La Sicilia e la maledizione dei Governatori
di Massimo Greco
Non c’è due senza tre! Dopo Cuffaro e Lombardo anche Crocetta si avvia a determinare la prematura chiusura della legislatura. Tre Governatori accomunati dalla medesima parola: mafia. Il primo, sta ancora scontando la pena detentiva dopo essere stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Il secondo è attualmente sotto processo per il medesimo reato. Il terzo, per essere stato il paladino di una “sbiancata” forma di antimafia. Ora, a meno di voler sostenere l’esistenza di una rara allergia dei siciliani al sistema dell’elezione diretta del Governatore, le cause generatrici di questo triste fenomeno vanno, verosimilmente, ricercate nei siciliani stessi. Siamo infatti sempre più convinti che società politica e società civile siano due facce della medesima medaglia. Il periodico e costante tentativo di addebitare ai soli detentori delle funzioni pubbliche la responsabilità del degrado sociale e culturale in cui sembra essere precipitata la Sicilia è un ritornello che non fa più presa. C’è qualcosa di più profondo e radicato nel malessere delle classi dirigenti siciliane, che va ricercato nei siciliani, in quello stesso popolo siciliano che, attraverso ordinari sistemi di democrazia popolare, seleziona puntualmente i propri rappresentanti. Se il livello qualitativo delle nostre classi dirigenti è infatti inversamente proporzionale ai fenomeni corruttivi che contaminano la vita pubblica, la genesi della colpa non può che chiamare in correità il popolo siciliano. Non vorremmo qui fare tesoro di quanto affermato dal sociologo americano Putnam secondo cui le cause del mancato sviluppo della Sicilia sono da ricercare nell’assenza di capitale sociale (tradizioni civiche, dotazioni culturali), invece presente in altre Regioni d’Italia, anche perché il fenomeno corruttivo, come dimostrato negli ultimi anni, è presente massicciamente in tutto il territorio nazionale, senza distinzioni tra nord-centro e sud, tuttavia la peculiarità siciliana, che tanto somiglia ad una maledizione, è unica. In nessun’altra Regione d’Italia si registra il primato di tre Governatori che, consecutivamente, sono stati costretti alle dimissioni anticipate per motivi riconducibili alla giustizia. C’è quindi un serio problema di mancato rispetto del principio costituzionale di fedeltà alla Repubblica, a cui è chiamato ogni cittadino e, ancor di più, quel cittadino che – pur non essendone obbligato – si è candidato all’esercizio di funzioni pubbliche, cioè ad assumere decisioni pubbliche in nome e per conto della collettività. In tale contesto di diffusa e patologica disaffezione verso il senso dello Stato, verso i principi di legalità e di solidarietà, non vi è la necessità di aumentare il numero di chirurghi estetici per “sbiancare” parti del corpo più o meno clandestine, ma di potenziare il numero di educatori, capaci di “sbiancare” la coscienza dei siciliani da quelle incrostazioni, forse antropologiche, che impediscono loro di liberarsi dal cronico familismo amorale. Saggia ed attuale la riflessione di Gesualdo Bufalino per il quale “Per sconfiggere la mafia è necessario un esercito di maestri elementari”. Detto questo, non sappiamo se la Sicilia rimarrà “buttanissima”, come sostiene Buttafuoco, o “diventerà bellissima”, come auspica Musumeci, sappiamo solo che così com’è oggi a noi appare “depressissima”.