Si parla sempre più spesso di ripubblicizzazione del servizio idrico in applicazione dell’esito referendario ma le attuali normative statali sembrano ostacolare questo processo. Nella Regione Siciliana, che gode di autonomia statutaria, qualche passo avanti in questa direzione si è fatto ma il percorso legislativo deve ancora essere completato. Parliamone con Massimo Greco anche perché la questione è entrata pesantemente nel dibattito politico-elettorale.
Qual’è lo stato dell’arte sulla gestione del servizio idrico?
La Regione Siciliana ha individuato in capo ai Comuni, quali organi di governo del territorio, i nuovi soggetti istituzionali a cui affidare la titolarità della gestione integrata del servizio idrico per ambito territoriale ottimale, rinviando ad una successiva legge la concreta attribuzione del servizio. Mi risulta che l’ARS stia lavorando sul completamento delle riforma.
Quindi ritorna ai Comuni la gestione del servizio idrico?
No, i Comuni non saranno legittimati a gestire il servizio singolarmente, ma dovranno farlo in modo associato con gli altri Comuni del medesimo ambito territoriale ottimale, pena la frammentazione della gestione integrata del servizio che si fonda sul principio di unicità. Ai fini della titolarità del servizio pubblico locale credo che non cambi nulla, essendo già il liquidando ATO Idrico un soggetto consortile.
Ma almeno la gestione potrà tornare nelle mani pubbliche?
Sì certo, ma non potrà essere una scelta imposta dal legislatore regionale come pensano di fare alcuni parlamentari. Sarà il nuovo soggetto associativo dei Comuni a decidere di volta in volta se gestire direttamente il servizio, se affidarlo ad una propria partecipata secondo il modello dell’in housing, se affidarlo ad una società mista in cui il socio privato viene scelto mediante evidenza pubblica o se affidarsi totalmente al mercato.
Ma allora il referendum a cosa è servito?
E’ servito a stabilire che non poteva esserci una corsia preferenziale per la gestione privata del servizio idrico, come originariamente previsto dal legislatore statale. Ma le norme comunitarie non hanno mai obbligato la P.A. a preferire un modello di gestione (privato o pubblico). I promotori del referendum sapevano che la disciplina in materia di tutela del mercato concorrenziale trova fondamento nelle norme comunitarie ma sono andati ugualmente avanti abbindolando gli italiani.
Alcuni Comuni della Sicilia però non la pensano così e si stanno mettendo di traverso anche attraverso la mancata consegna degli impianti…
Sì vero, ma allo stato un siffatto comportamento non è legittimo e la Regione, al fine di evitare vuoti nell’esercizio di funzioni pubbliche che non possono subire soluzioni di continuità, deve esercitare i poteri sostitutivi. Le norme in materia sono chiare e nette, avendo trovato conforto in principi affermati anche recentemente dalla Corte Costituzionale.
Le attuali gestioni privatizzate potranno essere messe in discussione dai nuovi soggetti d’ambito?
Certo, ma solo in presenza di accertate inadempienze rispetto agli impegni assunti in sede di convenzione. Un revoca anticipata ed immotivata della concessione esporrebbe l’ente a notevoli danni economici. E comunque i nuovi soggetti d’ambito dovranno essere certi di poter gestire con strumenti alternativi il servizio, viceversa si farebbe un salto nel buio, provocando disservizi ed interruzioni nella somministrazione dell’acqua agli utenti.