Emergenza del lutto l’hanno ribattezzata la cronica emorragia di disperati, venduti al mercato della carne umana. “Mai più” si è sentito così tante volte che ha perso di ogni significato. Stavolta sono 700 o forse 900, non si sa ancora. Non si contano più quei corpi nati uomini e diventati mangime per pesci. I pescatori salvano e l’Italia smista. L’Europa tace, l’America è lontana e i razzisti sono sempre più spudorati. Quel numero probabile, 700, commentato da centinaia di messaggi che compaiono sulle bacheche di FB e su Twitter, cloaca massima di deiazioni mentali senza filtro logico. Centinaia di parole infami vomitate per sfogare frustrazioni personali o per accreditarsi nella mente del votante senza senso.
“Cercavano la felicità” e hanno trovato inutili beoti pronti a evocare blocchi navali, necessari a farli crepare nelle coste loro, così da tenerli lontani da noi, ma noi non eravamo quelli di Charlie Hebdo? Noi non siamo i cattolici dell’ama l’altro come te stesso? Chiamiamoli uomini e donne e bambini questi migranti, forse così ci scuoteremo dal torpore che ci pizzica appena, appena. Un torpore che tittilla ma non inquieta, movimenta senza sovvertire, irrita e poi passa. Passa subito al punto che ci troviamo ancora a dar credito a parole indegne e a parolai senza motivo.
Complimenti a chi ha pensato che “mare nostrum” alimentasse la speranza e si è trovato a contare i morti di disperazione ancora una volta, ma forse questi i morti non li contano. Loro sono loro e gli altri chi se ne frega! Loro sono buoni e giusti vanno a comunicarsi la domenica e confessano peccati piccoli, giusto per dare un senso alla confessione e appena possono scrivono di sollievo e felicità per quanti morendo in mare non sporcheranno le loro strade lastricate di ipocrisia e indecenza.
Gabriella Grasso
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