“I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”.
Attacca internet Umberto Eco nel breve incontro con i giornalisti nell’Aula Magna della Cavallerizza Reale a Torino, dopo aver ricevuto dal rettore Gianmaria Ajani la laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media” perché “ha arricchito la cultura italiana e internazionale nei campi della filosofia, dell’analisi della società contemporanea e della letteratura, ha rinnovato profondamente lo studio della comunicazione e della semiotica”.
Virginia Della Sala per il “Fatto Quotidiano”
Giampaolo Pansa, perché crede che i social network diano la “parola agli imbecilli”, come sostiene Eco?
Perché è una bolgia, una dimensione senza regole che ha raggiunto un punto di tale degenerazione che tornare indietro è impossibile. Sa come si dice? Cazzeggiare. È un posto dove si va solo per cazzeggiare. Mi sembra il verbo più adatto perché non credo che si possa mai cavarne qualcosa di davvero nuovo o di buono.
Eppure è il luogo privilegiato dalla maggior parte delle persone
Qualcuno lo ha paragonato all’osteria, ai luoghi di ritrovo come bar e piazze. Un modo carino per dire che non c’è differenza tra il numero di imbecilli presenti sul web e quelli che ci sono nel mondo reale. Beh, quando ero ragazzo, si andava spesso all’osteria: andavo lì per giocare a bocce, a freccette, a guardare le ragazze, a decidere quale sedere fosse più perfetto e avesse la migliore rotondità: si scherzava e si parlava tra noi, tra ragazzi. Ci si comportava da imbecilli. Ma si limitava a quel contesto. Eravamo consapevoli di essere in una dimensione ludica. Poi si tornava a casa, al lavoro, allo studio di tutti i giorni. Si tornava seri. Così, invece, è come se l’osteria fosse prolungata. E la cosa peggiore è che chi sta su Internet spesso fa sul serio. Non scherza.
E la libertà di parola?
Per rispondere, racconterò una storia. Al caffè Principe di Casale Monferrato, molti anni fa, quasi tutte le sere ci si riuniva per giocare a carte. E ogni sera, dopo cena, arrivava un sottufficiale della polizia. Appena oltrepassava la porta, un cliente abituale, un mediatore di bestiame, aveva pronto il suo commento. Mentre giocava a carte e senza neanche alzare lo sguardo dal tavolo, diceva: “Se tutti i poliziotti fossero come lui, io vivrei di prepotenza”. Era un modo per dirgli che non faceva nulla e che, praticamente, era un incapace. E il poliziotto? Non ha mai detto nulla. Mai reagito, neanche con una sillaba. Questo mi ha insegnato che spesso il silenzio vale più di mille parole.
Che succede, invece, sul web?
Si prendono sul serio, si scagliano con violenza l’uno contro l’altro, polemizzano, se la prendono e si offendono. Non c’è il senso del limite.
Il problema è che Internet dà la possibilità a tutti di esprimere il proprio pensiero?
In poche parole? Penso al web e, come paragone, mi vengono in mente i bordelli: dove si chiudevano le signorine per evitare che stessero per strada. È come dire che è un posto in cui non c’era senso del limite o della decenza. Io non ne faccio parte e continuerò a non farne parte finchè campo.
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