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CARA CE COSTA QUELLA LUCINA ROSSA SEMPRE ACCESA

energia-elettricca-lampadina-1-562084_tnControllare la posta sul nostro smartphone, fermi al semaforo, è un gesto tra i più banali. Tutti in ufficio hanno un computer in rete, così come sono in rete le stampanti. In tanti, la sera a casa, seguono programmi televisivi “on demand”.

Essere connessi 24 ore al giorno, sette giorni su sette, è una rivoluzione che secondo gli esperti si estenderà a macchia d’olio. E investirà anche altri aspetti della vita quotidiana: presto potremo essere connessi e «dialogare» a distanza con frigoriferi, lavatrici, luci, sistemi di sicurezza.

Con i forni per far partire l’arrosto al momento giusto, o col termostato per avere una casa più calda o più fresca. Il guaio, spiega uno studio dell’Iea (la International Energy Agency), è che attualmente sono attivi la bellezza di 14 miliardi di dispositivi connessi e in standby, ovvero sempre pronti ad entrare in azione anche se apparentemente spenti. Apparentemente spenti, perché la stragrande maggioranza degli oggetti collegati a una rete consuma più o meno la stessa quantità di energia, che siano in standby o effettivamente in funzione.

La conseguenza è che per far funzionare questi dispositivi – che restano sempre accesi, anche se magari sono utilizzati solo per pochi minuti al giorno – e le reti che li collegano tra loro, l’umanità spreca una quantità spaventosa di energia elettrica. Secondo la Iea, nel 2013 sono stati consumati per essere “always on” 616 TWh (TeraWatt ora) di elettricità, per lo più per dispositivi in standby. Lo studio calcola che 400 TWh – equivalente all’elettricità consumata in un anno da Gran Bretagna e Norvegia – sono stati sprecati per colpa di tecnologie inefficienti.

Il costo della bolletta di questo spreco? 80 miliardi di dollari, 59 miliardi di euro. In termini energetici, si potrebbero chiudere 133 centrali a carbone da 500 MW, ed evitare di scaricare nell’atmosfera 600 milioni di tonnellate di anidride carbonica, che aumenta l’effetto serra. Se non si farà nulla, il problema si accentuerà: sempre più dispositivi connessi (si prevede saranno 100 miliardi nel 2030), sempre più consumi, sempre più sprechi.

Sulla carta le soluzioni per risolvere questo problema già ci sono. Come spiega il direttore esecutivo della Iea Maria van der Hoeven, “se adottiamo le migliori tecnologie disponibili, saremo in grado di minimizzare il costo per soddisfare la domanda e accrescere i vantaggi dei dispositivi collegati”.

Senza inventare nulla, ma soltanto migliorando l’efficienza con soluzioni già praticabili, si potrebbe tagliare il consumo di energia in standby – senza modificare le prestazioni dei dispositivi, ovviamente – di almeno il 65 per cento. Tutto sta a volerlo fare sul serio, naturalmente.

L’aspetto tecnico su cui si dovrebbe agire è il collegamento alla rete dei vari dispositivi: alcuni di essi consumano l’80% dell’elettricità soltanto per vedere ogni istante se la rete per caso ha mandato un segnale di attivazione. Colpa della struttura e dei protocolli dei «network», che per l’appunto chiedono che l’apparecchio connesso sia sempre attivo e visibile nella rete. Dal punto di vista tecnologico la soluzione esiste: uno smartphone per essere connesso richiede solo 0,5 mW. Un televisore acceso ha bisogno di 30 Watt (ovvero, 60 mila volte in più), una in standby ben 25 Watt (50 mila volte). Un decoder, ad esempio, usa 16 W acceso e 15 W in standby.

Insomma, la responsabilità è dei produttori di televisori, decoder e affini: se volessero potrebbero costruirli «risparmiosi». Ma non lo fanno: dovrebbero spendere di più e tribolare per risolvere un problema di cui il singolo consumatore non si accorge nemmeno. Secondo alcune stime, per una famiglia media lo spreco dello standby costa 80 euro l’anno.

Il guaio è che una famiglia dispone di cinque, sei dispositivi sempre connessi. Ma nel mondo, come detto, ce ne sono già 14 miliardi e il numero crescerà esponenzialmente – così come lo spreco di energia. La Iea chiede dunque ai governi di intervenire dall’alto, per spingere produttori e consumatori a premiare l’efficienza.
Si può fare: fissando limiti massimi di consumo, con sistemi di etichettatura, con accordi volontari, incentivi, premi, campagne informative.


Roberto Giovannini per “La Stampa”
dagospia.com

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