Duro con duro non fa buon muro
Giovanni, figlio di Gualberto, nacque probabilmente a Firenze o, secondo altre fonti, nel castello, oggi Villa di Poggio Petroi – in Val di Pesa, intorno all’anno mille, dalla nobile famiglia dei Visdomini. I tristi tempi di lotte fratricide lo trovarono, ancora giovane, al bivio dell’odio e dell’amore : suo fratello Ugo fu assassinato e a Giovanni, secondo il costume del tempo, fu assegnato il compito di vendicare l’oltraggio con la morte dell’uccisore. Il drammatico incontro avvenne, un Venerdì Santo, in una strettoia fuori porta S. Miniato, a Firenze. Di fronte al nemico che, tremante e con le braccia stese in forma di croce, invoca pietà, Giovanni getta la spada, scende da cavallo e concede il perdono. Sale poi alla Basilica poco distante di S. Miniato e si inginocchia davanti al crocifisso. Il Cristo, racconta il biografo del Santo, mosse il capo in segno di approvazione. A motivo di questo gesto S. Giovanni Gualberto è riconosciuto come “Eroe del perdono”. Dopodiché Giovanni, vincendo le dure resistenze del padre, si ritirò all’interno del monastero benedettino annesso. Una volta diventato monaco, il suo impegno si diresse a difendere la Chiesa dalla simonia (compravendita di cariche ecclesiastiche, assoluzione di peccati e indulgenze) e dal nicolaismo (il termine nicolaismo tornò in auge nel Medioevo, per indicare i religiosi che vivevano in concubinato). Suoi primi avversari furono il suo stesso abate, Oberto, e il vescovo di Firenze, Pietro Mezzabarba, entrambi simoniaci. Non essendo incline ai compromessi e non riuscendo ad allontanarli dalla città preferì ritirarsi in solitudine. Nel 1036, dopo varie peregrinazioni, insieme ad alcuni monaci, giunse a Vallombrosa, conosciuta allora come Acquabella. Qui lo raggiungono altri monaci, fuggiti dal monastero del sopraccitato abate mercenario, e con essi, verso il 1038, crea la Congregazione benedettina vallombrosana, approvata da Pp Vittore II (Gebhard II dei Conti di Dollnstein-Hirschberg, 1055-1057) nel 1055 e fondata su austera vita comune, povertà, rifiuto di doni e protezioni. Cioè di quei favori, di quel “patronato” che sovrani e grandi casate esercitano nella Chiesa, nominando vescovi e abati, designando candidati al sacerdozio e popolando il clero di affaristi e concubini. “Sono afflitto da immenso dolore e universale tristezza… trovo ben pochi vescovi nominati regolarmente, e che vivano regolarmente”, così dirà S. Gregorio VII (Ildebrando Aldobrandeschi di Soana, 1073-1085), protagonista dei momenti più drammatici della riforma detta poi “gregoriana”. Ma essa comincia già prima di lui. Anche in piena crisi, il corpo della Chiesa esprime forze intatte e nuove che combattono i suoi mali: tra queste forze c’è la comunità di Giovanni Gualberto, che si diffonde in Toscana e sa uscire arditamente dal monastero, con vivaci campagne di predicazione, per liberare la Chiesa dagli indegni. A questi monaci si ispirano e si affiancano gruppi di sacerdoti e di laici, dilatando l’efficacia della loro opera, di cui si servono i papi riformatori. Nel 1060-61 Milano ha cacciato molti preti simoniaci e, per sostituirli, Giovanni Gualberto ne manda altri: uomini nuovi, plasmati dallo spirito di Vallombrosa. Dedica grande attenzione al clero secolare; lo aiuta a riformarsi, lo guida e lo incoraggia alla vita in comune: un senso pieno della Chiesa, tipico sempre in lui e nel suo Ordine, e sempre arricchito dalla forza dell’esempio. “La purezza della sua fede splendette mirabilmente in Toscana”, dirà di lui S. Gregorio VII. E i fiorentini, in momenti difficili, affideranno agli integerrimi suoi monaci perfino le chiavi del tesoro della Repubblica. Giovanni Gualberto muore nel monastero di Passignano il 12 luglio 1073. Ai suoi monaci, prima di morire, aveva detto: “Quando volete eleggervi un abate, scegliete tra i frati il più umile, il più dolce, il più mortificato”. Senza ostentazione e retorica, egli aveva tracciato il profilo della propria anima. Papa Celestino III (Giacinto Bobone Orsini, 1191-1198) lo canonizzerà nel 1193. I suoi monaci torneranno nel 1951 a Vallombrosa, che avevano lasciato in seguito alle leggi soppressive del XIX secolo. Nello stesso anno, il Venerabile Pio XII (Eugenio Pacelli, 1939-1958) proclamerà S. Giovanni Gualberto patrono del Corpo Forestale italiano e nel 1957 dei Forestali del Brasile. Significato del nome Giovanni : “il Signore è benefico, dono del Signore” (ebraico).
Oggi si celebrano anche:
SS. Proclo e Ilarione, Martiri in Asia Minore († II sec.)
SS. Ermagora, vescovo, e Fortunato, diacono, Martiri (metà III sec)
SS. Nabore e Felice (IV sec.), soldati e martiri
S. Paterniano (Fano, Marche 275 cc – 360), Vescovo
S. Vivenziolo di Lione (F), Vescovo († 523 cc)
B. Davide Gunston, cavaliere di Malta e martire († 1541)
S. Giovanni Jones, Sacerdote e martire († 1598)
BB. Mattia Araki e sette compagni, Martiri in Giappone († 1626)
BB. Rosa, Marta, Maria, Giovanna Maria, Vergini e martiri († 1794 – rivoluzione francese)
S. Agnese Le Thi Thanh (1781-1841), Madre di famiglia e martire
S. Clemente Ignazio Delgado Cebriàn (1762-1838), Vescovo e martire
S. Pietro Khanh, Presbitero e martire in Viet-Nam († 1842)
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Jesus Christus, heri et hodie, ipse est in saecula!
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1861, Pierre Michaud realizza il primo velocipede. Nell’officina meccanica un cliente porta un giorno una Draisina per una riparazione. Michaud ha l’idea di sistemare due pedali sul mozzo della ruota anteriore. È nato il velocipede. Michaud dà il via all’industria di velocipedi, che si trasformeranno in biciclette nel 1885
1884 Amedeo Modigliani
1930 Alberto Lionello
1973 Christian Vieri
Quando la madre non è in casa, la figlia si affaccia alla finestra
accadde oggi
1906 Alfred Dreyfus, ufficiale dell’esercito francese condannato all’ergastolo per tradimento, viene riconosciuto innocente
frase celebre
“La politica non ha viscere”
Napoleone III
consiglio
Consigli generali per lavare la seta
Lavate la seta in acqua tiepida e con sapone neutro. Non strizzate l’indumento ma avvolgetelo in un asciugamano di spugna e stiratelo ancora umido sul retro; coprite collo e orli con carta velina per evitare che compaiano aloni lucidi
cosa vuol dire
Gettare la polvere negli occhi
Imbrogliare, illudere, ingannare, dare una falsa impressione
Il modo di dire deriva dall’immagine di chi correndo alza della polvere per impedire a chi lo segue di vedere bene, traendone quindi vantaggio.
consiglio per terrazzo orto e giardino
Fare talee, margotte, propaggini
Le talee eseguite con porzioni semilegnose o anche erbacee degli arbusti da fiore, anche di rampicanti come la glicine, la passiflora e simili, danno in questo periodo buoni risultati. Le margotte, sempre su rami semilegnosi, vanno costantemente controllate per quanto riguarda l’umidità. Le propaggini, ove si sia accumulato del terriccio alla base dei cespugli, avvengono anche spontaneamente nell’ortensia, nell’azalea, nell’evonimo ecc.