza per la storia del cristianesimo. Importanti sono i suoi commenti a molti libri veterotestamentari e del Nuovo Testamento, tra cui l’intero Pentateuco, Isaia, i Salmi e i Vangeli di Luca e di Giovanni.
Oggi si celebrano anche :
S. Gudene, Martire († 203 torturata e decapitata)
S. Zoilo, Martire († 303)
S. Sansone, Sacerdote († Costantinopoli 530 cc)
S. Arialdo di Milano, Diacono e martire († 1066)
B. Benvenuto da Gubbio, Religioso († 1232)
S. Tommaso Toan, Catechista e martire († 1840)
B. Marguerite Bays (1815-1879), laica, del Terz’Ordine Secolare di S. Francesco
B. Louise Thérèse de Montaignac de Chauvance (1820-1885), fondatrice
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Jesus Christus, heri et hodie, ipse est in saecula!
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1940 l’esercito sovietico attacca la Romania. 1978 Entrano in commercio i primi floppy disc per i personal computer. La Apple a la Tandy mettono in commercio quest’anno i primi dischetti magnetici per i personal computer. È una vera rivoluzione nel campo dell’informatica, poichè fino a questo momento programmi e archivi erano costretti a “girare” su cassette magnetiche. Il floppy consente invece la ricerca di file in tempo reale offrendo un nuovo, grande sviluppo all’industria del software
1462 Luigi XII
1955 Isabelle Adjani
1971 Serginho
proverbio
Non tutti i piedi stanno bene in una scarpa
frase celebre
“Il segreto per annoiare sta nel dire tutto”
Voltaire, Discorso in versi sull’uomo
consiglio
Un impacco adatto a tutti i capelli
Mescolate, fino a ottenere un composto omogeneo, un tuorlo d’uovo, due cucchiai di miele e uno d’olio. Spalmare sui capelli e tenere per mezz’ora, quindi fate uno shampoo: i capelli saranno lucidi e setosi.
cosa vuol dire
Chi fa trenta può fare trentuno
Quando si è fatta la maggior parte di un lavoro conviene portarlo a termine
Il modo di dire ha origine nel 1517. Il pontefice Leone X, in quell’anno, aveva indetto un concistoro per ordinare trenta cardinali. Ad un certo punto si accorse di aver dimenticato un prelato di grande merito e aggiunse quest’ultimo, alla lista dei cardinali appena ordinati, dicendo: “Abbiamo fatto trenta, possiamo anche far trentuno”
consiglio per terrazzo orto e giardino
Tecnica di piantagione
Il soggetto va tenuto in posizione perfettamente verticale e le radici, se nude, vanno ripulite da eventuali parti lesionate e sistemate ben distese nella buca.