Leonforte. Tempi bui e notti bianche

Ci risiamo al paese è di nuovo bianca la notte che precede il ferragosto e di nuovo all’insegna del divertimento patologico si consumano transumanze serali, fra canzonette, selfie e uniformità alcoliche. Cose già viste, cose già fatte, cose già scritte. Ridere, ridere si deve per scordarci le miserie che ci affliggono: al popolo bisogna dare il divertimento, del pane si può anche fare a meno. Così si fa nell’entroterra siculo, che fra ovazioni a minorenni culi e abluzioni nella mistica birra, passa il tempo e ogni complicità assolve. La coscienza è un muscolo che va allenato non assopito, ma la cosa alla lunga annoia e allora perché? Teniamoci quel che ci meritiamo: un paese pronto a giustificare l’ingiustificabile e a perdonare l’imperdonabile. Applauso allora ai nostri condottieri, che in omaggio al satrapo redento, scannano sull’altare del machismo paesano giovani dunzelle compiacenti e compiaciute. Applauso al sindachidichinonsò. Capo indiscusso del borgo più sporco, ostaggio del reddito minimo e del minnifuttu ridanciano e soprattutto applauso scrosciante agli ottantenni catarrosi e scatarranti, che per le tre giornate d’arte di Giusi Grasso hanno imprecato con foga da ventenni. C’è qualcosa di malato nell’entusiasmo con cui canuti schlerotici fissano la pitturina di perfette sconosciute. Strizzate, virtuosissime e pronte a rinvigorire nonni pii e braccianti pudici. Brava Giusi e brava Cinzia e bravi tutti i volenterosi pittori, artisti, pasticcieri, poeti, scultori e semplici amanti del bello che con ammirevole coraggio hanno provato a ridestare l’assopito feudo brancifortiano, che del leone fiero ha tenuto solo le zampe monche.

La Redazione per le imminenti feste ha voluto omaggiare il mal costume vigente, offrendo un’ immagine che offende la vista e il pubblico decoro. Sarebbe beffardo il tutto, ma a ben pensarci….


Gabriella Grasso