A Torino durante la lectio magistralis (uso il latino per sembrare colta) Umberto Eco ha lanciato delle violente staffilate (uso staffilate perché so tante cose) contro internet: humus (torna il latino) di bufale e di imbecilli equiparabili ai nobel. E basta con tutti questi dotti! Tutti sanno tutto! Tutti sono tutto (deliro). Gli imbecilli hanno diritto di parola? L’imbecillità preesisteva al mezzo o il mezzo l’ha creato ex nihilo? ( Ancora il latino). Eco! Eco! Eco! I tecnoapocalittici perfettamente integrati sanno perfettamente che da Guttemberg a Dan Brown, la conoscenza travalica la notizia e la verità è solo una storia ben raccontata da affabulatori gaudenti e avvinazzati. Faciloneria e dogmi si intrecciano su internet facendoci tutti dotti e tutti eroi al punto che uno si chiede ma Eco gli imbecilli dove li ha visti? Altrove! Forse su Facebook? Il regno degli ego ipertrofici?! Su Facebook candore e narcisismo, tenerezza e polso, ironia e demagogia si alternano all’albero di Natale più bello, la pizzeria più affollata e il costumino più ino…ino. I salvatori e i fustigatori si contendono il mondo, le deiazioni mentali travalicano lo schermo, gli amplessi si accumulano e poi battute e motti e dileggi e giù a ridere, ridere, ridere. Asserire una cosa fa eroe, quasi santo e non importa essere altro dall’eroe o dal santo. I beoti sanciscono la verità e le baldracche bacchettano le educande e i guardoni godono e gli esibizionisti scialacquano. Le micromasse virtuali si sollevano insomma e anche se non ho niente da dire, dico lo stesso tanto chi mi legge? Ah perché pensavi veramente che qualcuno ti leggesse? Studi semiotici parastatali e ultramilitari hanno dimostrato che si legge solo quello che si è scritto e nessuno legge nessun altro e i baroni abituati a pensare ogni male possibile della massa finiscono solo col parlarsi addosso. Caro Eco il social network serve solo a mostrarsi belli e felici per suscitare l’altrui “arraggiazza”. Gli utenti di Facebook fingono, mentono o semplicemente cazzeggiano al fine di far “scattare” di invidia l’altro e tutto questo all’infinito, in una spirale contorta che esclude solo noi perché a ben leggere il problema è sempre nell’altro e da qui l’insano gioco dell’io no! Io mai! Tu forse, anzi tu senz’altro! L’AII, Associazione Italiana Imbecilli, ha letto con attenzione l’articolo, l’ha letto tante volte e parola per parola e punto per punto e alla fine ha capito che le legioni di imbecilli non solo postano ma twittano, scrivono, insegnano e parlano, parlano, parlano e pensa a volte governano pure.
Gabriella Grasso
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