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Il Papa: “essere buoni cattolici non significa far figli come conigli”

bergoglio-cornaCrescete e moltiplicatevi ma senza esagerare, è la lieta novella annunciata ieri dal Papa Pop. I buoni cattolici, dice Francesco, non devono comportarsi come conigli. E due millenni di storia ecclesiastica e di lenzuola ricamate «non lo fo per piacer mio, ma per dare figli a Dio» sembrerebbero finire in naftalina. Perché il corollario logico del Discorso Del Coniglio non può che essere il riconoscimento del ruolo anticonigliesco della contraccezione.

In attesa messianica di un Discorso del Preservativo, dalle prossime performance del Papa Pop si attendono delucidazioni su altri metodi più invasivi, ma meno compromettenti sul piano dell’etica cattolica. La doccia ghiacciata perenne, la tv accesa su una partita di Champions, l’armadio appoggiato alla porta della camera da letto per impedire al partner di entrare.

Il Discorso del Coniglio segue di pochi giorni il Discorso del Pugno (a chi insulta la mamma) e ha preceduto di pochi minuti il Discorso del Calcio Dove Non Batte Il Sole, che secondo questo Papa Don Camillo andrebbe rifilato ai corrotti. Anch’io, come tutti, vado letteralmente pazzo per il linguaggio disinibito del Pontefice che viene «quasi dalla fine del mondo» e in effetti dice cose quasi dell’altro mondo.

E non sarà certo un umile peccatore, e scribacchino per giunta, a fare la predica a un Papa. Da laico affettuoso mi permetto soltanto di chiedergli se non pensa che alla lunga questo suo parlare semplice e pieno di buon senso, mai seguito però da fatti concreti, non rischi di togliergli autorevolezza e credibilità. Facendolo assomigliare, più che a un vecchio prete argentino, a un giovane premier toscano.

Con le lacrime agli occhi ha descritto i gesti dei filippini che in questi giorni l’hanno colpito. A chi gli chiedeva che cosa intendesse dire quando ha parlato di «colonizzazione ideologica» della famiglia, ha risposto con un esempio concreto riguardante il gender. Nel dialogo con i giornalisti sul volo da Roma a Manila, Francesco è tornato a parlare della libertà di espressione e delle provocazioni, definendo «sempre ingiusta la violenza», ma invitando a usare la virtù umana della prudenza.

Ha ricordato quando cercarono di corromperlo. Ha parlato di contraccezione e paternità responsabile, denunciando il neo-malthusianesimo che vuole la denatalità, ma sul numero dei figli ha anche detto: «C’è chi crede che per essere buoni cattolici dobbiamo essere come conigli».

Che cosa l’ha colpita dei filippini?
«I gesti mi hanno commosso, gesti del cuore. Il gesto dei papà quando alzavano i bambini perché il Papa li benedicesse. È come se dicessero questo è il mio tesoro, questo è il mio futuro, per questo vale la pena lavorare e soffrire. Le mamme che portavano i figli ammalati, con disabilità che possono fare un po’ di impressione, non li nascondevano: questo è il mio bambino, è così ma è il mio».

La povertà come quella di Manila e Colombo può essere definita terrorismo di Stato?
«I poveri sono le vittime della cultura dello scarto. Qui a Roma un barbone aveva un dolore di pancia quando andava all’ospedale gli davano un’aspirina. Lui è andato da un prete, che si è commosso, ha detto: io ti porto all’ospedale, ma quando io inizio a spiegare quello che tu hai, fai finta di svenire. Così è caduto, un artista, l’ha fatta bene… C’era una peritonite. Questo se andava da solo era scartato e moriva. Si può pensare che è terrorismo questo».

A Manila ha parlato di «colonizzazione ideologica» della famiglia. Che cosa intende?
«Nel 1995, una ministra della Pubblica istruzione aveva chiesto un prestito per costruire scuole per i poveri. Gli hanno concesso il prestito a condizione che nelle scuole ci fosse un libro dove si insegnava la teoria del gender. Questa è la colonizzazione ideologica. Ma non è una novità. Lo stesso hanno fatto le dittature del secolo scorso. C’è un libro, “Il Padrone del mondo” di Benson: leggendolo capirete ciò che voglio dire».

Nell’incontro con le famiglie ha citato Paolo VI sull’Humanae vitae e la sua misericordia con i casi particolari nelle famiglie: si può allargare il corridoio di questi casi?
«Paolo VI ha studiato come fare per aiutare, tanti casi, tanti problemi importanti che toccano l’amore della famiglia. Ma c’era qualcosa di più, il rifiuto di Paolo VI non era legato soltanto ai casi personali: dirà ai confessori di essere comprensivi e misericordiosi.

Lui guardava al neo-malthusianesimo che cercava un controllo della natalità da parte delle potenze. Questo non significa che il cristiano deve fare figli in serie. Ho rimproverato una donna che era all’ottava gravidanza e aveva avuto sette parti cesarei: vuole lasciare orfani i suoi figli? Non bisogna tentare Dio…».

Secondo sondaggi la maggioranza dei filippini pensa che la crescita della popolazione sia ragione di povertà… come parlerebbe loro della contraccezione?
«Io credo che il numero di tre figli per famiglia, secondo quanto dicono i tecnici, è il numero importante per mantenere la popolazione. La parola chiave è paternità responsabile… C’è chi crede che per essere buoni cattolici dobbiamo essere come conigli, no? Paternità responsabile: nella Chiesa ci sono gruppi matrimoniali, gli esperti e ci sono i pastori».

Le sue parole, quando ha fatto l’esempio del pugno, non sono state capite, che cosa intendeva dire?
«In teoria possiamo dire che una reazione violenta davanti a un’offesa, a una provocazione, non si deve fare. Possiamo dire quello che il vangelo dice, dobbiamo porgere l’altra guancia. In teoria possiamo dire che noi capiamo la libertà di espressione. Nella teoria siamo tutti d’accordo. Ma siamo umani e c’è la prudenza che è una virtù della convivenza umana».

Andrà in Africa? E in America Latina? E le tappe negli Usa?
«Il piano è andare nella Repubblica Centroafricana e in Uganda. È un po’ in ritardo questo viaggio perché c’è stato il problema dell’Ebola. Usa: le tre città sono Filadelfia per l’incontro delle famiglie, New York per la visita all’Onu e Washington. I Paesi latinoamericani previsti per quest’anno sono Ecuador, Bolivia e Paraguay».

Lei a Manila ha citato la corruzione, c’è anche nella Chiesa?
«La corruzione si annida facilmente nelle istituzioni. Anche nella Chiesa ci sono casi. Nel 1994 sono venuti da me due funzionari di un ministero: “Lei ha tanto bisogno con questi poveri…

Noi possiamo darle 400mila pesos. Poi mi hanno detto: “Per fare questa donazione, noi facciamo il deposito e poi lei dà la metà dei soldi a noi”. Ho pensato: o li insulto e do un calcio dove non batte il sole, oppure faccio lo scemo. Ho fatto lo scemo. Ho risposto: ma sapete, noi nei vicariati non abbiamo il conto, dovete fare un deposito in arcivescovado, con la ricevuta. Se ne sono andati. Se questi due sono arrivati senza essere chiamati – questo è un cattivo pensiero – è perché qualcun altro aveva detto di sì…».

Perché non ha ricevuto il Dalai Lama?
«È abitudine per il protocollo della Segreteria di Stato di non ricevere i capi di stato o i leader di quel livello quando sono a una riunione internazionale a Roma. Il motivo non era un rifiuto alla persona o la paura della Cina».


Andrea Tornielli e Massimo Gramellini per “la Stampa”

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