25 Novembre

Jakub_Schikaneder_omicidio in casaChe fai per il 25? Dicembre? No! Novembre! E’ la giornata mondiale del femminicidio non lo sai? Il 17 dicembre del 1999 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò la risoluzione 54/134 con cui internazionalizzò la commemorazione del 25 novembre come Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza Contro le Donne, in omaggio alle tre sorelle Mirabal che in quella data del 1960 erano state ammazzate per ordine del dittatore Trujillo. Quante cose sono cambiate da allora! Il 25 novembre è diventato un brand come tante altre date e in prossimità di questa data i numeri delle ammazzate si ripetono così tante volte che pare triplichino. I dati riguardanti la violenza sulle donne non li conosciamo davvero perché non esiste un registro specifico o un osservatorio privilegiato. Conosciamo i fatti di cronaca, sentiamo ancora e troppo spesso parlare di delitto passionale, di raptus omicida, di amore criminale, di femminicidio si femminicidio no: espressione cacofonica per taluni, sacrale per altri. Una data dovrebbe rimanere solo una data, bisognerebbe invece da quella data simbolica e catalizzante estrapolare il lavoro fatto: poco e il lavoro da fare: tanto. Senza sminuire il valore di un momento che insiste su un macabro e globale fenomeno sempre più in aumento, si dovrebbe fuor di retorica, abolire il giorno contro e istituire i giorni a favore: basta 25 novembre e via a 365 giorni di educazione e di assunzione di responsabilità necessarie per cambiare il reale che così com’è non va bene. Bisognerebbe cancellare gli stereotipi sessisti e i luoghi comuni, giusto per cominciare. Perché ad esempio se una bambina picchia è un “maschiaccio”? E se un bambino piange è una “femminuccia”? Perché le ragazze possono camminare mano nella mano e i ragazzi no? Perché si studia Gabriele D’Annunzio e non Sibilla Aleramo? Perché se mamma non lavora è normale ma se non lavora papà è una vergogna?
Pari OpportunitàCeleste Costantino, 34 anni, deputata per Sinistra ecologia e libertà è la prima firmataria di una proposta di legge che vorrebbe introdurre, a partire dalle scuole elementari, l’insegnamento dell’educazione sentimentale. Cosa necessaria per sradicare pregiudizi e stereotipi appunto. E’ arrivato il momento di attuare la Convenzione di Istanbul, colmando il ritardo dell’Italia rispetto all’Europa, dice Celeste Costantino, non basta invocare la prevenzione, tanto contro la violenza sulle donne quanto contro il bullismo e l’omofobia, la prevenzione bisogna costruirla, insegnando a ragazze e ragazzi un’altra educazione civica, aiutandoli a conoscere, comprendere e affrontare le proprie emozioni. Saper parlare dei propri sentimenti migliora anche le capacità di comunicare e l’apprendimento cognitivo. L’educazione sentimentale naturalmente non può prescindere da una valorizzazione del contributo delle donne nella storia e nella letteratura, con testi che seguano il codice di autoregolamentazione Polite (Pari Opportunità nei libri di testo), con una toponomastica dignitosa e paritaria invece che Via Portogallo, Via Ipazia e con una segnaletica stradale che racconta di pedoni donne e non solo uomini, sennò si rischia di credere che la donna investita dal macchinone in corsa sulle strisce, guidato dall’ometto incravattato, avrebbe dovuto starsene a casa, a far la calzetta, invece che trovarsi inopportunamente lì dove stava.

Gabriella Grasso

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