Periferia di Edimburgo. Spud, Sick Boy e Renton sono tre giovani tossicodipendenti, mentre Begbie è un violento seriale: ognuno di loro soffre di una dipendenza ed insieme intraprenderanno un viaggio terribile attraverso il cuore di un mondo in cui la droga è scelta di vita, la ricerca del puro godimento. Lo racconta “Trainspotting”, spaccato squallido e, insieme,tristemente umoristico di una generazione sprecata e distrutta dall’eroina.
È proprio al romanzo di Irvine Welsh, pubblicato nel 1993 e già oggetto di un cult movie, che s’ispira l’omonimo nuovo spettacolo, in scena alla sala Musco dal 20 al 22 febbraio, prodotto dal Teatro Stabile di Catania in collaborazione con Spazio Naselli Comiso nell’ambito della rassegna innovativa “L’isola del teatro”, ideata dal direttore del TSC Giuseppe Dipasquale.
Dalla capitale scozzese allacittà etnea, dunque, Giampaolo Romania, a cui è stata affidata la regia, farà riviverele atmosfere desolanti, oscure e tragicamente divertenti di un gruppo di ragazziche agiscono al limite della legalità,alla ricerca dello sballo, tentando di sfuggire così alla noia della loro vita.Per ilsignificativoe impegnativo allestimento, l’ente teatrale etneoha voluto fortemente coinvolgerei giovaniattori “made in Stabile”: la pièce è, infatti, ricchissima di personaggi che saranno tuttiinterpretati dai quattordici allievi della prestigiosa Scuola d’Arte drammatica “Umberto Spadaro”, dove si è diplomato lo stesso Romania alla fine degli anni Novanta. Si tratta di Roberta Andronico, Michele Arcidiacono, Ludovica Calabrese, Pietro Casano, Marta Cirello, Lorenza Denaro, Azzurra Drago, Federico Fiorenza, Luciano Fioretto, Vincenzo Laurella, Valeria La Bua, Graziana Lo Brutto, Gaia Lo Vecchio e Luigi Nicotra.
Le scene e i costumi sono curati da Carmelo Maceo e illuminati dai light designer Giuseppe Corallo e Salvo Lauretta. L’adattamento teatrale è quello di Harry Gibson,riproposto nella traduzione italiana di Salvo Giorgio che ha firmato anche le musiche. Il regista Giampiero Romania attingerà anchealla famosa versione cinematografica di culto, diretta da Danny Boyledel ’96: «Questa storia – racconta Romania – mi ha sempre suscitato emozioni e un grande desiderio di approfondimento.Ho voluto rappresentare una realtà legata alle giovani generazioni per stimolare interesse e curiosità, sperimentando con gli stessi attori la possibilità di mettere in scena un copione cinematografico, rispettandone la scrittura e cercando di rappresentare in teatro il movimento continuo della macchina da presa».
La sfida artistica dell’esperto metteur en scenerisiede, infatti, nella capacità di presentare il fenomeno anche in teatro nella sua completezzasenza moralismi. Afferma ancora Romania: «Così come avviene nel romanzo e nella pellicola, dove il lettore o la macchina da presa sono sempre neutrali, senza giudizio, sono convintoche lo stesso linguaggio scenico potrebbe essere spettatore e non giudice di una storia da “fotografare”. Lasciando al pubblico stesso il compito di fare i conti con una realtà che a volte ci viene nascosta.Il teatro come veicolo privilegiato di espressione, potrebbe arrivare a toccare, seppure con le dovute cautele, un argomento sensibile e complesso come quello che investe i protagonisti».
Il termine “Trainspotting”, si riferisce all’episodio del romanzo “Guardando i treni alla stazione centrale di Leith”e indica un’espressione tipica nel Regno Unito, riferita a chi, immerso nella sua banalità esistenziale, per riempire il proprio tempo libero,conta incessantemente i treni in arrivo o in partenza. Banalità chei nostri tossici antieroi, immersi come sono in un orizzonte senza speranza, riempiono abbandonandosi a goliardiche esperienze allucinogene. «Storie tragicomiche di perdenti: “Trainspotting”- conclude Romania – dà voce ad una nuova generazione, che dal vuoto delle giornate da sballo è alla ricerca di un riscatto, di un senso da dare alla propria esistenza che non è fatto di casa, famiglia, impiego ordinario, ma di cose straordinarie, stupefacenti».