E’ accaduto. E abolite per legge le Provincie, Enna – una delle nove siciliane -non è più ne carne ne pesce: solo spuntino per qualche area metropolitana, sempre che questa ne abbia voglia.
I famosi consorzi di liberi comuni, argomento per tavole rotonde quadrate od altro mai imbandite, inutili ed insulse. Il governo della Regione Siciliana – Dio l’abbia in Gloria – ha commissariato le provincie che forse, qualcuno dice, vanno meglio perché non ci sono sanculotti a spartirsi torte e tarallucci. Il Governo Nazionale tra provvedimenti in lingua inglese (jobs act) da nessuno appunto compresi ed altri da rivoluzione pacifica ma non tanto (vedi cosa accade dentro i vari partiti e movimenti) si vanta di avere fatto fuori le 110 province e si accinge a togliere le prefetture – si, pare che alcune le lascino, per faccia lavata – lasciando così (vera democrazia, dicono) ciascuno ad arrangiarsi come può perché con tutto ciò che ha da fare non può star dietro a tutti i contenziosi, richieste di finanziamento ed altro che uno Stato ad organigramma napoleonico comporta. Ed i Comuni riescono solo ad imporre tassazioni esose avendo così l’unico mezzo per sostentarsi e (dicono) erogare servizi (mai visti).
Tra questi il nostro borgo che peggio di come è non potrebbe e dunque giunto al “ground zero” non ha problemi perché non ha più nulla da perdere: già dato.
Allora il 6 Dicembre, sul quale il povero e caro Emanuele Fonte, cronista per antonomasia, scriveva ogni anno un articolo (sempre lo stesso, ma bello!) non sarà ne celebrato ne ovviamente ricordato appartenendo ad un passato che essendo stato “fascista”, non merita alcunché: turberebbe tra l’altro la creazione del nuovo PNR (partito della nazione renziano) che ha da dimostrare in senso bartaliano, toscano della malora anch’egli, che”tutto sbagliato, tutto da rifare”.
Una buona notizia tra tanto rimpianto: forse il borgo avrà uno sbocco sul mare, il Tirreno. E potrebbe anche accadere – volli volli fortissimamente volli – di avere un Vulcano: quello dell’isola omonima, che dando fastidio per la sua ineducata eruttazione, nessuno vuole ma che per il nostro borgo potrebbe significare avere un patrimonio dell’umanità (world heritage) riconosciuto dall’Unesco che se tale proclama la vite di Pantelleria non dovrebbe avere difficoltà con un signor vulcano attivo e ben tenuto dal nostro borgo.
Sarà questo il “leit motiv” delle prossime elezioni comunali?
Lo 88° anniversario non avrà luogo. Piazza 6 Dicembre ha da cambiare nome.
Aperti suggerimenti per denominazione “doc”.
Pino Grimaldi
news di riferimento:
85° dalla trasformazione di Castrogiovanni in Enna capoluogo della provincia omonima
Se fosse un umano femmina avrebbe già superato la media di sopravivenza di ben tre anni. Come entità socio politica potrebbe vivere usque ad finem mundi. Quale entità amministrativa dello Stato, così come fu creata può essere cancellata e finire i suoi giorni non certo in bellezza. E’ il caso di dire “sic transit gloria mundi”!
Erano le 4 della sera di un tardo autunno freddo e nebbioso del 1926 quando a palazzo di città della vecchia deliziosa quieta ed operosa Castrogiovanni, provincia di Caltanissetta, giunse da Roma un telegramma recapitato dall’unico fattorino che allora avevano le Regie Poste scritto, come si usava, dalla mano del telegrafista che lo aveva appena ricevuto, con il sistema Morse. La firma era ben nota ed a lettere maiuscole, il firmatario Mussolini, il testo scarno autorevole deciso: ”oggi su mia proposta il Consiglio dei Ministri ha elevato codesto Comune alla dignità di Capoluogo di Provincia”.
Nel leggerlo il Cav. Alberto Fontanazza Vice segretario del Comune, uomo simpatico e pragmatico rise e si disse “a qualcuno ci spercia”. Telefonò all’ufficio postale per rispondere in tono adeguato allo scherzo fatto. Ma quando il telegrafista con voce molto seria gli disse ”Cavaliere il telegramma è vero” questi dettò,f orse per la prima volta in vita sua, un testo indirizzato alla Presidenza del Consiglio a Roma chiedendo conferma di quanto ricevuto adducendo come scusa per la strana richiesta motivi tecnici che non rendevano chiare alcune parole. Avutone conferma a tambur battente, rischiò, lui uomo sanguigno ma buontempone, un colpo!
Era il 6 Dicembre, lunedì ed il sole calava, lento, dietro le Madonie. Era nata l’ottava provincia siciliana l’unica, nell’isola accarezzata da ben tre mari, senza sbocco su alcuno di essi. Finimondo!
Eccitazione da festa della Madonna (e ringraziamento immediato con Te Deum in Cattedrale), banda cittadina preparata solo per le novena dell’Immacolata e per Santa Lucia, tirata immediatamente in piazza a suonare l’inno reale seguito da “giovinezza, primavera di bellezza” (inno ufficiale del PNF). Accadeva in quelle stesse ora qualcosa di assolutamente simile in un’altra città siciliana: Ragusa. In quelle ore due persone raggiunsero il massimo della commozione e dell’orgoglio: Gino Grimaldi a Castrogiovanni, Filippo Pennavaria a Ragusa. Il primo intimo amico di Italo Balbo con il quale aveva condiviso la stagione calda di Ferrara e poi Marcia su Roma nell’ottobre ‘922. Il secondo, parlamentare dei nazionalisti di Federzoni passato al PNF ed allora sottosegretario alle Comunicazioni. I due, buoni amici, condussero una lobbing estremamente riservata ed efficiente facendo leva su quello che all’epoca era il rapporto tra Stato e Chiesa che avevano già, in sordina iniziato il lavoro diplomatico che doveva portare al Concordato dell’11 febbraio 1929. Vi era allora in atto il pressing che gli Sturzo (Luigi Fondatore del PPI e Mario,vescovo di Piazza, facevano a ché Ragusa fosse elevata a dignità di sede Diocesana e Piazza a quella di capoluogo (ma in alternativa Caltagirone ove i gli Sturzo erano nati). Non godevano molte simpatie nella capitale sia per ragioni diverse. Quanto avvenne volle anche dimostrare che lo Stato aveva le mani libero e non rispondeva ad alcuno. Di fatto: Ragusa divenne Diocesi solo nel 1950 ed Enna, ad onta di quanto scritto nel trattato del Concordato (coincidenza dei capoluoghi di provincia con le sedi diocesane) mai è divenuta diocesi! Fu si direbbe oggi una vittoria della politica che nel bene o nel male deve essere libera di decidere Castrogiovanni continuò a chiamarsi tale fino al 27 Ottobre 1927 allorquando il Governo, con RD 2050, accogliendo le reiterate”suppliche” del Podestà Enrico Anzalone” la ridette il nome Enna, così come era stata conosciuta nell’antica Roma.
Dice Sciascia che ad influenzare il Governo di allora in favore di Enna fu il retaggio di Euno e di Diodoro Siculo oltre all’epicentricità della sua locazione sugli Erei. Così come è possibile che il non avere applicato il concordato sia ancor oggi lunga coda del poco conto che lo Stato diede ad un illustre prelato e fratello, illustre per motivi politici, ma di opposizione. De re contenda, tutt’ora.
Ma ormai, forse, è tutto finito: e l’odio degli scontenti, e la gioia dei premiati. Il Governo Monti che intende salvare l’Italia (God bless !) entro il prossimo anno 2012 scheletrizza le provincie (10 consiglieri e solo potere di indirizzo e coordinamento!) e si appresta a presentare un disegno di legge costituzionale per l’abolizione di esse, tutte dalle Alpi a Capo Lilibeo. Accadrà prima o dopo. Ma ove accada gli ennesi potranno dire: mal comune, mezzo gaudio. E poi se quel benedetto(è il caso di dirlo!) telegramma non fosse arrivato non avremmo avuto nel borgo tante cose buone che rimarranno. Mentre ahimè non ritorneranno più le vecchie buone cose che il sacco della Enna medievale ha portato via per la insipienza di quanti (alcuni) “sindaco” e non più “podestà” non hanno ostacolato (eufemismo) dal 1943 ad oggi.
Lunga vita Enna! Finchè Stato vorrà!